"Famiglia Cristiana" dice sì all'obiezione alle spese militari
FAMIGLIA CRISTIANA SÌ A OBIEZIONE SPESE MILITARI
(AGI) - CdV, 26 gen. - "Famiglia Cristiana" dice sì alla detrazione dalle tasse della somma che lo Stato destina agli armamenti, proposta da "Pax Christi" e dai "Beati Costruttori di Pace". "L'obiezione alle spese militari - scrive il direttore Antonio Sciortino - non può essere liquidata semplicisticamente come trasgressione delle leggi e del bene comune cui ogni cittadino contribuisce con il pagamento delle tasse. Non si può ignorare il valore positivo finalizzato a contrastare la difesa armata e obbligare lo Stato a organizzare vie alternative".
Il settimanale cattolico esalta la testimonianza di don Gianni, parroco pacifista al quale e' stata pignorata l'automobile per avere detratto il 3 per mille dalla sua denuncia dei redditi , in concreto 25 euro. "Non e' un evasore - scrive don Sciortino - ma solo una persona che dichiara interamente il proprio reddito ma deliberatamente e pubblicamente detrae una quota del dovuto, destinando tale somma a iniziative di pace". Del resto, conclude l'articolo, "la potente industria bellica dei paesi ricchi va al di là di un pur ragionevole scopo di difesa ed e' una profonda ingiustizia nei confronti della massa dei poveri e dei diseredati dell'umanità. (AGI) 261255 GEN 05

FAM.CRISTIANA A FAVORE DELL'OBIEZIONE ALLE SPESE MILITARI 26/01/2005
Giusto rifiutarsi di pagare per una difesa armata
Città del Vaticano, 26 gen. (Apcom) - Famiglia Cristiana si pronuncia a favore della detrazione dalle tasse della somma che lo Stato destina agli armamenti. "L'obiezione alle spese militari non può essere liquidata semplicisticamente come trasgressione delle leggi e del bene comune cui ogni cittadino contribuisce con il pagamento delle tasse. Non si può ignorare il valore positivo finalizzato a contrastare la difesa armata e obbligare lo Stato a organizzare vie alternative". Così scrive il direttore del settimanale dei Paolini, don Antonio Sciortino, manifestando solidarietà a quel parroco pacifista - don Gianni - al quale lo Stato tempo fa ha pignorato la sua automobile (vantando un credito di 25 euro) per avere detratto il 3 per mille dalla sua denuncia dei redditi (vale a dire tanto quanto lo Stato destina agli armamenti).
Il settimanale più diffuso nelle parrocchie italiane si spinge a dire che "è contraddittorio affermare che le vie alternative di difesa sono inefficaci se lo Stato organizza solo quelle militari" e che chi sceglie la via dell'obiezione "non è un evasore, ma solo una persona che dichiara interamente il proprio reddito ma deliberatamente e pubblicamente detrae il 5,5 per cento del dovuto, destinando tale somma a iniziative di pace". Quanto alle spese ingenti che vengono destinate a scopi bellici, Famiglia Cristiana non ha dubbi: "la potente industria bellica dei paesi ricchi va al di là di un pur ragionevole scopo di difesa ed è la profonda ingiustizia nei confronti della massa dei poveri e dei diseredati dell'umanità".

Obiezione fiscale/ Famiglia Cristiana: sì all'autodetrazione dalle tasse dei fondi per la Difesa: "Non giudicarla una trasgressione delle leggi, perché ha un valore positivo" 26 gennaio 2005
Famiglia Cristiana dice sì alla detrazione dalle tasse della somma che lo Stato destina agli armamenti. Il settimanale cattolico aderisce quindi alla proposta di "Pax Christi" e dei "Beati Costruttori di Pace". "L'obiezione alle spese militari - scrive il direttore Antonio Sciortino - non può essere liquidata semplicisticamente come trasgressione delle leggi e del bene comune cui ogni cittadino contribuisce con il pagamento delle tasse. Non si può ignorare il valore positivo finalizzato a contrastare la difesa armata e obbligare lo Stato a organizzare vie alternative".
Famiglia Cristiana esalta inoltre la testimonianza di don Gianni, parroco pacifista al quale è stata pignorata l'automobile per avere detratto il 3 per mille dalla sua denuncia dei redditi, in concreto 25 euro. "Non è un evasore - scrive don Sciortino - ma solo una persona che dichiara interamente il proprio reddito ma deliberatamente e pubblicamente detrae una quota del dovuto, destinando tale somma a iniziative di pace".
Del resto, conclude l'articolo, "la potente industria bellica dei Paesi ricchi va al di là di un pur ragionevole scopo di difesa ed è una profonda ingiustizia nei confronti della massa dei poveri e dei diseredati dell'umanità".

