Sostenere le realtà di pace presenti nelle aree di conflitto
di Francesco Lo Cascio
della segreteria nazionale
del Movimento Internazionale della Riconciliazione

Non so a quanto serva aggiungere parole al fiume di chiacchiere, che hanno allagato internet e la stampa.

E' pesante dover riconoscere che con il sequestro delle volontarie di "un ponte per" è sequestrata con loro una parte di noi stessi , della nostra fiducia, dell'ingenua speranza in una immunità legata alle nostre buone intenzioni. E' sequestrato l'egocentrismo di occidentali che con malinteso atteggiamento "missionario", discutono di come -loro- possano opporsi all'<<Impero>>, senza riconoscere dignità di soggetto (della propria liberazione) ai popoli oppressi dalla guerra.

Una volta di più emerge la differenza tra l'essere nonviolenti e genericamente pacifisti. Pacifisti ambiguamente sospesi tra irenismo, voler stare sospesi tra le parti in conflitto, o totalmente schiacciati e un pò ciechi davanti ai torti ed alle atrocità comunque commessi da ciascuna delle parti in conflitto.

In ciò non ci può aiutare la "non-violenza" libresca, degli eruditi che citano a menadito testi e fin anche paragrafi di questo o quel mostro sacro di cui si sono innammorati.
Certamente chi è nonviolento sta nel conflitto e sa che ogni conflitto comporta costi e perdite ed è pronto ad accettare su di sè tale prova, per contribuire all'affermazione di verità e giustizia. Ma quanto siamo piccoli di fronte a tutto ciò.

E' difficile parlare del sacrificio imposto ad altri. Ad altri che non chiedevano altro che vivere. E' difficile confrontarsi con i costi dell'interposizione nonviolenta: è possibile teorizzare e propagandare pratiche i cui costi saranno pagati da altri?

La Nonviolenza non è affare da topi di biblioteca. In Italia, per fortuna, abbiamo visto -da Dolci a L'Abate - figure di ricercatori che hanno saputo unire pratica e teoria, come nel caso del Kossovo, delle iniziative degli scudi umani durante la prima guerra in Iraq, ma anche le iniziative pacifiste nei Balcani da parte di "Beati.."

L'opera di quanti hanno realizzato questi interventi può darci delle risposte al nostro interrogativo sulla coerenza tra teoria e prassi. Ma anche il Kossovo evoca l'impari impegno tra forze di pace ed armati, non può essa stessa essere considerata una campagna vittoriosa. Sin da quella esperienza abbiamo visto i limiti della coesistenza tra intervento militare ed intervento di Pace. Una riflessione va condotta sulla possibilità di una compresenza armati e nonviolenti sullo stesso teatro d'azione.

Ciò mi porta a rivalutare l'importanza del supporto all'autonomia delle società civili dei paesi in conflitto.

Sostenere le realtà di Pace autoctone presenti nelle aree di conflitto. Sostenere in tali ambiti il ruolo delle Religioni, delle Chiese, delle diverse Chiese all'interno della società.

Non pretendendo di insegnare niente a nessuno. Indico -a titolo esemplificativo- la pratica che abbiamo scelto, come Mir di Palermo: il sostegno delle opere per i bambini da parte della Chiesa Cattolica Irakena (iniziative analoghe da parte dell'AVSI).
[analoghe iniziative sono state assunte all'interno dell'IFOR da parte della Catholic peace fellowship, in sostegno dell'ospedale st. Raphael di Baghdad (gestito dalle suore domenicane caldee), oltre alla missione dell'ifor europeo condotta dal mir tedesco, ed all'azione dei CPT - christian peace team.]
Per semplicità (si fa per dire) abbiamo scelto quale contatto il patriarcato latino, per il tramite dell'ordine religioso di appartenenza dell'Arcivescovo di Baghdad (S.E. mons. Sleiman dei carmelitani scalzi).
Una piccola iniziativa di solidarietà che ha visto l'apporto
dell'arcidiocesi di Palermo, dei Frati minori di Messina, dei Padri saveriani di Brescia, delle Chiese battista e cattolica di Albano laziale.

Oggi abbiamo preso contatto con S.E. Mons. Warduni l'arcivescovo Caldeo di Baghdad ( il 70% dei cristiani iracheni sono caldei).

I progetti che riteniamo di assumere (in cooperazione con il centro per la pastorale dei migranti diTorino e con il centro diocesano per la cooperazione missionaria tra le chiese di Palermo) sono un gemellaggio tra i bambini , a partire dallo scambio di disegni ed auguri in occasione delle festività natalizie e pasquali, la realizzazione di 2 mostre di tali lavori
sia a Baghdad che in Italia, il sostegno ai giovani sacerdoti caldei, il sostegno al "Babel college" , un istituto di studi teologici aperto ai cristiani di diversa confessione con pure docenti musulmani. Uno spazio di dialogo in mezzo alla conflagrazione degli odii e delle ostilità.

[Campagne di odio e di ostilità che hanno il loro riflesso anche tra noi in Italia, motivo per cui sottolineo l'importanza dell'attenzione ad iniziative quali la giornata del dialogo islamico cristiano (12 nov.2004) .]

Abbiamo pensato a queste iniziative anche per l'opportunità che ci possono offrire per coinvolgere realtà spesso esterne all'attuale movimento contro la guerra, vittima troppo spesso di ideologismi e di collateralismo partitico.

