DIBATTITO FRATERNO TRA IL GIORNALISTA ROBERTO BERETTA E P. ANGELO CAVAGNA, AVVENUTO SUL GIORNALE CATTOLICO "AVVENIRE", A PROPOSITO DI S.MASSIMILIANO DI TEBESSA, PROTETTORE DEGLI OBIETTORI DI COSCIENZA AL SERVIZIO MILITARE:
"ERETICO O NO?"
AI LETTORI UNA VALUTAZIONE SULLE RAGIONI OBIETTIVE
O MENO DEI RISPETTIVI AUTORI.

C'è un esercito in cielo. E il patrono degli obiettori? Era eretico
di Roberto Beretta - "Avvenire"
Domenica 28 ottobre 2004

A Santiago di Compostela hanno disarmato il patrono san Giacomo "matamoros", rinfoderando la spada statuaria che sembrava minacciare il dialogo interreligioso. A Monza il sindaco ha disarcionato san Michele, togliendogli l'arma con la quale faceva da meridiana sulla pubblica piazza. Ma ce ne vorranno di fatiche, ai volonterosi cultori del politically correct, per rendere inoffensiva la legione di santi che scintilla d'oro (le aureole) e d'acciaio (la corazza) in paradiso.
Infatti I santi militari costituiscono una compagnia scelta di almeno 178 elementi; e tanta precisione è concessa grazie all'omonimo lavoro che lo scrittore e giornalista Rino Cammilleri ha da poco riedito (pp. 256, euro 14,89) dopo un decennio dalla prima uscita e in forma ampliata per l'editrice Estrella de Oriente di Villazzano (Tn). Non che nel libro ci siano tutti i beati che hanno avuto a che fare col mestiere delle armi - sono infatti molti di più; però il manipolo dei 178 è arruolato, con il solito gusto bastian contrario del siciliano Cammilleri, per combattere una battaglia ideale contro lo spirito imbelle che - al dir dell'autore - fa prigionieri troppi cattolici.
Non si tratta infatti di soldati diventati santi nonostante la divisa che portavano, ma spesso proprio a motivo di quella. Per esempio Basilide, militare del III secolo addetto alla scorta dei condannati ad Alessandria d'Egitto: difese col suo corpo dagli sputi e dalle percosse una vergine che andava al martirio, e perciò meritò di diventare martire anche lui, di lì a poco. La difesa dei deboli è del resto (dovrebbe essere) uno dei doveri primari delle forze armate; e ci furono cristiani - vedi Salvo d'Acquisto - che esercitarono tale funzione in modo anche cattolicamente eroico.
Ecco poi i molti soldati martiri per non aver accettato le pratiche connesse eppure non necessarie al loro stato, cioè in fondo per non aver obbedito ad ordini ingiusti dei superiori (e anche questo fa parte dei diritti-doveri della truppa). I legionari romani che rifiutavano di sacrificare all'imperatore - si noti tuttavia - si opponevano all'idolatria, non alla leva; ritenevano cioè inaccettabile riconoscere divinità ai superiori gerarchici, ma obbedivano loro in guerra. Qui c'è l'esempio maiuscolo della Legione Tebea, 6500 uomini tutti cristiani, inviati da Diocleziano a domare una rivolta in Gallia nel 286 e fatti giustiziare da un generale troppo servile.
Certo, possono suscitare perplessità oggi le aureole poste sopra l'elmo di re combattenti come Ferdinando III di Castiglia, sovrano della Reconquista dell'Andalusia ai musulmani, oppure Stefano d'Ungheria, Canuto di Danimarca (santo al pari di Olaf di Svezia, suo storico nemico...), l'imperatore Enrico II che scese in campagna per difendere i possessi pontifici, o magari il beato Umberto III di Savoia, al quale capitò persino di essere scomunicato; però all'epoca mettere la spada al servizio della civitas christiana poteva essere considerato eminente esercizio della carità, anche se ciò significava far scorrere lacrime e sangue. Il valore sociale e civile, insomma, prevaleva sulla vita individuale.
Cammilleri ricorda poi la carriera militare di patroni del pacifismo moderno (da san Francesco a Giovanni XXIII) o comunque di altri "insospettabili" (Padre Pio, Charles de Foucauld, il curato d'Ars); narra la straordinaria vicenda di Ernest Psichari - ufficiale, nipote del razionalista Ernest Renan, ateo convertitosi per espiare l'apostasia del nonno -, che morirà in battaglia nella Grande Guerra; e alla fine allega anche un'appendice di "combattenti dimenticati": dai samurai cristiani perseguitati e massacrati nel Giappone del Seicento, ai martiri vandeani, a quelli delle insorgenze italiane che si opposero all'occupazione dei giacobini anche in nome della loro fede.
Ma l'ultima impresa è dimostrare che il patrono degli obiettori di coscienza, san Massimiliano di Tebessa decapitato nel 295, aveva rifiutato di arruolarsi perché aderiva alla corrente montanista che cercava fanaticamente il martirio anche con spettacolari "provocazioni" all'autorità. In altre parole: era un eretico.



