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CRONOLOGIA DELLE LOTTE DI BELGRADO
PREMESSA Questo lavoro è una integrazione ed un aggiornamento delle cronologie apparse sull’Unità del 9 dicembre 1996 e sul Manifesto del 4 gennaio 1997. Esso si basa sull’analisi di vari quotidiani, in particolare: il Corriere della Sera, la Repubblica, il Manifesto, l’Unità.
Alberto L'Abate
1996
3 novembre: elezioni politiche ed amministrative in Serbia. Alle politiche vince il Partito Socialista Serbo (SPS) guidato dal Presidente Milosevic che, insieme al Movimento della Sinistra Jugoslava (JUL) suo alleato, ottiene circa il 48 % dei voti e 64 seggi. Secondo viene la coalizione delle opposizioni“ Zajedno” (Insieme) che ottiene il 23 % dei voti e 22 seggi. Partecipano a questa coalizione il Partito Democratico (DS), guidato da Doran Djindjic; il Partito del Rinnovamento Serbo (SPO), guidato da Vuk Draskovic, e l’Alleanza Civica, guidata da Vesna Pesic. Il Partito Radicale Serbo (gli ultranazionalisti di Seselj) ottengono circa il 18 % dei voti e 20 seggi nel Parlamento Federale.

17 novembre: si tiene il secondo turno delle elezioni amministrative in Belgrado e nelle maggiori città del paese. La coalizione di opposizione al regime di Milosevic Zajedno risulta vincente nella capitale ed in altre 39 municipalità (su 190).

18 novembre: la coalizione delle opposizioni proclama la vittoria e organizza una festa-comizio nel centro di Belgrado.

19 novembre: la commissione elettorale di Belgrado conferma la vittoria dell’opposizione nella capitale, ma non a Nis, principale città industriale del paese. In 24 seggi di Belgrado la commissione elettorale riscontra irregolarità e fissa nuove elezioni per il 27 novembre per eleggere gli ultimi dieci consiglieri comunali.

20 novembre: migliaia di persone, accogliendo un invito della coalizione “Insieme”, protestano per le strade di Belgrado e delle altri grandi città serbe contro presunti brogli elettorali. Vuk Draskovic, leader di uno dei tre partiti uniti in Zajedno, inizia uno sciopero della fame. subito seguito dagli altri leaders dell’opposizione e dai loro parlamentari.

24 novembre: le autorità elettorali di Belgrado accolgono una istanza del Partito Socialista Serbo di Milosevic e annullano la vittoria di Zajedno.

26 novembre: la Corte Suprema Serba conferma l’annullamento dei risultati elettorali e la data del 27 novembre per il terzo turno delle elezioni comunali. L’opposizione invita i cittadini a boicottare le urne. A Belgrado 50.000 manifestanti bersagliano di uova il municipio, la televisione di stato ed il quotidiano governativo “Politika”.

28 novembre: l’ SPS di Milosevic proclama la sua vittoria alle elezioni comunal i del terzo turno. Fonti dell’opposizione sostengono che al voto ha partecipato solo circa il 10% degli elettori.

1 dicembre: il ministero dell’interno rende obbligatoria l’autorizzazione per lo svolgimento di ogni manifestazione.

2 dicembre: decine di migliaia di persone sfidano le autorità e scendono in piazza. La polizia arresta 32 persone e trasforma il fermo in arresto per 22 di loro.

3 dicembre: il governo di Milosevic chiude le radio indipendenti “Radio B92” e “Index”; la protesta di piazza si intensifica e le reazioni internazionali diventano più dure.

5 dicembre: le due radio tornano a trasmettere, ma la televisione di stato continua a ignorare le manifestazioni dell’opposizione. La commissione elettorale di Belgrado chiede alla Corte Suprema della Serbia di riconsiderare l’annullamento del voto del 17 novembre.

6 dicembre: l’Unione Europea condanna “l’annullamento, non democratico, dei risultati delle elezioni municipali e le azioni, arbitrarie, decise nei confronti di alcuni media indipendenti”. E decide di rinviare l’entrata in vigore delle concessioni doganali nei confronti della Federazione Jugoslava (Serbia e Montenegro) già approvate.

8 dicembre: la Corte Suprema respinge tutti i 50 ricorsi della coalizione di opposizione e della commissione elettorale, a maggioranza governativa, e conferma l’annullamento della vittoria delle opposizioni di tre settimane fa. Gli studenti universitari continuano a manifestare, autonomamente dalle opposizioni, utilizzando la fantasia. Nelle manifestazioni appare il fantoccio di Milosevic vestito da carcerato. Ma lo studente che tiene il fantoccio viene arrestato e pestato a sangue dalla polizia.