Le collabborazioni locali che stiamo cercando sono con i gruppi Agesci (scout), con l'Azione Cattolica Ragazzi (che nel suo programma annuale ha sempre il mese ed il giorno della Pace), oltre con alcune realtà di religiosi impegnati per la Pace (vedi ofm, saveriani, carmelitani, altri ).

Ovviamente, molto di più potrà essere fatto a livello ecumenico ed inter-religioso! La nostra idea vuole essere soltanto un piccolo spunto un suggerimento su di una possibile via da percorrere.

Guida in questo approccio è stato l'osservare il ruolo ed il contributo dei diversi patriarcati presenti in medio oriente nell'ambito del conflitto israelo-palestinese. Tali informazioni sono ben descritte nel testo di Luigi Sandri (Luigi Sandri, Città santa e lacerata. Gerusalemme per ebrei, cristiani, musulmani. Editrice Monti, Saronno, 2001, pp.416, 20,66.) , che bene illumina sull'attività di promozione del dialogo tra comunità promosso dalle diverse
chiese cristiane arabe. Un ruolo negato dai mass media e da quanti soffiano sull'odio e la contrapposizione tra le parti, invitando ad impossibili soluzioni che auspicano la prevalenza di una parte sull'altra.

Forse queste esperienze possono contribuire con qualche insegnamento utile.
Come pure qualche insegnamento può venirci dall'opera di Jean ed Hildegard Goss nell'opera di formazione alla nonviolenza svolta in diversi contesti di conflitto in paesi in via di sviluppo: Filippine, Madagascar, e in particolare Congo.

La città di Palermo è gemellata in Congo con la città di Bukavu, nel Sud Kivu nella regione dei grandi laghi, oggi sotto controllo rwandese.

Nelle iniziative di sostegno a queste popolazioni abbiamo avuto riscontro delle iniziative di società civile nel rivendicare giustizia e pace. Ma al tempo stesso sappiamo come agli inizi di tali mobilitazioni – forse non casualmente- abbiamo avuto seminari dei coniugi Goss (cfr. Hildegard Goss Mayr "Come i nemici diventano amici" EMI) Invito inoltre a ricordare alla stessa maniera l'esperienza malgascia con il ruolo de del FFKM ;i consigli delle chiese nel difendere il cambiamento sociale conseguito, e l'esperienza della rivoluzione filippina (cfr. MIR Padova, Il puzzle della nonviolenza, Regione Veneto, 1997, pag 135 ......).

Il filo rosso di tali iniziative vede oggi un ulteriore nodo nell'esperienza delle Comunità di Pace colombiane, sostenute da IFOR e PBI - ma anche da progetti dei domenicani, dei gesuiti e delle chiese mennonite -, nell'opporsi alla violenza della repressione e della guerriglia.

Il limite di tale impostazione è quello di rischiare indebite estrapolazioni da un contesto ad un altro. Ma il confronto con l'esperienza mediorientale (si pensi alle analogie dello scenario libanese degli anni '80 con quello attuale in Iraq, ivi inclusi l'analogia dei diversi attori in causa), forse può esserci di sufficiente aiuto.

Maggiore è il rischio di operare sotto il filtro della propria esperienza, per quanto mi riguarda sotto il filtro delle iniziative contro la mafia da parte della società civile di Palermo, e della precedente esperienza del movimento per la pace e successiva di lavoro in rete con lilliput.

Una soluzione in tal senso può venirci soltanto dal diretto confronto con i diretti interessati (iracheni). Cercando occasioni di incontro e soprattutto di ascolto. Scovando, anche in questo conflitto, quanti -Iracheni- operano per una Pace possibile.

Speciale IRAQ
http://www1.diocesi.torino.it/curia/migranti/Iraq.htm

Ufficio per la pastorale dei migranti TORINO
http://www1.diocesi.torino.it/curia/migranti/

"Nonviolence"
sito del patriarcato latino di Gerusalemme
http://www.lpj.org/Nonviolence/

THE OLIVE BRANCH
http://www.lpj.org/Nonviolence/Raed/Olive/Branches.html

The Middle East Council of Churches
http://www.mecchurches.org/

Palestinian Conflict Resolution Center
http://www.planet.edu/~alaslah/

Bethlehem Peace Center
http://www.peacenter.org/index.html

Churches for Middle East Peace
http://www.cmep.org./

Episcopal Diocese of Jerusalem
http://www.jerusalem.anglican.org/

http://www.couragetorefuse.org/

www.Ifor.org

http://www.catholicpeacefellowship.org/


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www.Riconciliazione.it

"Ma che cosa fa sì che questi "esperti" predichino le loro convinzioni e le chiamino verità?", chiese un visitatore. Il Buddha rispose: "A parte la consapevolezza, non esiste alcuna verità assoluta. Secondo il falso ragionamento, un'opinione è giusta e l'altra sbagliata. E' la predilezione per le proprie care opinioni a far sì che si affermi che chiunque non è d'accordo è destinato a fare una brutta fine. Ma nessun vero cercatore si incaglia in tutto questo. Passa via in pace e va' per la via immacolata, libero da teorie, credi e dogmi".

(Majjhima Nikaya)
www.liberatelapace.it

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