Il patrono degli obiettori non era eretico !
Dibattito su primi cristiani, Chiesa e pacifismo
di Angelo Cavagna - "Avvenire"
Mercoledì 17 novembre 2004

Mi riferisco all’articolo di Roberto Beretta, pubblicato su AVVENIRE del 28 ottobre a p. 24, intitolato "C’è un esercito in cielo. E il patrono degli obiettori? Era eretico".

La tesi di fondo è che la Chiesa dei primi secoli non era contro la guerra giusta. Al riguardo inviterei Beretta a leggere il libro di J.M. Hornus "Evangile et Labarum" (Labor et fides, Géneve 1960), che è un’antologia di testi patristici, letti i quali dissi: "Me non m’imbroglia più nessuno su questa questione". Altro testo utile è quello di E. Butturini "La nonviolenza nel cristianesimo dei primi secoli - Antologia di prosatori latini" (Paravia, Torino). Ma seguiamo punto per punto le affermazioni di Beretta.

Primo argomento che porta è il seguente: "I santi militari costituiscono una compagnia scelta di almeno 178 elementi". Al che rispondo che il martirologio, visto che in genere sono martiri, evidenzia che i militari che diventavano cristiani ‘scioglievano il cingolo militare’, ossia rifiutavano di partecipare all’esercito.

Beretta osserva che rifiutavano non la leva, ma l’idolatria, ossia il giuramento al divo imperatore. Io invece rispondo che rifiutavano tutte e due le cose. C’è un testo della "Dottrina apostolica" (n. 6), attribuita ad Ippolito di Roma, che rifletteva la prassi delle chiese dell’area mediterranea, quindi anche Roma e dintorni, che dice: "Il soldato subalterno non deve uccidere nessuno. Se riceve un ordine del genere, non deve eseguirlo e non deve prestare giuramento. Se non accetta tali condizioni, sia respinto. Chi ha potere di vita e di morte sugli altri o il magistrato di una città, che porta la porpora come emblema della sua autorità suprema, deve dare le dimissioni, altrimenti venga respinto. Il catecumeno o il fedele che vogliono arruolarsi e fare il soldato vengano respinti, perchè hanno disprezzato Dio". Come si vede, chi era già soldato, divenendo cristiano, poteva restare tale, ma alla condizione precisa di "Non uccidere !". Poteva svolgere altre mansioni: costruzione di strade, mantenimento dell’ordine in funzione di polizia, trasporto della posta che era pure mansione dei soldati. Ma restava la condizione assoluta: "Non uccidere!". Chiaro!

Che poi si registrino altri santi nel corso della storia, citati da Beretta, implicati in guerre, nei secoli seguenti, si spiega con la cosiddetta <svolta costantiniana>, con l’introduzione nella Chiesa della dottrina della <guerra giusta>. Al riguardo, il noto teologo moralista Luigi Lorenzetti oggi scrive: "L’evoluzione del pensiero cattolico nella riflessione teologica... porta alla delegittimazione di ogni guerra, sia di offesa sia di difesa... Non ci sono aggettivi (giusta, necessaria) che la possano riscattare. La teoria della guerra giusta è caduta dal suo interno, addirittura prova oggi il contrario... La guerra non è la continuazione della politica, ma il suo fallimento" ("Dizionario di teologia della pace", EDB 1977, p. 128).

Per la questione della ‘Legione Tebea’, pure citata da Beretta, rimando a un estratto del prof. di storia ecclesiastica della Facoltà Teologica del Piemonte, Pier Angelo Gramaglia, preso dagli "Atti della V settimana di studi <<Sangue e antropologia. Riti e culto>>" (ed. F, Vattioni). In esso si afferma: "Circa la cosiddetta Legione Tebana la storiografia ha ormai raggiunto una certa tendenza nel negarne l’autenticità storica, almeno parziale"; e segue la trattazione dettagliata.

