Tratto da La Nonviolenza e' in Cammino
Diana Napoli Intervista Michele Boato


Ringraziamo Diana Napoli (per contatti: e-mail: mir.brescia@libero.it,
sito: www.storiedellastoria.it) e Michele Boato
(per contatti: micheleboato@tin.it)
per questa conversazione, svoltasi a Mestre il 19 febbraio 2008.


Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano,
insegna nei licei, e' volontaria presso il Centro per la nonviolenza di
Brescia, cura un sito di studi storici.


Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la
nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da
sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di
numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica
rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander
Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera
e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel
1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare
importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne
nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre,
contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna
"Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Con Mao
Valpiana e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa
possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da
cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008. E' una delle
figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha
saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante
atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone
dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse
pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio:
Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a
scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe
annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri"
ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre
magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con
Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri)]


- Diana Napoli: Da diversi giorni e' al centro dell'attenzione un documento
in cui si parla della possibilita' di costituire liste nonviolente alle
prossime elezioni. Elezioni amministrative, politiche?
- Michele Boato: Questo documento e' partito da un'area ecologista e poi si
e' allargato al mondo nonviolento. E' nato un anno fa, a Firenze, quando ci
siamo incontrati, circa una sessantina di persone, tutte piu' o meno del
mondo ecologista, con venature nonviolente ma non prevalenti (certo c'era
Mao Valpiana, l'incontro e' stato reso noto sul sito del Movimento
Nonviolento, ma non era nato con una connotazione specificamente
nonviolenta), a partire da una proposta che avevo fatto, di riflettere su
come contare di piu' rispetto alla politica, al di la' delle elezioni.
C'erano sul tappeto dei "modelli", delle ipotesi, sempre suffragate da
esempi in modo che si capisse che erano ipotesi vere e non cervellotiche,
sostanzialmente di tre tipi. Il primo modello era quello che prevedeva di
restare totalmente estranei e quindi influire sulla politica solo come
movimento, come lobby, come pressione e controllo sugli eletti; questa era
l'ipotesi prevalente nel mondo ecologista "ruspante", quello dei comitati,
per cui si fanno le lotte (contro l'inceneritore, l'elettrosmog, il passante
autostradale, la Tav) e si lascia ai parlamentari o consiglieri il compito
di sostenere i nostri obiettivi nelle loro istituzioni.
*
- Diana Napoli: Quindi battaglie a livello locale...
- Michele Boato: Si', locali, ma che hanno anche delle reti nazionali, anche
se di settore. Comunque, questo modello, prevede un rapporto non dico di
contrapposizione, ma di forte alterita' verso le istituzioni, per cui si
organizzano dei gruppi di pressione allo scopo di convincere chi nelle
istituzioni invece ci sta. Il secondo modello e' quello che prevede di
entrare in politica ma solo a livello di liste civiche (quindi
sostanzialmente locale, perche' una lista civica e' difficile vederla a
livello nazionale). L'idea e' quindi quella di costituire una lista quando
serve e non necessariamente o dappertutto, ma delle liste che abbiano degli
scopi precisi; per cui, per esempio, se c'e' il problema dell'inceneritore
si puo' fare una lista, poi si puo' anche eleggere il sindaco come e'
successo a Montebelluna, qui in Veneto, con Laura Puppato che poi e' stata
assurta da Grillo a simbolo positivo di politici di movimento, che restano
legati al popolo etc. Naturalmente non e' l'unico esempio, ci sono decine di
liste che si sono presentate (e sono nate) su battaglie specifiche; alcune
sono nate morte, altre, come a Sernaglia della Battaglia (Tv), hanno lottato
contro le discariche e avuto un grande risultato elettorale eleggendo alla
seconda tornata di elezioni il sindaco e la maggioranza; molte di queste
liste hanno avviato e poi praticato le raccolte differenziate piu' spinte,
che hanno cambiato il volto del Paese... insomma, liste civiche che sono
rimaste civiche, non legate necessariamente a nessun partito (magari con dei
riferimenti politici personali, non collettivi), che sono durate nel tempo e
che durano ancora: il sindaco di Breganze, il sindaco di Sernaglia (comune
che fa la piu' alta raccolta differenziata d'Italia). Una cosa simile e'
successa anche a Taranto qualche mese fa: ha vinto, in questa citta', un
sindaco che era fuori dai partiti; ha vinto, e nessuno lo ha sottolineato
abbastanza, andando al ballottaggio col candidato del centrosinistra, col
70% e sta governando mettendo in campo degli elementi di democrazia diretta interessanti. Questo per dire che una lista civica puo' essere anche un
progetto non necessariamente limitato al "paesino". La terza ipotesi e'
quella per cui si decide di entrare in politica a livello nazionale,
entrando magari in qualche partito. O entrando come singoli nei partiti
diversi ma restando collegati portando avanti la stessa tematica (cosa che
fecero in passato i radicali quando elessero in diversi partiti dei loro
esponenti che pero' poi in realta' si persero diventando del partito nel
quale erano stati eletti), o scegliendo in particolare un partito, o al
massimo due, e su questo fare leva.
*
- Diana Napoli: Ma si tratterebbe, in questa terza ipotesi, di una
candidatura di indipendenti in un partito o sarebbe un'alleanza tra un
gruppo, che ha anche un proprio simbolo che si vede, e un partito?
