I MOTI NAZIONALISTI DEL 1981 - PRO E CONTRO

Molti studiosi della Yugoslavia ritengono i moti “nazionalisti” degli Albanesi del Kossovo del 1981, poco dopo la morte di Tito, come l’inizio del processo di disgregazione della Ex-Yugoslavia. Ci sembra perciò opportuno vedere quei moti più da vicino attraverso le voci di alcuni dei suoi protagonisti:

Marxhan Avdyli, “ The chronicle of the events of 1981”, in KOHA, 3 aprile 1996,p. 8

La cronaca é ripresa dal diario dell’autore, pubblicato in “Zeri i Kosoves- Voce del Kossovo” e riguarda le giornate dell’11 marzo; del 25 e del 26 marzo. La cronaca racconta gli avvenimenti visti da parte di alcuni degli organizzatori, la nascita stessa delle manifestazioni, ed i principali cartelli esibiti durante queste. Tra questi “Repubblica del Kossovo”, che è stato il principale slogan della successive manifestazioni dell’1 e 2 aprile, “Trepça lavora - Belgrado ingrassa”, “Noi siamo albanesi, non Yugoslavi (e cioé non slavi del sud)”, uno sull’unificazione con l’Albania, tradotta in questo modo: “Pollog e Korab, sono tutti nel Kossovo”, ed infine il meno nonviolento di tutti “Repubblica - o pacificamente o con la guerra”. Nell’articolo si parla di reazioni violente della polizia il 26 marzo. Si parla anche della partecipazione alle manifestazioni del 26 marzo di alcuni professori. E si dice anche: “Alcuni vassalli della Serbia, guidati da Azem Vllasi, erano anche presenti”.

Azem Vllasi, “Multi-dimensional 1981”, in Koha del 3 aprile, pp.8-11

In questo lungo articolo Vllasi risponde alle accuse mossegli (di vassallo dei Serbi) spiegando le proprie ragioni di dirigente comumista albanese di quel tempo. Pur dichiarandosi egli stesso tra i sostenitori dello stesso obbiettivo, e cioé dell’indipendenza del Kossovo, si pone tra le persone che rifiutano l’immagine delle manifestazioni del 1981 come “l’inizio di una primavera democratica nell’oscurità del mondo comunista” (p.9). Si pone invece tra quelli che dissentivano non sugli obbiettivi ma sui metodi e sul momento proprizio. Scrive Vllasi “Dall’altra parte c’è una considerevole categoria di persone che ritengono che questi eventi non avvennero nel tempo giusto, e non in circostanze a noi favorevoli, e neppure che essi ci abbiano portato a dei risultati epocali” (ibid.). Sulla non opportunità egli sostiene che il Kossovo in quel periodo godeva di un’ampia autonomia e che i problemi che aveva, (di sviluppo e di rapporti politici interni), non erano dovuti alla mancanza formale della “Repubblica”. Dall’altra parte, secondo lui - che aveva partecipato direttamente con Tito alla messa in opera della Costituzione del 1974 - la morte di Tito non era il momento giusto perchè era noto che i Serbi e la Serbia avrebbero iniziato a “cambiare i rapporti costituzionali yugoslavi perché erano quelli meno soddisfatti della Costituzione del 1974” (ibid.). Un’altra motivazione del suo dissenso era quello che “il Regime di Hoxha era molto interessato a destabilizzare la Yugoslavia, e specialmente la situazione del Kossovo, e non a beneficio degli albanesi di questa regione ma per suoi problemi interni” (p.9). E questo tendeva a spostare l’obiettivo della poltitica degli albanesi: “Sebbene la politica ufficiale non facesse rumore, il suo scopo ben radicato era quello dell’Indipendenza dalla Serbia, e non dall’Ex-Yugoslavia”(ibid.). Vllasi facendo infatti un confronto tra la situazione dell’Yugoslavia, con l’autogestione e le forti autonomie territoriali, ed il regime dittatoriale di Hoxha, non ha dubbi che il primo modello fosse molto più valido e democratico, e che bisognasse stare attenti ai tentativi del dittatore albanese, appoggiato dai suoi servizi segreti e da vari gruppi di albanesi interni al Kossovo, di mettere in moto “una terapia d’urto” all’interno della Yugoslavia, puntando invece alla riunificazione del Kossovo con l’Albania. Scrive Vllasi: “Per i serbi, che in tutti i modi accusavano Tito come primo “colpevole” delle larghe prerogative di cui godeva il Kossovo grazie alla Costituzione del 1974, questo era un momento favorevole per iniziare una offensiva contro di noi sotto il pretesto che gli albanesi cercavano di separarsi dalla Yugoslavia e che essi utilizzavano tutto il potere che avevano al servizio di questo scopo” (p.10). E sono riusciti a presentare quei movimenti come “tentativi contro rivoluzionari”, guidati da “Titoisti”, traditori, codardi (gli albanesi al potere), ecc. scoprendo anche gruppi e documenti di molti movimenti enveristi, come “il partito comunista-marxista-leninista degli Albanesi in Yugoslavia” o come “il fronte rosso popolare”, che secondo Vllasi erano più inventati dalla pratica politica di tipo stalinista, che reali, mentre la dirigenza albanese di quel tempo era formata soprattutto dal “Movimento Nazionale per una Repubblica del Kossovo” che non aveva colorazione rossa. A Gjilan in particolare é stato scoperto un gruppo con materiale di propaganda enevista ed anche con qualche arma di piccolo taglio. (Vllasi non mette in dubbio che questo potesse esistere nella realtà). Vllasi dichiara di rispettare tutte le persone che sinceramente, con intenzioni valide e non strumentalizzate da Hoxha, hanno organizzato e partecipato a quelle manifestazioni; e tra le persone sincere pone alcuni dei principali leade, ed anche Demaçi che “senza tener conto dell’ideologia o del regime, era sempre stato impegnato nel perseguimento dell’idea di una unificazione nazionale” (p.11). Egli ritiene inoltre che “Lo scontento e la rivolta del popolo albanese sia stata causata dall’intervemto brutale di unità della polizia federale nel centro studentesco, intervento che era del tutto non necessario al livello in cui si é tenuto, e che io penso - scrive Vllasi - che sia stato fatto deliberatamente per aggravare la situazione” (p.10). Ma nel complesso egli ritiene che quelle manifestazioni siano servite più a delegittimane la dirigenza albanese di quel tempo , ed a dare forza a quei gruppi, soprattutto serbi, che solo dieci mesi dopo la morte di Tito “avevano premura di distruggere la sua eredità politica”, e che siano servite in sostanza più a portare la situazione del Kossovo nella situazione attuale di occupazione militare e di dominio serbo, piuttosto che a far fare dei passi avanti alla politica dell’indipendenza del Kossovo.


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