10 dicembre:
Prima solenne seduta della Camera dei Cittadini , eletta nelle elezioni del 3 novembre. I 22 deputati dell’opposizione disertano la seduta. Continuano le manifestazioni giornaliere, ma separate, degli studenti e dell’opposizione che chiedono il ripristino della validità del voto del 17 novembre e una svolta democratica del paese. Anche la NATO condanna con forza l’annullamento delle elezioni municipali del 17 novembre ed invita Milosevic “a rispettare la volontà democratica del popolo ritornando sulla propria decisione”. I ministri degli esteri dell’alleanza, riunitisi a Bruxelles, si congratulano con l’opposizione per i metodi non violenti delle loro manifestazioni e diffidano il Governo di Belgrado “da qualsiasi uso della forza contro i pacifici manifestanti”.

11-12 dicembre: il Ministro degli Esteri italiano Dini, che era stato trai principali sostenitori della reintegrazione della Jugoslavia negli organismi internazionali, va a Belgrado a portare la risoluzione dell’Unione Europea, molto critica nei riguardi dell’annullamento dei risultati elettorali, ed offre a Milosevic la mediazione dell’OSCE. Dini dichiara alla stampa di aver richiesto inoltre a Milosevic la “costituzione di un forum, con la partecipazione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ove ridefinire le regole e le modalità dei futuri processi elettorali, a partire dalle elezioni previste per il 1997”. Ma alcune sue critiche alle richieste degli oppositori : “chiedete troppo” vengono interpretate da Milosevic e dagli oppositori come un appoggio al governo serbo.

13 dicembre: Milosevic accetta l’offerta di mediazione e chiede l’invio di una Commissione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) per una verifica del recente processo elettorale e per l’accertamento di “eventuali irregolarità”.

14-15 dicembre:
il Tribunale distrettuale di Nis, nella Serbia meridionale, restituisce la vittoria alla coalizione “Zajedno” nel ballottaggio delle elezioni municipali del 17 novembre, ma concede 10 giorni di tempo per una eventuale appello contro la sentenza. I leaders della coalizione, alla solita manifestazione quotidiana cui il giorno 15 hanno partecipato circa 250.000 persone, dichiarano di voler continuare la loro protesta “finché ci saranno restituite tutte le nostre vittorie”.

16 dicembre: Anche il Tribunale di Smederevska Palanka, una cittadina a circa 80 kilometri da Belgrado, ordina alla commissione elettorale locale di considerare valido il voto municipale restituendo così la vittoria delle elezioni amministrative del 17 novembre alla coalizione dell’opposizione.

17 dicembre: Il presidente serbo Milosevic riceve una delegazione di studenti venuti a piedi da Nis a Belgrado (230 kilometri) impegnandosi con loro a far rispettare la volontà del popolo e perché “vengano puniti i colpevoli della violazione della legge a Nis”. Continua intanto il boicottaggio di Zajedno ai lavori del Parlamento di Belgrado. I giornali parlano di purghe in atto all’interno del Partito Socialista al potere.

19 dicembre: trentaduesimo giorno di protesta dell’opposizione politica. In coincidenza con la tradizionale festa del santo protettore della famiglia (San Nicola), definita “Slava”, decine di migliaia di candele illuminano di sera le strade del centro di Belgrado.
20 dicembre: arrivo a Belgrado della delegazione dell’OSCE guidata dall’ex premier spagnolo Felipe Gonzales con l’incarico di far luce sui voti contestati del ballottaggio del 17 novembre.

21-23 dicembre: in attesa del responso della delegazione OSCE continuano le manifestazioni per chiedere il riconoscimento dei risultati elettorali del 17 novembre. 100 pensionati marciano da Pancevo a Belgrado (20 kilometri),, altre marce di studenti da Kragujevac e Novi Sad in solidarietà con i loro colleghi di Belgrado; 150 giovani di Subotica percorrono in bicicletta i 170 km che divide questa città da Belgrado. Ma il Partito Socialista di Milosevic organizza delle manifestazioni locali a sostegno del regime e si prepara a fare una “contro-manifestazione” a Belgrado, cui, si prevede, dovrebbero partecipare circa 400.000 persone provenienti da tutte le zone della Jugoslavia. Ci sono molti timori di disordini, per evitare i quali gli studenti mandano una loro delegazione sia presso il partito socialista sia presso Zajedno affinché vengano scongiurati incidenti.