- Michele Boato: Puo' trovare delle forme diverse: o singoli indipendenti
sostenuti dal movimento o una corrente addirittura, cosa che ha tentato
Realacci nella Margherita anche se poi il suo ambientalismo si e' perso per
strada, come quello di Rutelli... Comunque tutto questo discorso dev'essere
riportato, con la discussione che ne segui', all'anno scorso. Si e' trattato
di una discussione molto partecipata, con 70-80 interventi (soprattutto del
centro-nord, pochissimi sono intervenuti dal sud) in cui quasi tutti avevamo
scartato la terza ipotesi (e questo nonostante molti degli intervenuti
provenissero dai partiti, in particolare della sinistra, o forse proprio per
questo, perche' in quel contesto non ci volevano piu' stare). Ma quasi tutti
avevamo scartato anche la prima ipotesi (stare totalmente fuori dalla
politica), quindi prevaleva di fatto un'ipotesi intermedia che pero' non
aveva un aspetto organizzativo. Era un'idea. A questa discussione, poi, si
e' sovrapposta questa crisi politica improvvisa, assolutamente non prevista;
infatti ci dicevamo che, una volta tanto, potevamo discutere con calma,
senza elezioni alle porte. Comunque ci eravamo dati dei compiti: qualcuno
doveva abbozzare dei punti programmatici che potessero essere fondamentali
per tutti, partendo dalle iniziative che si fanno; qualcun altro doveva
portare delle indicazioni concrete di metodo, organizzative, in maniera tale
che non si riproponesse, di nuovo e anche senza volerlo, il vecchio modello
di partito. E poi pensavamo di rivederci con calma anche in relazione alle
elezioni amministrative; per esempio a Vicenza vedere gli sviluppi del "No
Dal Molin", una lista civica per Treviso col problema dell'inceneritore e
del razzismo del sindaco... Invece c'e' stato il precipitare della crisi
politica e a questo punto Peppe Sini ha chiesto di rilanciare la
discussione. Peppe non era stato attivo nella discussione precedente, nel
senso che, pur sapendo dell'incontro, pur avendo inviato una proposta al
congresso del Movimento Nonviolento con l'indicazione di costituire liste
della nonviolenza, non era entrato direttamente nella discussione. Inoltre,
al congresso del Movimento Nonviolento, la sua proposta era rimasta
minoritaria, anzi la riflessione della commissione politica non ha neppure
toccato il tema della presentazione di liste ad eventuali elezioni. Pero',
dopo questa crisi, mi e' stato chiesto di rilanciare il dibattito e allora
ho presentato questo documento, di cui parlavi all'inizio. Mao Valpiana lo
ha poi rivisto in chiave nonviolenta e Giusi Di Rienzo in chiave femminista,
senza pero' apportare sostanziali modifiche alla stesura iniziale che
postulava, in piu' rispetto alla discussione di Firenze, l'idea di un
ingresso in politica a livello nazionale (cosa che appunto, fino a quel
momento, era stata messa da parte), con un invito: discutiamone. Negli
interventi finora arrivati si capisce che per molti sarebbe bella come
iniziativa, ma e' vista come un'ipotesi ben lungi dall'essere praticabile.
Bisogna raccogliere le firme, bisogna raggiungere il quorum del 4% a livello
nazionale: forse questo dato potrebbe essere raggiunto in qualche citta' ma
a livello nazionale assolutamente no, almeno per come siamo noi. Al senato
il quorum e' regionale ma dell'8%. Neanche i verdi piu' verdi del Sud-Tirolo
sono mai arrivati all'8%, e qui in Veneto, nei momenti migliori, nel 1990,
siamo arrivati al 7 e dopo allora mai piu': siamo stati eletti consiglieri
regionali io a Venezia, Mao Valpiana a Verona, Francesco Bortolotto a
Vicenza e Ivo Rossi a Padova, ma e' stato proprio un apice, ora i Verdi sono
all'uno, uno e mezzo per cento. Comunque e' da sottolineare che in questa
ipotesi di accordo o comunque che prevede di fare leva sui partiti nessuno
ha mai parlato dei Verdi: la loro crisi e' talmente totale che quando si
dice di far leva su qualche partito nazionale tutti pensano a Rifondazione,
al massimo qualcuno diceva i Ds.
*
- Diana Napoli: Ma anche i Verdi erano nati con una dinamica tipo questa,
l'Arcipelago Verde...
- Michele Boato: Si', l'Arcipelago che convocavo a Bologna, per oltre tre
anni, dall'81 all'83-'84: ogni tre mesi si tenevano queste riunioni che
erano veramente di arcipelago: Amici della bicicletta, Lega per il Disarmo
Unilaterale, Universita' verde (qui a Mestre c'era, dall'81, la prima di un
centinaio di Universita' verdi nate poi in tutta Italia, organizzata dalla
rivista "Smog e dintorni", diventata nell'85 "Tam Tam verde" e nel 2000
"Gaia" con la sorella minore "Tera e Aqua")... Insomma isole che si
incontravano finche', nel 1984, decidemmo di provare. Gia' l'anno precedente
in qualche situazione si erano presentate delle Liste Verdi: Ancona, Trento,
Viadana in provincia di Mantova, Monza e in pochissimi altri posti; andarono
abbastanza bene e furono eletti dei consiglieri. Per cui nel 1984 pensammo
di presentare delle Liste verdi nelle elezioni regionali e provinciali
dell'anno seguente. Mi ricordo che convocammo due assemblee a Firenze dove tenemmo le relazioni introduttive Alex Langer, io e Anna Donati, cercando di non farci imbrigliare: da Pannella che tendeva, anche involontariamente, a soffocarci; da quelli della Legambiente (Pci), Wwf e Italia Nostra, che queste cose le volevano fare e controllare con le loro segreterie nazionali a Roma...