Tra gli altri santi guerrieri Beretta cita anche s. Francesco. Io mi limito a citare la primitiva regola del Terz’Ordine di S. Francesco che dice testualmente: "Non accettino e non portino seco armi mortali contro alcuno", regola che determinò l’espandersi veloce e rilevante del Terz’Ordine affrettando la decadenza del sistema feudale e contribuendo alla evoluzione verso i Comuni e le associazioni di Mestieri. Per una valutazione più ampia e autorevole rimando al documento unitario delle famiglie francescane in risposta alla dichiarazione dell’on. Gianfranco Fini su s. Francesco.

Infine Beretta fa passare s. Massimiliano di Tebessa, patrono degli obiettori, per montanista, quindi eretico. Ciò non sta in piedi, anche se in parte si può capire. Nel nord-Africa c’era Tertulliano grande pacifista, annoverato fra i padri della Chiesa, che in tarda età divenne montanista. Ma s. Massimiliano non aveva nulla a che fare con questa corrente. Era di Tebessa, della diocesi di Cartagine, di cui era stato vescovo s. Cipriano, lui pure pacifista e martire. Scriveva infatti: "Osserva le strade bloccate dai banditi, i mari infestati dai pirati, le guerre sparse dovunque con l’orrore del sangue versato dagli opposti schieramenti. Il mondo è bagnato di sangue fraterno: ecco che l’omicidio è crimine quando sono i singoli a commetterlo, ma diventa virtù quando è compiuto in nome dello stato. L’impunità per i delitti non l’assicura il motivo dell’innocenza, ma la grandezza della ferocia" (Ad Donatum 6-7). Il corpo di s. Massimiliano venne raccolto dai fedeli e sepolto proprio accanto a quello del suo vescovo s. Cipriano quale testimone della fede cristiana, come allora veniva insegnata.

A mo’ di conclusione auspicherei, nel rispetto della coscienza altrui, un recupero deciso del patrimonio di pace della primitiva Chiesa. Soprattutto mi piacerebbe che i politici cattolici sapessero esprimere una chiara e forte opzione di pace e nonviolenza, che non è passività; basti pensare ai grandi pacifisti del passato e anche ai tanti gruppi della società civile a tutt’oggi impegnati a costruire la pace in zone di conflitto, con tanti sacrifici, fino al rischio della vita. Opzione di pace da far valere nei confronti dei conflitti armati di oggi, sulla scia di don Luigi Sturzo, che certo non mancava né di senso morale né di senso politico e di realismo. Egli scriveva: "L’obiezione di coscienza non è che una negazione pratica e cosciente del diritto dello stato a fare la guerra. E’ un conflitto fra un ordine stabilito e un ordine ideale. Si dirà: <<Così si fomenta la ribellione e l’anarchia>>. Inesatto: se la gran parte dei cittadini fossero <obiettori> di coscienza, cesserebbero le guerre" (Londra 14 marzo 1933, da "L’Aube Nouvelle", Paris, aprile 1933; riportato in "Per una prassi di pace" del sottoscritto. EDB).

Angelo Cavagna

Breve replica di Roberto Beretta sullo stesso AVVENIRE
del 17 novembre e stessa pagina

Caro padre Cavagna,

di fronte alla sua (sempre utile) dotta lezione di pacifismo nella storia della Chiesa, me la cavo ricordandole che il mio articolo era in realtà la presentazione di un libro altrui, e precisamente de <<I santi militari>> di Rino Cammilleri (edizioni Estrella de Oriente) e che dunque con lui avrebbe dovuto incrociare le garbate lame della sua puntualizzazione.

Io – come si suol dire – non ho fatto altro che riportare i documenti storici (altrettanto puntuali di quelli da lei esposti) allegati dall’autore del suddetto saggio, enfatizzando i dati giornalisticamente più curiosi.

Del resto, non ci si può certo illudere di esaurire con un paio di articoli la dibattutissima questione del rapporto fra uso della forza, pacifismo e dottrina cristiana, tema sul quale esistono diverse fondate opinioni e che appare tuttora aperto alla discussione, da qualunque parte lo si consideri.


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