24 dicembre: Belgrado è blindata con un enorme schieramento di poliziotti armati. Arrivano da tutte le parti della Jugoslavia i sostenitori del presidente, ma in numero molto inferiore al previsto (si parla di poco più di 50.000 persone). Nel discorso alla folla dei suoi “fans” Milosevic accusa i potenti del mondo di allearsi con la quinta colonna interna alla Serbia per “destabilizzare il paese” ed evitare che si crei una Serbia forte. E pur confermando un impegno per scoprire eventuali irregolarità compiute nello scrutinio delle elezioni aggiunge che “la verità sulle elezioni deve essere verificata soltanto dalle istituzioni jugoslave” cercando così di negare validità al responso della Commissione OSCE ancora non noto. Ci sono scontri tra manifestanti filo-governativi ed oppositori. Un manifestante dell’opposizione viene ferito alla testa da un colpo sparato da uno sconosciuto membro del Partito di governo, e morirà il giorno dopo. Un giovane dell’opposizione viene picchiato a morte e circa altre 90 persone hanno avuto bisogno di intervento medico a causa di questi scontri, tra questi cinque persone con ferite più gravi.

26 dicembre: migliaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa bloccano la manifestazione degli oppositori, che rinunciano al corteo per evitare altri scontri ; ma gli studenti invadono ugualmente le strade di Belgrado cercando di fraternizzare con la polizia.

27 dicembre: la commissione dell’ OSCE dà ragione all’opposizione e conferma che le elezioni erano state truccate dal governo serbo. E riconferma che l’ opposizione aveva effettivamente ottenuto la maggioranza in 13 (Pirot, Kraljevo, Uzice, Smederevska Palanka, Vrasac, Soko Banja, Kragujevas, Pancevo, Jagodina, Nis, Zrenjanin, Lapovo, Sabac) delle 18 maggiori città della Jugoslavia, oltre che in nove circoscrizioni di Belgrado. 38mo giorno di manifestazione degli studenti e di Zajedno, che celebrano la vittoria della “verità” contro i brogli elettorali del governo. Anche in questa giornata gli studenti dimostrano una notevole inventiva camminando in cerchio chiuso, di fronte alla polizia in assetto di guerra, con le mani sulla nuca, a simboleggiare il regime del carcere. Ma nella serata , mentre la folla si disperdeva alla fine del comizio di Zajedno in piazza della Repubblica - dove di solito si svolgono i comizi dell’opposizione, rinominata perciò da questa “Piazza della Libertà”- un gruppo armato di bastoni (sembra di agenti in borghese) attacca i manifestanti che cercano di difendersi e vengono poi manganellati dalla polizia in divisa.

28 dicembre: la commissione elettorale di Nis rifiuta di rendere operativa la decisione del tribunale locale a favore delle opposizioni e riconferma la vittoria dei partiti di governo. Studenti e oppositori partecipano, in mattinata, sotto una fitta nevicata, al funerale di una delle due vittime degli scontri di Belgrado, cerimonia cui partecipano circa 15.000 persone e che si svolge senza incidenti.

29 dicembre: Alla quotidiana manifestazione delle opposizioni viene letto un messaggio di un gruppo di ufficiali di dieci basi delle forze armate jugoslave facenti capo al presidio di Nis. In questo si dice, tra l’altro, che “occorre che vinca la verità. Occorre che i serbi possano vivere una vita dignitosa in una paese libero e democratico, senza dittature, qualunque sia il nome dei dittatori. La Serbia deve diventare uno stato in cui si possa vivere onestamente”. Ed i militari si offrono anche di mettersi alla testa del popolo “per la definitiva vittoria della verità”. Ma anche il Presidente del Montenegro prende le distanze da Milosevic chiedendogli formalmente di chiarire la situazione creatasi dopo la missione europea.