Ma l'Arcipelago non si fece imbrigliare, perche' con le liste
regionali la cosa nasceva abbastanza dal basso, da comitati e associazioni
(a parte una lista inventata da Pannella nel Lazio, con Primo Mastrantoni
verde-radicale) e una in Campania (Pecoraro Scanio viene da qui). Poi,
ahime', quando ci furono le elezioni politiche del 1987, la cosa si fece
piu' irreggimentata. All'inizio riuscimmo ancora a tenere viva una certa
dinamica, vennero eletti 13 deputati; io erano uno di quei tredici e tenni
aperta una posizione molto movimentista per un paio d'anni. Poi non ce la
feci piu', diedi le dimissioni (feci la rotazione anticipata rispetto a
quella che si doveva fare a meta' mandato, la feci dopo un anno e mezzo,
sono rimasto l'unico ad averla fatta e questa e' una vergogna dei Verdi). Al
mio posto subentro' Alessandra Cecchetto, una ginecologa che fece si' che,
per la prima e unica volta in Italia, un gruppo parlamentare avesse una
maggioranza di donne (7 su 13). Poi da quel momento si creo' la
"Federazione", che divento' presto un partitino, sempre piu' chiuso, con
sempre piu' la conta e il mercato delle tessere... Dal 1990 abbiamo
costituito nel Veneto una specie di isola felice, diventammo molto
isolazionisti; poi pero' siamo rimasti sempre piu' schiacciati e cosi' nel
2000 siamo usciti dai Verdi (sia io che Mao Valpiana, Bortolotto, Rossi, ma
anche Gianni Tamino, Alessandra Cecchetto, Cristina Romieri, che e' stata
tra le fondatrici dell'Associazione Vegetariana con Capitini, Toio de
Savorgnani di Mountain Wilderness ecc. ecc.). Siamo usciti, perche' i Verdi
erano diventati (e sono) un partito di tessere che qui nel Veneto sono state
pilotate dai centri sociali. Dal 2000 i Verdi sono il partito di Bettin,
Caccia, Casarini che per l'occasione s'e' iscritto ai verdi; di persone,
cioe', che con l'ambientalismo non hanno nulla a che fare e infatti hanno
creato anche tutta una serie di modi di dire che segnano il cambiamento:
"piu' rosso che verdi, rosso-verdi, non solo verdi"... Questi sono tutti
modi per dire che dell'ecologismo non gliene importa niente e ancor meno
della nonviolenza che si', si utilizza, ma fino a un certo punto, poi, come
a Genova e in cento altre occasioni, "quando ci vuole ci vuole" e
insulsaggini di questo tipo.
*
- Diana Napoli: Pero', nonostante questa esperienza, l'idea ti ritenta.
- Michele Boato: Mi ritenta anche perche' ormai siamo vaccinati e quindi il
metodo e le regole le consideriamo importantissime, preliminari a tutto:
mezzi e fini coincidono. Abbiamo chiesto a tutti di proporre delle regole
che si possano far sottoscrivere ai candidati alle elezioni (per esempio
c'e' una proposta, utile per discutere anche se non tutta condivisibile, di
Lino Balza di Medicina Democratica di Alessandria); in queste regole
dev'esserci, ovviamente, il principio della nonviolenza assoluta. Mi
ricordo, per fare un esempio, che esponenti dei centri sociali del Nord Est,
entrati nei Verdi, al contro-summit dei ministri europei, qualche anno fa a
Riva del Garda, hanno mandato all'aria un'enorme iniziativa, perche' hanno
sfasciato un distributore di benzina e i mass-media hanno parlato solo di
loro. La mattina, oltre ai dibattiti, c'era stata una bellissima
manifestazione con le canoe e i palloncini, che e' scomparsa dai giornali
perche' gli amici di Casarini e Agnoletto hanno distrutto un distributore di
benzina a mezzogiorno; questi sono gli stessi di Genova, quelli cioe' che
continuano a parlare di Genova come di una grande vittoria invece di parlare
del suicidio del movimento di Seattle, che hanno scientificamente
organizzato. La nonviolenza deve essere un a priori e le scelte devono
essere chiare. L'esperienza di far politica in prima persona mi ritenta,
anche se non penso sia un'ipotesi valida in questo momento. Io la sto
mettendo sul tappeto perche' me lo ha chiesto Peppe Sini, ma anche perche'
penso che potrebbe essere valida in un prossimo futuro.
*
- Diana Napoli: Non credi che pero' ci sia il rischio che questa proposta
sia destinata all'opposizione? Che, realisticamente, una formazione del
genere possa stare solo all'opposizione?
- Michele Boato: Ma questo non e' un problema: essere all'opposizione o in
maggioranza e' assolutamente secondario - io ho fatto molta politica, sono
stato anche consigliere regionale - perche' tu dall'opposizione puoi
benissimo guidare il governo. Se sei legato a movimenti popolari e metti in
piedi battaglie popolari, il governo lo condizioni. Se stai in maggioranza,
invece, metti le tue condizioni e ci stai alle tue condizioni.
*
- Diana Napoli: Ma, rebus sic stantibus, sono improbabili le possibilita'.
- Michele Boato: Non importa. Se hanno bisogno proprio di due voti ecco che
le tue condizioni sono importanti, se invece non ne hanno bisogno, le tue
condizioni sono superflue e questo succede spesso. Per cui l'importante e'
avere le idee chiare, sapere quali sono i problemi e sapere a quali livelli
diversi sono risolvibili: questi sono risolvibili a livello parlamentare,
questi a livello regionale, questi comunale eccetera. E' quasi inutile fare
una battaglia in consiglio comunale contro la guerra in Afghanistan, perche'
serve a molto poco che il comune si schieri, prenda posizione. Si tratta del
comune tal dei tali e non del Parlamento europeo. Se sei nel Parlamento
europeo o nel Parlamento italiano, allora si', quella e' una battaglia
fondamentale; ma se sei in Comune devi dire qualcosa sugli aspetti su cui il
Comune ha competenza e cosi' per quanto riguarda la Regione, eccetera. Il
livello deve essere quello giusto. Se si hanno le idee chiare e chiaro il
livello, allora e' necessario avere, a quel punto, un ottimo rapporto con i
movimenti e con la rete. Bisogna essere un nodo della rete e non qualcuno
che sta al di sopra di essa e con cui i movimenti si rapportano quando ne
hanno bisogno. Un progetto di questo genere necessita di questo stretto
rapporto nella rete, superando la separazione tra movimento e istituzioni.
