Lettera aperta agli
A N T I - P A C I F I S T I
di p. Angelo Cavagna
presidente G.A.V.C.I.

tratto da SETTIMANA n.38/2004, p.2

La prima idea mi è venuta quando ho letto su "La Repubblica" del 19 settembre scorso (p. 9) l’attacco del vicepremier GIANFRANCO FINI "Pacifisti come Ponzio Pilato"; mi si è rafforzata leggendo, sempre su "La Repubblica" del 28 settembre (pp. 1 e 5), l’attacco di Adriano Sofri "La grande illusione del pacifismo" e poi quello di Stefano Pontara sul settimanale diocesano "Verona fedele" del 3 ottobre "I veri pacifici non sono pacifisti". Ma non voglio limitarmi a questi tre casi: oggi gli anti-pacifisti sono molti, sia in campo politico che sociale, religioso e culturale in genere.

Vorrei, se possibile, dialogare fraternamente con tutti, con rispetto e fiducia, pur parlando sinceramente, come gradirei che gli altri facessero con noi cosiddetti pacifisti, limitandomi a pochi punti nodali, tenuto conto dei limiti di una lettera.

1 - "Pacifisti come Ponzio Pilato"?

Qualcuno, in qualche caso, può darsi che si sia comportato in tal modo: nessuno è perfetto. Ma nel caso della guerra dell’Iraq direi proprio di no. Oramai tutti sanno che è una guerra montata su montagne di bugie, ispirata alla "politica di difesa e/o conquista degli interessi vitali", teorizzata e adottata in sede Nato. La lotta al terrorismo è più un <pretesto> che non il <motivo> della guerra in Iraq. Anzi, essa ha ridato slancio al fondamentalismo islamico, con grande dispiacere dei musulmani moderati che avevano fatto di tutto per arginarlo e farlo sbollire.

2 - "I pacifisti sono anti-americani"?

Anzitutto non si può negare che i governi americani da tempo hanno svolto una politica tutt’altro che democratica e di sviluppo in America Latina e in altre parti del mondo. Riconoscere e denunciare questo non è misconoscere i benefici che l’Italia ha ricevuto dagli Stati Uniti in termini di liberazione dal Nazi-Fascismo e di sviluppo economico post-bellico. Ciò non significa ignorare i guasti della dittatura comunista in Russia e paesi satelliti, o tacere sulle guerre d’interesse che anche la Russia oggi sta svolgendo in varie parti del mondo. Personalmente ho fatto un "digiuno a tempo indeterminato salvo la vita" contro le atrocità militari o guerra d’interessi attuate dal governo di Mosca in Cecenia, anche se la stampa ha dato poco rilievo a questo gesto. Non è certo colpa mia o dei pacifisti.

3 - Piuttosto, perchè i politici in genere, salvo qualche piccolo partito di sinistra e anche qualche parlamentare di destra, ignorano tetalmente l’alternativa nonviolenta al <sistema militare> o <di guerra>?

A me sembra che buona parte dei politici abbia ancora della nonviolenza un concetto di passività e di utopia. Se così fosse, sarebbe giustificata una certa critica ai pacifisti di assomigliare a Ponzio Pilato. Al contrario, i grandi pacifisti sono stati grandi lottatori e hanno scritto pagine storiche magnifiche, senza sparare un colpo agli avversari e con un minimo di vittime anche nelle proprie file rispetto alle atrocità delle guerre cosiddette di liberazione!

4 - Il "crollo del regime di Mosca è merito della superiorità e diffusione dei missili americani, tipo a Comiso"?

Può essere che ciò abbia svolto un suo ruolo. Allora i pacifisti anti-missili sono stati e sono degli "illusi", come afferma Adriano Sofri nell’articolo citato? Credo non si possa sottovalutare l’influsso di Gandhi e di altri leaders nonviolenti su Gorbaciov e il carattere nonviolento delle lotte di liberazione in Polonia contro Mosca e in altri paesi ex-comunisti a seguire.

5 - "I veri pacifici non sono pacifisti"?

L’articolista di "Verona fedele" definisce pacifista chi mira a "costruire strutture politiche di pace senza essere persona di pace", mentre "il vero pacifico è colui nel cui cuore alberga la pace". Il pacifico, allora, può anche costruire strutture di pace, certamente positive.

A me sembra che tali definizioni siano aprioristiche. E’ oramai di moda che <chi si impegna pubblicamente contro la guerra o, meglio, contro il sistema di guerra> venga bollato di <pacifista in senso negativo>.