31 dicembre 1996-1 gennaio 1997: circa 200.000 persone partecipano in piazza della Repubblica al “grande ballo della mezzanotte”. La musica più applaudita è quella tzigana che accompagna l’inizio del film di Kusturica “Underground”. Il regista stesso si era recato, in quella stessa giornata, alla manifestazione degli studenti incitandoli a continuare la lotta. Allo scoccare della mezzanotte sono state accese migliaia di fiaccole, mentre tamburi, petardi e fischietti salutavano il 1997 in un frastuono assordante.
1997
2 gennaio: Il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa, in un proprio documento, accusa Milosevic di “calpestare la volontà popolare, seminare la discordia e provocare lo spargimento di sangue unicamente per mantenersi al potere”. Ma il testo dei 35 vescovi oltre a criticare Milosevic “per aver falsificato il voto popolare e soffocato la libertà politica e religiosa” lo accusa di “aver tradito i serbi dei territori occidentali” (Bosnia e Krajina) attaccandolo, perciò, anche per aver firmato gli accordi di Dayton. Il che sottolinea la contraddizione di una situazione in cui Milosevic viene accusato di non essere democratico, ma nello stesso tempo, di essere troppo poco nazionalista, lui che del nazionalismo serbo aveva fatto la sua bandiera per la scalata al potere. Zajedno rinuncia al tradizionale corteo, ma non lo stesso fanno gli studenti che sfilano facendo rumore in tutti i modi accanto alla sede della Televisione di stato per protestare contro il “silenzio” della televisione di regime sulle manifestazioni delle opposizioni.

3 gennaio: il governo di Milosevic accetta solo parzialmente il responso della commissione OSCE riconoscendo la vittoria di Zajedno in nove municipalità di Belgrado. Ma sia l’OSCE che le opposizioni non si accontentano delle concessioni e chiedono il rispetto totale dei risultati elettorali.

4 gennaio: il governo vieta le manifestazioni perché “intralciano il traffico”. I manifestanti hanno allora deciso di riappropriarsi delle strade arrivando legalmente e pacificamente in macchina e trasformando la città di Belgrado in un immenso ingorgo. Tutte le strade vengono bloccate ed i vigili rinunciano a qualsiasi tentativo di rimettere in moto la circolazione. Il sindaco uscente di Belgrado, membro del Partito Socialista di Milosevic, malgrado il fatto che avrebbe potuto restare in carica altri 30 giorni, si dimette dalla carica facendo venire alla luce anche il malessere della leadership del partito al potere.

6 gennaio: il Natale ortodosso si celebra il 7 gennaio, ma come in Italia una festa particolare è quella della notte della vigilia. In mattinata gli studenti incontrano il capo di stato maggiore dell’esercito ed il ministro degli interni di Milosevic. Il Capo di Stato Maggiore assicura: “Siamo fedeli alla Costituzione, l’esercito non entra in politica. Vogliamo un esito democratico, per tornare in Europa”. Meno fruttuoso l’incontro con il ministro che mantiene il divieto alle manifestazioni. Ma nella serata decine di migliaia di persone vanno in corteo dalla piazza della Repubblica alla cattedrale per la messa della mezzanotte. Nel corteo sono presenti molti simboli religiosi ortodossi. Ma i manifestanti inventano anche nuovi metodi di lotta: si distribuiscono i numeri del telefono di tutte le istituzioni (ministeri, TV, radio e agenzie di stampa di stato). “Chiamatele dall’alba fino al tramonto” è l’appello dei leader di Zajedno.

7 gennaio: Esplode un ordigno fuori degli uffici del partito JUL, guidato dalla moglie di Milosevic. Sia gli studenti che l’opposizione parlano dell’infiltrazione di “agenti provocatori” governativi all’interno del movimento contro Milosevic.

8 gennaio: il Presidente Milosevic riconosce che la coalizione di opposizione ha vinto anche le elezioni della seconda città della Serbia, Nis, con 37 seggi contro i 32 assegnati al Partito Socialista. Ma intanto continuano le manifestazioni di protesta per chiedere il ripristino di tutte le elezioni “scippate”. Tra queste l’ingorgo dei centralini del governo e dei ministeri con continue telefonate. Alle 7,30 sera, quando ha inizio il telegiornale di regime, tutta Belgrado rimbomba di clacson e di rumori di protesta

10 gennaio:
gli oppositori della coalizione “Insieme” (Zajedno) fanno uscire la televisione di stato dalla loro conferenza stampa. Il corrispondente del “Corriere della Sera” commenta .” Ma essere testimoni della possibile nascita di una democrazia significa anche poter raccontare il cambio di mentalità, i comportamenti finalmente diversi dei protagonisti. Non sarà segnale di continuità con nuovi attori, ma non è testimonianza di maturità democratica” (11/1/97). Ma gli studenti continuano con le loro trovate. Di fronte ad un cordone immenso di poliziotti, alcuni dei quali armati addirittura di fucili da guerra, arrivano alcune migliaia di studenti, al suono della musica del film di Kusturica, subito bloccati dal cordone di polizia. Al muro dei poliziotti si contrappone quello degli studenti che, a secondo dei loro studi, leggono ai poliziotti delle poesie, o fanno loro lezioni di anatomia, oppure di legge. La parola d’ordine è quella di adottare un poliziotto. Ogni studente dovrà scegliere un agente, fotografarlo, stargli vicino tutto il giorno. Ma dopo circa mezz’ora di “muro contro muro” il cordone delle polizia si apre e lascia passare i manifestanti che vengono poi fermati da un altro blocco, per ricominciare come prima.