UN PARROCO DETRAE DALLE TASSE LA SOMMA CHE LO STATO DESTINA AGLI ARMAMENTI L'OBIEZIONE ALLE SPESE MILITARI
L’obiettore fiscale, però, è pronto a pagare per una difesa non armata. E chiede allo Stato di riconoscere questa scelta di coscienza, come per l’obiezione al servizio militare.
Caro padre, il nostro parroco, che è un convinto pacifista, dieci anni fa, al momento di effettuare la denuncia dei redditi, fece una sorta di obiezione di coscienza, detraendo il tre per mille dalla somma che doveva versare. E che è quanto lo Stato destina agli armamenti. Dopo un po’ di tempo, lo Stato rispose pignorandogli i beni. E poiché lui di suo non possedeva nulla, gli ha sequestrato dei libri che si trovavano nella casa parrocchiale. Il fatto, allora, suscitò scalpore: se ne interessò sia la stampa locale che quella nazionale. Ma presto tutto fin_ nel dimenticatoio, mentre la burocrazia seguitava il suo "subdolo" corso.
Ora, dieci anni dopo, l’Erario vanta un credito di 25 euro nei confronti del nostro don Gianni. E, dato che egli risulta proprietario di una vecchia Fiat Uno, gli hanno posto sotto sequestro l’autovettura, che giace nel bel mezzo della piazza, circondata da cartelli che spiegano il perché sta l_. E ora don Gianni se ne va in giro solo in bicicletta.
A differenza di dieci anni fa, però, non c’è stata alcuna solidarietà, né da parte degli altri preti e neppure dalla Curia. Anche noi parrocchiani, scioccamente, ci siamo limitati solo a sorridere, come quando ci si trova di fronte a una trovata eccentrica: siamo abituati alle prese di posizione controcorrente del nostro parroco, sempre però in piena sintonia col Vangelo.
Gli abbiamo suggerito ogni tipo di scappatoia: pagare noi, ad esempio, questo balzello; oppure comprare una nuova autovettura, intestandola all’anziana madre. Ma lui non ha voluto accettare nessuna soluzione. Vuole affermare il suo sacrosanto diritto al pacifismo. E, in più, desidera suscitare un dibattito e un movimento d’opinione fra quanti si dichiarano cristiani.
Pensi che sui mass media, l’intera vicenda, compresa la lettera di solidarietà di noi parrocchiani, ha trovato come unico riscontro un trafiletto di poche righe su La Voce, organo ufficiale della diocesi di Terni-Narni e Amelia.
Se lo Stato ha trovato con un’apposita legge la soluzione giuridica all’annoso problema dell’obiezione di coscienza contro il servizio militare, convertendolo in servizio civile, perché non trova analoga soluzione a quest’altro tipo di obiezione? Eppure, di servizio civile i parroci ne svolgono abbastanza, sopperendo spesso e volentieri alle carenze assistenziali e umanitarie degli organi statali! Fino a quando durerà questa persecuzione, che lede la libertà di pensiero e di fede religiosa di un’intera comunità?
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L'obiettore fiscale alle spese militari non riconosce la difesa armata, quale unica possibilità di difesa. In concreto, esige che il bilancio pubblico sia diviso in due parti: una per la difesa armata, voluta da una certa quota dei cittadini, e un’altra per organizzare la difesa non armata. Secondo lui – e a ragione – è contraddittorio affermare che le vie alternative di difesa sono inefficaci se lo Stato organizza soltanto quelle militari.
Non è disponibile, pertanto, a pagare per la difesa armata, ma è pronto a pagare per una difesa non armata. Ed esige che tale scelta di coscienza sia riconosciuta come diritto soggettivo e collettivo insieme. Giova ricordare che l’obiettore non è un evasore, dichiara infatti interamente il proprio reddito, ma deliberatamente e pubblicamente detrae il 5,5 per cento del dovuto, destinando tale somma a iniziative di pace.
In Italia, l’obiezione fiscale alle spese militari, a differenza dell’obiezione al servizio militare (legge 772/1972), non è riconosciuta. Rappresenta, pertanto, un atto illegale, per cui l’obiettore si espone a sanzioni amministrative per il recupero, da parte del fisco, della somma versata dal contribuente obiettore. Che potrebbe anche subire una condanna a pene detentive, qualora il gesto si configurasse come "istigazione a disobbedire alle leggi di ordine pubblico".
L’obiezione alle spese militari non può essere liquidata semplicisticamente come trasgressione delle leggi e del bene comune cui ogni cittadino contribuisce con il pagamento delle tasse. Non si può ignorare il valore propositivo finalizzato a contrastare la difesa armata e obbligare lo Stato a organizzare vie alternative.
Si tratta di un’obiezione particolare, che si collega a tutte le altre forme di obiezione a quanto è funzionale e organico all’istituzione della guerra: obiezione alla ricerca per scopo militare, al lavoro nell’industria bellica, al commercio delle armi... L’obiettore è convinto – e non a torto – che non esistono guerre giuste. Esistono, invece, cause giuste da difendere con metodi e strumenti nonviolenti, quali il negoziato, l’arbitrato e la difesa popolare nonviolenta.
Gli obiettori alle spese militari si propongono di pubblicizzare tale scelta nella convinzione di trasmettere all’opinione pubblica un messaggio di alto valore morale e profetico: usare le risorse che lo Stato ricava dalle tasse per preparare la pace anziché la guerra. La potente industria bellica dei Paesi ricchi va al di là di un pur ragionevole scopo di difesa ed è profonda ingiustizia nei confronti della massa dei poveri e dei diseredati dell’umanità.