Infine, gli input vengono si' dal basso, dai movimenti, certamente, ma anche
da chi sta nelle istituzioni, che puo' dare una seria mano ai movimenti,
perche' sa, dall'interno delle istituzioni, quali pertugi si possono aprire
per vincere certe battaglie. Esempio: il coordinamento Rifiuti Zero di
Treviso e Venezia lottava contro la proposta di due inceneritori e pensava
di perderla, perche' tutto il mondo era contro di loro. Invece questa
battaglia l'abbiamo vinta perche' siamo riusciti a trovare un grimaldello
dentro le istituzioni (alcuni consiglieri che erano contrari). Questo
grimaldello non era a priori a favore di qualcuno o contro qualcun altro e
su questo, a mio parere, sbaglia chi chiede una lista "di sinistra" punto e
basta. Di questi consiglieri-grimandello, uno era dei Comunisti italiani e
uno era della Lega. Naturalmente si sarebbe portati a pensare: "impossibile
avere rapporti con la Lega!", ma in questo caso i consiglieri della Lega
erano come noi, contro gli inceneritori. Questi consiglieri regionali hanno
proposto due mozioni diverse ma che si sostenevano a vicenda: una era
specifica contro i due inceneritori proposti da Unindustria in provincia di
Treviso, l'altra proponeva una moratoria generale degli inceneritori in
Veneto. Cosi', sommando - e non dividendo - i voti della parte del
centrodestra che stava con la Lega e del centrosinistra (quasi tutto) che
appoggiava la mozione del consigliere dei Comunisti italiani, ecco che si e'
fatta una maggioranza trasversale in consiglio: le due mozioni sono state
votate a larga maggioranza e si sono bloccati i due inceneritori.
*
- Diana Napoli: E cosa hanno fatto al posto degli inceneritori?
- Michele Boato: Non li hanno fatti e basta: la raccolta differenziata in
provincia di Treviso e' la piu' alta a livello nazionale, siamo circa al
70%, non c'era alcun bisogno di inceneritori. Da un certo punto di vista era
una battaglia facile, eppure a volte anche le battaglie facili si perdono,
basta vedere in giro per l'Italia quanti inceneritori hanno fatto. In
Lombardia, per esempio, e Brescia e' il cuore di questo business criminale,
ma anche in province in cui si faceva la raccolta differenziata meglio e
piu' di Brescia e dove di inceneritori non c'era bisogno: sono riusciti a
costruirne uno anche a Bergamo, a Dalmine, dove c'e' una raccolta
differenziata tra le piu' alte d'Italia. Treviso, quindi, era una battaglia
relativamente facile eppure sembrava impossibile vincerla, perche' in
Regione c'e' la giunta di centrodestra, amica degli industriali, eccetera. e
invece... Quindi, piu' che dire una lista "di sinistra e nonviolenta", direi
"ecologista e nonviolenta". "Di sinistra", oggi in Italia, non vuol dire
quasi piu' niente. Il programma di Veltroni e' identico a quello di
Berlusconi che si incavola perche' dice che glielo ha copiato ed e' vero!
Sono uguali! Il primo punto di Veltroni e' sulle opere pubbliche:
rigassificatori, Tav, inceneritori... ma siamo impazziti, e questa cos'e'?
Quindi questa cosa che dovrebbe essere la sinistra e' acqua fresca, non c'e'
piu'. Poi vai a vedere un po' piu' a sinistra e qui si trovano tutte le
questioni del lavoro, pero' gia' quando parli di problemi un po' scottanti
come l'inquinamento della chimica ecco che anche "la piu' a sinistra della
sinistra" comincia ad avere problemi, perche' contrappone difesa dei posti
di lavoro e inquinamento e parteggia per il primo dei due termini. Senza
contare la disattenzione piu' totale per tante questioni tipo l'elettrosmog
o la ferrovia di cui, nei fatti, se ne strafregano. Percio': idee chiare,
rapporto col movimento e poi essere trasversali: in politica non si puo'
dare per scontato assolutamente niente prima di averlo tentato. Io sono
stato parlamentare solo per un anno e mezzo, pero' in quei pochi mesi ho
ottenuto due vittorie forti, e una delle due nessuno se la sognava: la prima
tassa ecologica in Italia, le famose cento lire sui sacchetti di plastica.
Ho presentato prima l'emendamento in commissione ambiente, dove sono stato seguito da Chicco Testa del Pci, da Ronchi di Dp e poi anche dai radicalicon Rutelli. Poteva sembrare e rimanere una nicchia, la solita iniziativa
della sinistra, e invece no. Ho lavorato con due amici miei dell'area di
governo, che sapevo essere d'accordo (uno era stato il sindaco Dc di Padova,
Gottardo, l'altro era un repubblicano della Romagna, De Angelis), cosi'
quando questo emendamento e' arrivato in aula, dove quasi sicuramente
sarebbe stato bocciato, ha ottenuto il loro aperto appoggio. Mi ricordo le
parole di Gottardo: "si ricordi che chi vota contro questo emendamento e' un
amico dei plasticari, un nemico dell'ambiente", insomma una frase
fortissima, addirittura brutale nel modo in cui venne pronunciata, e alla
fine l'emendamento e' passato, ottenendo anche l'appoggio del ministro
dell'Ambiente Ruffolo (socialista ma moderatamente ambientalista, che
scriveva sull'"Espresso" - ancora oggi - cose interessanti su economia e
ecologia). In pratica e' partita da me, fuori dalla maggioranza, una
iniziativa "utopistica", che, lavorando su tutto lo schieramento politico,
e' diventata legge dello Stato, cosa che non era assolutamente prevedibile.