11 gennaio: nuova vittoria delle opposizioni. I due vice-premier di Milosevic comunicano ad una delegazione di studenti la decisione di rivedere i risultati elettorali contestati “nel pieno rispetto della volontà popolare”. Risulta in seguito che il governo serbo ha ordinato al tribunale supremo di “accelerare i controlli dei risultati delle elezioni del 17 novembre e di indicare i colpevoli per la falsificazione”. Gli studenti, oltre al riconoscimento dei risultati elettorali del 17 novembre, chiedono il libero accesso ai mezzi d’informazione e le dimissioni del rettore dell’università. Ma la coalizione di opposizione non si fida delle promesse del governo e chiede il pieno riconoscimento delle sue richieste per dare la propria disponibilità ad aprire un dialogo. Pressioni in senso analogo sono fatte sia dagli Stati Uniti che dal Gruppo di Contatto.

12 gennaio: visita a Belgrado del Ministero degli Esteri Greco Pangalos che è venuto a Belgrado per una mediazione informale in nome dei tradizionali rapporti di amicizia tra Grecia e Serbia. Ma il ministro, nel suo incontro successivo con i leaders delle opposizioni, non ha dato molte speranze. Milosevic sarebbe pronto unicamente a concessioni minori (ad esempio la rimozione del rettore dell’Università), ma non cederebbe su Belgrado dove vorrebbe mettere una amministrazione decisa da lui, come aveva fatto un anno prima il Presidente croato Tudjman a Zagabria (con la totale assenza di reazioni della comunità internazionale). Ma in questa data ricorre il capodanno secondo il calendario ortodosso. Per salutare il nuovo anno i manifestanti Belgradesi si sono dati appuntamento alle 10 di sera in piazza della Repubblica. Circa mezzo milione di persone partecipano alla festa-comizio. Nel suo intervento dopo la mezzanotte Draskovic sostiene la marginalità del ruolo degli studenti nell’ambito del movimento di opposizione, creando una grande spaccatura nel fronte di lotta per la democrazia.

14 gennaio: La commissione elettorale riconosce ufficialmente la vittoria della coalizione “Insieme” alle elezioni del consiglio comunale di Belgrado del 17 novembre. Dei 110 seggi dell’assemblea l’opposizione ne ha ottenuti 60, i socialisti 30, la Nuova Democrazia, alleata di Milosevic 3, ed i radicali di Seselj 15. Ma la vita del Consiglio Comunale si prospetta difficile, per molte decisioni occorre una maggioranza qualificata di 74 voti, che Zajedno non ha. Viene inoltre la conferma ufficiale della vittoria di Zajedno nella città di Nis (41 seggi contro 28 dei socialisti e 1 dei radicali) . Dato che a Kragujevac la vittoria di Zajedno era stata confermata subito dopo le elezioni la coalizione “Insieme” risulta aver vinto nelle tre principali città del paese. Ma per i leader della coalizione questo non basta. “Ormai la richiesta di rispettare i risultati delle elezioni è stata superata dalla richiesta per la democratizzazione della Serbia”. E Vuk Draskovic conferma la sua disponibilità a trattare con il governo quando anche la vittoria nell’ultima città rivendicata dall’opposizione sarà riconosciuta. All’interno del Partito di Milosevic cominciano intanto le epurazioni. E’ stato espulso dal partito l’ex sindaco di Belgrado, che si era dimesso per simpatie per gli studenti. Ed espulsi anche i responsabili del Partito Socialista di Nis, che sono stati considerati responsabili della sconfitta del Partito in quella città. Il problema di fondo è ora quello delle elezioni presidenziali in Serbia, rinviate ad ottobre prossimo. Secondo la Costituzione Serba Milosevic, che ha svolto già due mandati, non può più candidarsi. Potrebbe candidarsi alla Presidenza della Federazione Jugoslava ma queste lotte di piazza, ed il suo tentativo di falsificare i risultati delle elezioni, l’hanno sicuramente molto indebolito e gli hanno inimicato molti appoggi, sia interni che esterni, tanto da rendere dubbia una sua vittoria elettorale in questa contesa.