Spese militari: Famiglia Cristiana istiga all’evasione fiscale
"Famiglia Cristiana" dice si' alla detrazione dalle tasse della somma che lo Stato destina agli armamenti, proposta da "Pax Christi" e dai "Beati Costruttori di Pace".
"L'obiezione alle spese militari - scrive il direttore Antonio Sciortino - non puo' essere liquidata semplicisticamente come trasgressione delle leggi e del bene comune cui ogni cittadino contribuisce con il pagamento delle tasse. Non si puo' ignorare il valore positivo finalizzato a contrastare la difesa armata e obbligare lo Stato a organizzare vie alternative".
Il settimanale cattolico esalta la testimonianza di don Gianni, parroco pacifista al quale e' stata pignorata l'automobile per avere detratto il 3 per mille dalla sua denuncia dei redditi , in concreto 25 euro. "Non e' un evasore - scrive don Sciortino - ma solo una persona che dichiara interamente il proprio reddito ma deliberatamente e pubblicamente detrae una quota del dovuto, destinando tale somma a iniziative di pace". Del resto, conclude l'articolo, "la potente industria bellica dei paesi ricchi va al di la' di un pur ragionevole scopo di difesa ed e' una profonda ingiustizia nei confronti della massa dei poveri e dei diseredati dell'umanità. 26 Gen 2005

I soldi per le bombe e quelli per gli aiuti
Bush vuole altri 100 miliardi di dollari per la guerra. Una cifra che basterebbe per i soccorsi di 50 tsunami
Altri cento miliardi di dollari. Secondo autorevoli fonti è quanto Bush si accinge a chiedere per continuare una guerra che ne sarebbe dovuti costare 50, di miliardi. Invece la brillante operazione in Iraq ne ha già risucchiati quasi 150 e, se il Congresso dovesse approvare il terzo rifinanziamento chiesto dall'attuale amministrazione, la cifra è destinata quasi a raddoppiare. Ma quanti sono 150 miliardi di dollari?
Disastri quotidiani Le immagini dello tsunami hanno sconvolto il mondo e mobilitato la solidarietà internazionale. Peccato però che un numero molto maggiore di esseri umani muoia ogni giorno lontano dalle telecamere, uccisa da emergenze che dalle nostre parti non vengono nemmeno considerate tali. I piccoli tsunami quotidiani si chiamano diarrea, tubercolosi, malaria. Le ragazze muoiono di parto - ancora la prima causa di morte per le donne in età riproduttiva - perché non esistono ospedali attrezzati o semplicemente perché non hanno i soldi per comprare gli antibiotici necessari a debellare le infezioni puerperali. Là fuori, al di là dei confini della nostra ricchezza, si può venire uccisi da un ascesso, dal morbillo, dal tetano, per non parlare dell'Aids che, nell'infierire su corpi devastati dalla denutrizione, in paesi devastati dalla povertà e dai tagli alla sanità pubblica, si trasforma in una pena capitale. Infine si muore di fame: circa 800 milioni di persone sopravvivono a stento delle briciole che cadono dalle nostre ricche tavole imbandite.
"Ogni fucile fabbricato, ogni nave da guerra varata, ogni razzo sparato alla fine è semplicemente un furto a danno di chi ha fame e non viene nutrito, di chi ha freddo e non viene coperto" scrisse il Presidente Eisenhower nel 1953. Secondo il National Priorities Project, centro studi statunitense dedicato a monitorare i costi della guerra irachena, le cifre di questo furto sono presto dette: con i 150 miliardi di dollari spesi per piegare l'Iraq si potrebbero finanziare 6 anni di interventi per debellare la fame nel mondo, 14 anni di terapie anti-retrovirali per arrestare l'epidemia di Aids e si potrebbero vaccinare tutti i bambini del pianeta per ben 49 anni. Se poi si allarga il quadro all'intero ammontare delle spese militari mondiali, che nel 2003 hanno registrato un incremento del 18 per cento rispetto all'anno prima toccando la ragguardevole cifra di 956 miliardi di dollari (417 solo gli Stati Uniti), si può intuire quale cambiamento epocale si potrebbe mettere in moto se tutti questi soldi venissero spesi altrimenti.