Quando uno lavora nelle istituzioni non e' che deve fare i compromessi,
questo non era un compromesso: ma deve trovare le alleanze sui singoli
progetti (che puo' essere Stop alla guerra in Afghanistan piuttosto che la
tassa sui rifiuti). L'altra cosa fatta nella mia fuggitiva esperienza
parlamentare, con la stessa logica, e' stata togliere il fosforo dai
detersivi. Allora c'era l'eutrofizzazione del mare Adriatico a causa del
troppo fosforo che arrivava dall'agricoltura e dai detersivi. Siccome era
una impresa lunghissima e difficilissima togliere il fosforo dei
fertilizzanti, abbiamo studiato che gia' togliendolo dai detersivi si creava
un gap in grado di bloccare questo processo di eutrofizzazione. Allora
abbiamo fatto una proposta per cui il fosforo nei detersivi non poteva
superare l'un per cento (all'epoca era, a seconda del detersivo "piu' bianco
del bianco", dal 3 al 7%): questo aveva scatenato una campagna di stampa dei
produttori di detersivi e di lavatrici che minacciavano chissa' quali
fallimenti e problemi (le lavatrici non avrebbero piu' funzionato, ci
sarebbero voluti piu' soldi per fare il bucato...). Per contro pero' c'era
una fortissima iniziativa di noi ambientalisti, alleati con gli albergatori
della riviera adriatica (che rischiavano il fallimento perche' i giornali
tedeschi invitavano a non andare piu' in Italia col mare pieno di alghe) che
venivano con noi a Roma a fare le manifestazioni davanti al Parlamento. Per
cui presentiamo una mozione per il fosforo nei detersivi all'un per cento, e
passa, anche questa, con l'appoggio del ministro dell'ambiente. Poi pero'
abbiamo dovuto denunciare il ministro dell'industria Donat Cattin che non si
decideva a firmare il decreto attuativo (il ministro dell'industria e'
sempre amico dell'industria, anche Bersani lo era, pur essendo dei Ds),
perche' diceva, d'accordo anche con i sindacati, che sarebbero stati
licenziati moltissimi operai, ci sarebbero state gravi ripercussioni per
l'economia, eccetera. Poi pero', di fronte alla nostra denuncia alla
magistratura, alla fine ha firmato e l'eutrofizzazione del mar Adriatico e'
finita, si e' bloccata nell'89, non c'e' piu' stata: anche se ci sono dei
momenti in cui ci sono delle alghe, non e' quel disastro. Questo vuol dire
che non e' necessario sempre essere nella maggioranza. E non e' cosi'
importante quanti vanno in Parlamento, ma che ci vadano quelli che sono in
grado di agire. Non e' che in Parlamento ci si puo' mandare chiunque, non
bisogna fare del populismo per cui basta dichiarare che bisogna cambiare, e
far si' che il signor nessuno vada in Parlamento. Certo, va bene che ci
vadano dei giovani, le donne, non i soliti affaristi; ma devono essere
persone nuove e preparate, con una serie di qualita' da testare prima.
Bisogna che abbiano alle spalle delle lotte, non persone che blaterano e
basta, chiacchieroni, ma che abbiano una capacita' di lavoro, che siano in
grado di collaborare con i movimenti e possibilmente che abbiano (o siano in
grado di farsi) delle competenze specifiche, perche' non si puo' fare gli
onniscienti a 360 gradi, non si puo' parlare di pubblicita', di televisione,
di militare e di ecologia, di scuola, di tutto. Ovviamente ognuno deve saper
seguire tutto cum grano salis, ma siccome deve lavorare nelle istituzioni,
occorre che abbia dei campi specifici di conoscenze, nei quali sia in grado
di muoversi. Nelle istituzioni si deve andare in punta di piedi, farsi molti
amici e poi non discriminare a priori nessuno, avere le idee chiare, saper
fin dove si puo' arrivare, dove ci si deve fermare. Ovviamente si puo'
sbagliare, mica uno e' infallibile, ma si sbaglia andando in una direzione.
Magari si poteva arrivare al 70 e tu hai fatto solo il 60, ma hai fatto
comunque il 60% della strada, non zero. Invece ci sono quelli che vanno
nelle istituzioni, fanno i duri e i puri, alzano le bandierine e dicono:
"ah, ma io l'ho presentata la proposta di legge", sapendo dentro di se' che
tanto la bocceranno. Significa, questo atteggiamento, non aver capito
niente, fare le cose solo per mostrarsi, mentre nelle istituzioni si va per
portare delle cose a termine, in fondo: non si presentato cento proposte di
legge una piu' bella dell'altra sapendo che poi tanto nessuna verra' presa
in considerazione; se ne presenta una, due, tre, anche dieci, ma le prepari,
le segui, crei le alleanze, e le proposte devono essere quelle giuste.
L'andare nelle istituzioni comporta avere queste qualita'. Non tutti possono
averle tutte: qualcuno puo' avere piu' i rapporti col movimento, qualcuno
puo' avere piu' la capacita' di scrivere le leggi all'istante e nella forma
giusta, qualcuno puo' essere piu' in grado di stringere relazioni
istituzionali, ma nel complesso questi elementi sono necessari. Mi ricordo
che una volta, sempre quando ero in Parlamento, mi sono trovato una sera a
cena al tavolo solo con Formigoni e abbiamo parlato per due ore: ora lui era
un democristiano integralista, io ero per lui il demonio e anche lui poteva
essere per me il demonio, invece ci siamo detti un sacco di cose utilissime
in quel momento proprio su quelle battaglie di cui dicevo prima (la tassa
sui sacchetti, il fosforo) ed e' stato importante perche' poi lui, rispetto
ad esse, mi ha dato una mano, poiche' si trattava di tematiche per le quali
avevo capito che aveva una certa sensibilita'. Certo se avessimo parlato di
divorzio o di aborto le cose sarebbero state diverse, ma chi se ne importava
in quel momento di parlare di certe cose! Mica dovevo catechizzarlo, io
dovevo cercare di fare un pezzo di strada con lui, e questo mi sembra anche
l'insegnamento di papa Giovanni: vedere le cose che ci uniscono e non quelle
che ci dividono. Questo insegnamento in politica e' fondamentale.
*
- Diana Napoli: Si puo' andare quindi nelle istituzioni quando si hanno
chiari tutti questi elementi, si puo' trovare l'alleanza senza pregiudizi
sullo schieramento politico. Ma quando stare nelle istituzioni, il poterci
stare, comporta una serie di questioni che non c'entrano con gli obiettivi
che si vuole realizzare e pero' stare nelle istituzioni sarebbe importante
per poterlo fare, tipo una guerra?
