PROCESSO D'APPELLO PER IL BLOCCO DEL "TRENO DELLA MORTE"

DICHIARAZIONE DI MAO VALPIANA *
imputato al processo in Corte d'Appello
Venezia, 24 febbraio 2005


Giovedì mattina, 24 febbraio 2005, alle ore 11, mi presenterò al banco
degli imputati della Corte d'Appello di Venezia, insieme ad altri amici
della nonviolenza. Lo farò con animo assolutamente sereno, e forse anche
con un pizzico di orgoglio. Quattordici anni fa, nel febbraio del 1991,
nella stazione di Balconi di Pescantina, pochi chilometri a nord di
Verona, decidemmo di realizzare un'azione diretta nonviolenta, per fermare
un treno che trasportava armi e carri armati dalla Germania al porto di
Livorno, poi diretti in Arabia, per la guerra del Golfo. L'azione fu
preparata nei minimi dettagli, con serietà e consapevolezza dei rischi cui
andavamo incontro, ma persuasi della giustezza di ciò che andavamo a
compiere. Con quell'azione eravamo coscienti di non poter fermare la
guerra; ma ritardare, anche solo di un'ora, il passaggio di quel treno,
aveva un significato, semplice e grande insieme: ognuno ha il potere di
fare qualcosa contro la preparazione bellica. Il primo passo è quello di
dire no, non collaborare, obiettare, boicottare, resistere, togliere
consenso al meccanismo infernale che prepara e realizza la guerra, che è
morte e distruzione. Quella fredda sera eravamo sui binari solo con un
megafono, una fiaccola, uno striscione, e il treno della morte si è
fermato. Straordinaria rappresentazione! Da una parte pochi amici della
nonviolenza, forti solo della propria persuasione, dall'altra un treno
carico di armi micidiali, che si ferma e diventa impotente. Gli amici
della nonviolenza invocano l'articolo 11 della Costituzione "L'Italia
ripudia la guerra", e lo Stato manda la polizia a fermarli, arrestarli,
denunciarli. E il treno riparte, verso la sua meta di orrore. L'ordine
delle cose viene capovolto.
Alla polizia che ci trascinò via dai binari non abbiamo opposto
resistenza, perché il conflitto che volevamo drammatizzare non era quello
con le forze dell'ordine, ma quello con gli eserciti e le loro armi,
strumenti istituzionali per realizzare la guerra.
Ma la nonviolenza è fiduciosa e non si stanca di ricercare la verità. Con
questo spirito affrontammo il processo in primo grado, a Verona, nel
gennaio del 1997. Chiedevamo allo Stato di riconoscere la legittimità del
nostro agire. Non ci sentivamo imputati, perché non avevamo violato, ma
solo obbedito alle leggi: la legge suprema della nostra coscienza "Non
uccidere", e la legge suprema della Repubblica "Ripudia la guerra". Grazie
al lavoro generoso dei nostri avvocati (Canestrini, Corticelli, Ramadori,
Chirco) e alle testimonianze morali di Padre Cavagna ("la guerra è
immorale") e di Antonio Papisca ("la guerra è illegittima"), il Giudice ha
emesso una sentenza di assoluzione. Una bella sentenza, coraggiosa,
meritevole di essere letta nelle scuole. Il Pubblico Ministero, che aveva
chiesto una condanna ad otto mesi di reclusione, fece ricorso in Appello.
Ed oggi, a 14 anni dal fatto, la giustizia prosegue il suo corso. Anche
questa volta il significato simbolico sarà straordinario. La guerra in
Iraq c'è ancora, con il suo carico di morte e sofferenza sempre più
micidiale, e il nostro paese è partecipe e direttamente coinvolto in
quell'orrore, in violazione della legalità internazionale e
costituzionale. Per questo me ne starò seduto al banco degli imputati con
orgoglio. Orgoglioso di essere stato, quella fredda sera di 14 anni fa, un
cittadino obbediente alla Costituzione che ripudia la guerra. Orgoglioso
di far parte del Movimento Nonviolento. Alla domanda di rito: "l'imputato
ha qualcosa da dire?" risponderò che non mi sento imputato di nulla, che
ho fatto solo ciò che in coscienza sentivo di fare, che se l'occasione mi
si ripresentasse lo rifarei, perché è nostro dovere opporci alla guerra,
che è morte, con la nonviolenza, che è vita. Dai Giudici, che hanno
giurato fedeltà alla Costituzione che ripudia la guerra, ci aspettiamo una
sentenza di assoluzione e una parola di condanna per la guerra.

* Mao Valpiana
(Direttore di "Azione nonviolenta", rivista mensile del Movimento
Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964)
Verona

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