Gli obiettivi del Millennio Scambi diseguali, sfruttamento delle risorse naturali, tirannia del debito. Difficile che paesi poveri costretti a pagare 100 milioni di dollari al giorno per debiti pregressi - o semplicemente lievitati per gli interessi e le manovre speculative - possano provvedere all'assistenza sanitaria o alla potabilizzazione dell'acqua. Ma, visto che la politica coloniale basata sulla riscossione del debito, sugli scambi commerciali e sullo sfruttamento delle risorse naturali non si tocca, alle coscienze occidentali viene proposta soltanto una politica degli aiuti mirata a risolvere le più drammatiche e vergognose "emergenze" che affliggono l'umanità.
Fissati nel 1970 dalle Nazioni Unite, gli Obiettivi del millennio si concentrano essenzialmente in tre campi: accesso universale all'acqua potabile, riduzione di due terzi della mortalità infantile e educazione primaria universale. Per risolvere entro il 2015 queste tre priorità, e dimezzare di fatto la povertà mondiale, le Nazioni Unite hanno calcolato che basterebbe un investimento dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo dei paesi più ricchi i quali, versando questa modica cifra, sono chiamati a compensare in qualche modo lo sfruttamento secolare e spietato di cui è stato fatto oggetto il Terzo mondo, e che notoriamente continua indisturbato.
All'epoca, la proposta dello 0,7 per cento venne criticata perché considerata al ribasso. In fondo, si disse allora, i soli Stati Uniti investirono nel piano Marshall il 2 per cento del loro Pil, perché allora non pretendere di più? E' quanto propongono il cantante degli U2, Bono, e il fondatore della Microsoft, Bill Gates, in un appello pubblicato dal Corriere della sera, nel quale chiedono ai leader dei paesi sviluppati di impegnarsi nel 2005 a "raddoppiare la quota effettiva di assistenza all'estero", a cancellare il debito dei paesi poveri, a cambiare le leggi sul commercio e a "finanziare il fondo globale contro l'Aids". Difficile però che qualcuno possa dargli ascolto considerando che, negli ultimi anni, la generosità occidentale sembra avere ridotto di molto la sua portata. In realtà pochissimi paesi hanno devoluto lo 0,7 per cento promesso e anzi, mentre la disparità fra ricchi e poveri andava aumentando in modo esponenziale, così come le spese militari mondiali, gli aiuti allo sviluppo venivano ridotti scandalosamente. Come sottolinea Oxfam in un recente rapporto, dopo trentaquattro anni dall'accordo sugli aiuti allo sviluppo "nessuno dei paesi del G8 ha mantenuto gli impegni, e alcuni non hanno nemmeno fissato il calendario". Fra questi spiccano gli Stati Uniti che "nel 2003 hanno devoluto agli aiuti soltanto lo 0,14 per cento del Pil, un terzo di quanto spendono in Iraq".
Di nuovo, il paragone fra le spese militari e gli aiuti necessari per raggiungere gli Obiettivi del millennio è illuminante. Secondo gli Economists Allied for Arms Reduction (Economisti alleati per la riduzione delle armi - www. ecaar. org) basterebbe destinare il 10 per cento delle spese militari mondiali annue agli aiuti, o il 20 per cento di quelle statunitensi, per finanziare l'intero piano stilato dalle Nazioni Unite per conseguire gli Obiettivi del millennio, costo totale dell'operazione 760 miliardi di dollari. Tanto per essere chiari: ogni anno vengono spesi 956 miliardi di dollari per comprare armamenti vari quando ne basterebbero 750, distribuiti nell'arco di dieci anni, per dimezzare la povertà più estrema e garantire a tutti i cittadini del mondo la soddisfazione dei bisogni di base assicurati ai cittadini dell'opulento Occidente: acqua potabile per tutti (210 miliardi di dollari), riduzione della mortalità infantile (250 miliardi) e alfabetizzazione (300 miliardi). Se i soldi dei contribuenti non venissero utilizzati per pagare le bombe e i lauti stipendi dei nuovi mercenari, non ci sarebbe certo bisogno di una colletta globale per affrontare l'ennesimo disastro.
Sabina Morandi Liberazione

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