- Michele Boato: Ah, che disastro... casca il governo? E pazienza! Se non
c'e' questo principio almeno negli a priori della tua piattaforma
elettorale, pazienza. Bisogna votare contro. Ma casca il governo? e che
caschi! Su una cosa cosi' bisogna votare contro e fai cascare il governo
perche' voleva continuare la guerra in Afghanistan. Ci sono dei momenti in
cui non ci sono ragioni di stato che tengano, si tratta prima di tutto di
una scelta etica: non uccidere, punto. Basta, fine, su altre cose si potra'
discutere. Ovviamente non e' che tali questioni si verifichino tutti i
giorni, nel senso che, in Regione, per esempio, queste cose non succedono
perche' la Regione non deve votare la guerra, per cui il discorso delle
liste civiche comunali o locali, come dicevamo all'inizio, e' importante
proprio per questo fatto.
*
- Diana Napoli: Va be', e' anche piu' facile...
- Michele Boato: E' piu' semplice, perche' non comporta quasi mai questioni
di principio, ma e' piu' difficile perche' comporta la conoscenza del
territorio. Tu non puoi, per dire, stare in Regione e votare una cava
perche' ti hanno raccontato che e' bella quando non ti sei informato e
magari li' c'e' della gente che contro quella cava fa lo sciopero della
fame. Ma naturalmente dipende sempre dall'obiettivo che ti poni: e' chiaro
che se il tuo scopo e' di fermare la guerra non devi porti come obiettivo la
Regione e devi porti nell'obiettivo di raccogliere la maggioranza di
consensi. Io vedo che in Italia oggi gli obiettivi sono mastodontici,
enormi: le lotte contro la Tav, gli inceneritori, i rigassificatori (ti
parlo degli aspetti che mi interessano di piu', quelli ambientali) e so che
per raggiungere questi obiettivi ci vuole un movimento di popolo enorme,
perche' all'interno delle istituzioni (che tu sia maggioranza o opposizione
non cambia) il partito dei rigassificatori e' trasversale (cosi' come quello
degli inceneritori e della Tav). Per cui il rapporto col movimento e'
fondamentale.
*
- Diana Napoli: E il "movimento" cos'e' oggi? O dov'e'?
- Michele Boato: Provo a risponderti con un esempio: pensa alle spese
militari in bilancio. Non c'e' un deputato che vada in giro per l'Italia a
spiegare come vengono buttati via i soldi. Perche' noi dobbiamo capire che
la gente di certi temi normalmente non si interessa, ma comincia ad
interessarsi se, invece, vede che la lobby militare pesa direttamente sulla
sua vita personale: perche' lui e' in miseria, non arriva alla quarta
settimana del mese e questo anche perche' spendono i nostri soldi per nuovi
cacciatorpedinieri, per le flotte aeree, per la flottiglia che devono
costruire adesso, per programmi spaziali inutili. Io stesso non ho avuto
l'occasione ancora una volta di fare questo tipo di ragionamenti in
assemblee pubbliche perche' non si creano le occasioni, ed essere nelle
istituzioni vuol dire anche creare le occasioni.
*
- Diana Napoli: Quindi vuol dire che essere nelle istituzioni non e' punto
d'arrivo del movimento, ma anche punto di partenza per il movimento.
- Michele Boato: Certo, questo ti dicevo, ci deve essere una dialettica. Una
cosa e' che il movimento indichi alcuni temi o cose da farsi; altra e' che
chi sta nelle istituzioni scopra e indichi le occasioni. Non ci sono i soldi
per far le piste ciclabili? ma togliamoli dalle spese militari! Tuttavia
solo chi e' dentro le istituzioni riesce a vedere e a capire quanti soldi
vengono risucchiati dalle spese militari che potevano andare, che so, alle
piste ciclabili. E questa dialettica e' una dialettica che in Italia non
esiste.
*
- Diana Napoli: E' la dialettica della democrazia.
- Michele Boato: La finanziaria e' il cuore della politica, e' quel momento
di decisione sulle spese in cui si possono spostare i soldi, perche' il
resto sono spese fisse (gli stipendi, gli ospedali...): e' qui che si vede
che idee ha un partito, un governo. Questo Prodi perche' dovevo tenerlo in
piedi? Perche' faceva meglio di Berlusconi? Ma se ha aumentato ulteriormente
le spese militari! Ma se stava per abolire il 5 per mille alle associazioni
che era stato messo da Tremonti e Berlusconi! Il nostro documento, quello di
cui parlavamo all'inizio, dice: per noi cosa e' stato il governo Prodi? Per
Venezia e' stato il Mose: e' Prodi che ha fatto andare avanti il Mose; per
il Piemonte e' stato la Tav, e' lui che ha premuto l'acceleratore per la
Tav; e' stato, per Napoli, il disastro dei rifiuti e degli inceneritori,
perche' si voleva fare l'inceneritore e in Campania governa il
centrosinistra da un paio di decenni, a Napoli in particolare. Io ho degli
amici che sono stati a lavorare li' cinque anni con il sub-commissario ai
rifiuti e che venivano da esperienze in cui avevano organizzato la raccolta
differenziata spinta: non gli hanno permesso di fare gli impianti di
compostaggio (solo in presenza dell'impianto di compostaggio si puo' fare
una vera raccolta differenziata, perche' l'umido deve andare da qualche
parte, altrimenti che raccolta differenziata e'?). Senza l'impianto di
compostaggio tutto rimarra' per le strade ed e' quello che e' successo. Gli
hanno impedito di fare gli impianti di compostaggio che costano pochissimo e
percio' non sono un business, perche' volevano fare l'inceneritore! Questo
e' il centrosinistra e allora io non posso essere bloccato da questa
situazione, io devo andare libero e dire: non voglio le spese militari e mi
alleo con chiunque per ottenere questo obiettivo, anche con la Lega, che
puo' non volerle per motivi diversi dai miei; non voglio la guerra in
Afghanistan, o voglio le piste ciclabili, la raccolta differenziata, la
legge 50 e 50 di uomini e di donne ovunque si decide... questo vuol dire
avere le idee chiare, ecco il programma, non e' un programma generico. Il
programma non e' per sempre, e' il programma di oggi. E tra due anni? Bene,
tra due anni si ridiscute.

- Diana Napoli: Tu quando hai cominciato a fare politica e quando hai
conosciuto l'ecologismo e la nonviolenza?