Modestamente, faccio presente che nel mio libro "Per una prassi di pace" (EDB - esaurito), proprio nel primo capitolo "Pace: nodi teologici", parto con l’indicare le "molte vie alla pace": teologia della pace - mistica della pace - concetto positivo di pace - via ecclesiale alla pace - via giuridica o istituzionale alla pace - via economica - via politica - via pedagogica - via del dialogo - via antimilitarista - via nonviolenta...

Del resto, anche oggi, i cosiddetti pacifisti sono impegnati in mille modi e in mille luoghi a vivere, testimoniare, promuovere, costruire la pace, a volte con sacrifici notevoli, fino al rischio della vita. Nei loro convegni, ad esempio quello di Genova al quale ho partecipato, dedicano ampio spazio ad approfondire il tema della pace nella sua complessità che è ricchezza. Nel capoluogo ligure si sono svolti ben diciotto forum, con i migliori oratori a livello mondiale, frequentatissimi e per diverse giornate prima di quella conclusiva con la marcia, nella quale una esigua minoranza (800, al massimo 1.500 black-block), su 250.000 partecipanti calmi, convinti, provenienti da organismi formativo-attivi, hanno scatenato violenza che ha monopolizzato la grande <informazione> (o <disinformazione>?).

Sempre, nei grandi movimenti popolari, si intrufolano anche alcuni sbalestrati; ma non si può ignorare la maggioranza seria. A me pare l’esperienza insegni che "LE IDEE GUIDANO LA STORIA", ma "I MOVIMENTI FANNO LA STORIA !". Si pensi al <movimento dei lavoratori>!

Non si può non fare almeno un accenno al <movimento francescano>, che ha avuto un impatto storico notevole in senso chiaramente pacifista, al contrario di quanto affermato dall'on. Gianfranco Fini in TV.

S. Francesco d’Assisi impegnò i seguaci laici, cioè i fratelli del Terz’ordine, che non era un movimento devozionale ma essenzialmente sociale e pacifista, a un rifiuto radicale delle armi: "Non accettino e non portino seco armi mortali contro alcuno" (dalla regola antica).

P. Dehon, fondatore dei Sacerdoti del Cuore di Gesù, detti <dehoniani>, lui stesso terziario francescano, nel suo libro "Catechismo Sociale" descrive ampiamente gli inizi del Terz’ordine francescano e i contrasti subito scoppiati a motivo della regola. Lo scontro iniziò a Faenza, a tre mesi dalla fondazione. I terziari opposero la loro regola ai feudatari che li chiamavano a combattere. Questi, sbigottiti, reagirono con tutti i mezzi in loro potere; i responsabili del nuovo movimento fecero ricorso al vescovo di Rimini, il quale interrogò papa Onorio, ed egli minacciò di scomunica i feudatari. Questi contrattaccarono imponendo tasse ai terziari che rifiutavano il servizio militare. Nuovo ricorso al papa da parte dei terziari, che nel frattempo si erano rapidamente estesi in tutta la penisola., ottenendo pieno appoggio. Anche per questo fatto, sempre secondo p. Dehon, il feudalesimo conobbe un veloce declino, mentre si andavano organizzano i comuni e i mestieri.

Così oggi va valutata positivamente la nascita, la crescita e la maturazione di un grande movimento mondialista di pace, all’altezza dei problemi odierni, spesso a dimensione planetaria.

L’esperienza mia dice che i pacifisti non sono perfetti ma, nel complesso, sono più avveduti, maturi e costruttivi di tanti loro critici.

D’altra parte non è da pensare che questi critici siano malintenzionati e guerrafondai. Auspico che aprano gli occhi sul realismo e la necessità dell’alternativa nonviolenta al sistema militare.

Termino con due citazioni di personalità religiose significative: il papa Giovanni Paolo II e p. Luigi Lorenzetti direttore della "Rivista di teologia morale":

"Le esigenze di umanità ci chiedono oggi di andare risolutamente verso l’assoluta proscrizione della guerra e di coltivare la pace come bene supremo, al quale tutti i programmi e tutte le strategie devono essere subordinate" ("Dizionario di teologia della Pace", EDB , G. Paolo II, 12.1.1991, p. 129);

"L’evoluzione del pensiero cattolico nella riflessione teologica... porta alla delegittimazione di ogni guerra, sia di offesa sia di difesa... Non ci sono aggettivi (giusta, necessaria) che la possano riscattare. La teoria della guerra giusta è caduta dal suo interno, addirittura prova oggi il contrario... La guerra non è la continuazione della politica, ma il suo fallimento" (teologo dehoniano Luigi Lorenzetti, "Dizionario di teologia della Pace", EDB 1977, p. 128).

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