- Michele Boato: Sono cose diverse. Sono nato a Venezia e l'ecologismo l'ho
scoperto a Marghera, nel 1968. Quell'anno, dopo aver occupato Ca' Foscari -
ora sono passati giusto quaranta anni e sto preparando uno spettacolo
musicale che racconta l'occupazione dell'universita' e tutto il resto - nel
giugno '68 siamo andati a Marghera: tramite un impiegato che era anche
studente di Ca' Foscari, ci siamo messi in contatto con gli operai di una
parte della Montedison, la Chatillon (che ora si chiama MonteFibre) e
abbiamo cominciato a conoscere l'inferno che c'era in quelle fabbriche, con
dei reparti dove veramente si moriva. C'era un sindacalista interno,
Ferruccio Brugnaro, un vero leader operaio, che era anche poeta e
distribuiva volantini con le poesie sul cloruro di vinile che uccideva le
persone che lo respiravano. E' stato li' che ho cominciato a diventare
ecologista, con un'ottica che poi sarebbe stata quella, dal 1976, di
Medicina Democratica. Nel 1969 e' nata Lotta Continua e sono entrato a farvi
parte (io e anche Maria, che poi sarebbe diventata mia moglie). Non ero
nonviolento assoluto, tant'e' che sono andato a fare il militare. Non ho
fatto obiezione di coscienza, ma dentro l'esercito ho fatto per un anno r
mezzo parte dell'organizzazione Proletari in divisa che organizzava la lotta
contro le gerarchie e per il controllo democratico dell'esercito da parte
dei soldati di leva, i proletari in divisa, appunto. Feci anche processare
un paio di ufficiali, il generale comandante dell'Ospedale militare di Udine
e il colonnello medico che avevano procurato la morte di un alpino per una
semplice operazione di emorroidi, condotta malissimo; al C. A. R. di Casale
Monferrato (il piu' grande d'Italia, con 6.000 reclute) abbiamo fatto gli
scioperi del rancio eccetera, ma questo per dire che la lotta che facevo era
dentro l'esercito, contro l'uso dell'esercito in funzione antipopolare e
repressiva. Avevamo l'appoggio all'esterno per esempio di Pannella e abbiamo
fatto insieme le marce antimilitariste nel 1972 (ci andavamo vestiti da
militare; andare vestiti da militare a una manifestazione del genere non era
da poco), facevamo un pezzo di strada assieme ma non eravamo la stessa cosa
degli obiettori. La nonviolenza l'ho scoperta nel 1974. In Lotta Continua si
discuteva sull'idea della rivoluzione, come farla e i modelli non erano
certo nonviolenti: l'Irlanda in cui la frazione nonviolenta di Bernardette
Devlin era minoritaria rispetto alla lotta armata che conduceva l'Ira; poi
l'Eta basco e il Movimento Popolare di Liberazione della Palestina.
Cominciava a prevalere l'idea di una lotta di popolo un po' piu' rafforzata,
che non escludeva l'"ora del fucile"... Per cui ho iniziato gia' allora a
rompere un po': nel 1972 in un convegno quasi clandestino a Rimini, io e un
altro votammo, da soli, contro proprio sulla questione dell'uso della
violenza e fummo quasi espulsi. In seguito il lavoro e' stato sempre piu'
vicino agli obiettori di coscienza, soprattutto quando, nel 1977 ritornai a
Mestre dopo quattro anni passati in Puglia, ed ereditai la sede di Lotta
continua che nel frattempo si era disintegrata. Questa sede era condivisa
con la Loc, fondammo Smog e dintorni, gruppo e rivista ecologista, e poi
demmo vita anche alla sezione veneziana di Medicina Democratica...
*
- Diana Napoli: Nel '68 comunque voi eravate tra i primi ad occuparvi di
ambiente...
- Michele Boato: Si', mi ricordo che nel '69 usci' un libretto che
raccoglieva i documenti dell'ondata studentesca e operaia, tra cui i nostri
volantini (che poi sono diventati storia): erano gli unici che parlavano di
salute, salute piu' che ambiente. Poi, nel 1973, sono stato a Brindisi,
quando ero ancora in Lotta Continua, ad organizzare lotte contro
l'inquinamento, anche molto dure (mi ricordo i paginoni della "Gazzetta del
Mezzogiorno" che parlavano di me come un terrorista mandato da Marghera per
impedire la costruzione di certi impianti; parlavano di me e di mia moglie
come due personaggi pericolosissimi). La base operaia ci sostenne, reagi' in
maniera fortissima, fece dimettere due dei sindacalisti su tre, perche'
questa campagna era orchestrata dai sindacalisti; uno dei due, quello della
Uil, ebbe anche un collasso in assemblea, poiche' nel momento in cui stava
attaccandomi la gente gli rispose, difendendomi e fischiandolo sonoramente.
Al posto del rappresentante Cisl subentro' uno della base, Roberto Bini, che
era d'accordo con me. La Cgil si tiro' indietro prima di fare la stessa
fine, cio' nonostante l'impianto lo fecero, ma in quegli anni si semino'
molto. Tornato qui a Mestre, a fine '77, c'era il deserto perche' Lotta
continua si era di fatto sciolta, era sparito tutto, c'era la droga che
veniva avanti, il terrorismo delle Br, per cui ho preso in mano la sede del
movimento, anche se mi dicevano che ero matto, dato che stavano per chiudere
(e infatti la sede era diventata un'officina: uno degli operai di Lotta
Continua faceva il deltaplanista e la sede era diventata un'officina, quando
io arrivai c'era il deltaplano in riparazione...). Allora fondammo Smog e
dintorni che, per un certo periodo, divenne anche un inserto di "Lotta
continua" (diventato un quotidiano non piu' di partito ma del movimento del
'77) e al grande convegno del "movimento" a Bologna, proprio quell'anno, noi
organizzammo la parte ecologista dell'incontro, in particolare quella sul
nucleare, che registrava la nascita in Italia del movimento contro il
nucleare. Poi abbiamo fondato gli Amici della Bicicletta di Mestre, con cui,
negli anni '80, abbiamo pedonalizzato l'unica piazza che c'e' qui a Mestre,
piazza Ferretto, che prima era praticamente una strada trafficatissima. Ogni
sabato, nell'83 e nell'84, bloccavamo con le bici l'entrata delle macchine,
fino a quando non abbiamo ottenuto la pedonalizzazione della piazza. E in
tutto questo la mia storia con la nonviolenza e' una storia di seconda
battuta, anche se lavoravamo con la Loc di Maurizio Galvan, che stava nella
stessa nostra sede.
*
- Diana Napoli: Ma quando eri in Lotta continua, prima del tuo incontro con
la nonviolenza, pensavi davvero (prima parlavi di modelli di rivoluzione)
che la rivoluzione si sarebbe fatta?
- Michele Boato: Si'. Guarda, qui la lotta operaia e' arrivata nel 1968. Il
primo agosto 1968 (c'e' anche una canzone di Gualtiero Bertelli, intitolata
"Primo d'agosto Mestre Sessantotto" in questo spettacolo che sto scrivendo)
migliaia di operai hanno bloccato la stazione.
*
- Diana Napoli: Quante persone lavoravano a Marghera?
- Michele Boato: Da trenta a quarantamila; al petrolchimico erano settemila.
Completamente abbandonati dal sindacato, fanno ad agosto una manifestazione
con in testa uno striscione che ho dipinto a mano assieme a Laura Bettini,
leader degli universitari di Padova, con su scritto "Tutti contro
Montedison". Era un movimento che poteva sembrare insurrezionale, anche se
di fatto non lo era, nel senso che gli operai volevano vincere una lotta
sindacale, c'era la serrata del petrolchimico, bisognava reagire, ma, una
volta che la vertenza si risolveva, la questione finiva. Due anni dopo,
sempre ad agosto, nel 1970, si ribellano non piu' i chimici, ma i "negri di
Marghera", cioe' gli operai delle imprese d'appalto, migliaia e migliaia di
operai edili e metalmeccanici che costruivano e facevano le peggiori
manutenzioni, i lavori piu' sporchi e morivano (ho fatto la mia tesi di
laurea su Marghera e la chimica, ed ho inserito un capitolo sui "negri"). I
"negri" si ribellano e ad organizzarli c'eravamo noi di Lotta continua;
ancora una volta il sindacato squagliato e per tre giorni Marghera e'
rimasta in mano agli operai. Si diceva proprio cosi': "Marghera in mano agli
operai". Ci sono state le barricate, la polizia aveva sparato e ferito quasi
a morte un operaio e poi si era ritirata; aveva capito di averla fatta
troppo grossa. Per tre giorni Marghera e' sembrata una repubblica
indipendente. Venne Sofri e rimase sorpreso, guardando, dal cavalcavia sulla
ferrovia che sta tra Marghera e Mestre, sotto, sui binari, gli operai che
bruciavano delle traversine accatastate. C'era una situazione fuori
controllo. Il giornale della sera, "Venezia Notte" (era l'edizione veneziana
del giornale di destra di Milano), titolava: "Marghera in mano ai cinesi",
tant'e' che noi poi facemmo i volantini con tutti gli operai vestiti da
cinesi. Quella visione ti faceva pensare ad una situazione
pre-insurrezionale, anche se assolutamente non c'erano armi. Tento', Toni
Negri, gia' dal primo giorno (quando la polizia aveva sparato all'operaio)
di confezionare e passare a qualche giovane delle bottiglie Molotov, ma e'
stato bloccato e se ne e' tornato a Padova. La nostra non era una posizione
guerrafondaia, ma di potere dal basso, di autogestione, che poi teorizzammo,
nel 1972 quando la linea di Lotta Continua divento' "Prendiamoci la citta'",
e questa cosa intimori' da matti le amministrazioni, come, alcuni anni dopo,
Zangheri, il sindaco di Bologna perche' il famoso convegno di Bologna si
intitolava allo stesso modo e il Pci e dintorni pensavano che noi si volesse
occupare chissa' che. Prendiamoci la citta', invece, voleva dire,
semplicemente, facciamo in maniera che la gente si organizzi, cominci a
decidere, conti, e organizzammo delle scuole di quartiere, i doposcuola...
cose piccole ma che volevano creare un potere parallelo dal basso. Era il
modello dei soviet, ma quello iniziale (non quello del Partito sovietico che
li controllava tutti), quello dei soviet degli operai e dei contadini, i
consigli che sognava anche Gramsci.
*
- Diana Napoli: Piu' che insurrezione forse sapeva un po' di Fronte
Popolare, un'espressione di gioia da parte degli operai...
- Michele Boato: Si', ma si prestava ad un'interpretazione in chiave
rivoluzionaria. Anche se non c'era magari una concretezza di iniziativa
rivoluzionaria. Cosa che per esempio non capiva il Potere Operaio di Toni
Negri, che credeva di dover muovere gli operai solo su rivendicazioni
materiali (prendere cento lire in piu'), una linea economicista, e da li'
"fare il salto" per prendere il potere. Prendere il potere dove? Negri
diceva che non era importante, che l'importante era muoverli che poi sarebbe
saltato fuori qualcosa. Diversa invece, molto piu' concreta, era l'ipotesi
di Sofri: se ci sono delle zone che si liberano, diventano, tipo Marghera,
zone di democrazia diretta.
*
- Diana Napoli: Utilizzava proprio il verbo "liberarsi"?
- Michele Boato: Si'. Mi ricordo la frase che mi disse sul cavalcavia al
momento della rivolta dei "negri": "questi si stanno divertendo come porci".
Lui aveva la sensazione che questa rivoluzione fosse una festa e in quel
momento noi c'eravamo dentro. Debbo dire che effettivamente quello e' stato
il momento piu' alto di quel modello.
*
- Diana Napoli: E come e' "rientrata" dopo la situazione?
- Michele Boato: E' rientrata perche' si e' chiusa la vertenza; era scappata
di mano alla logica sindacale, perche' gli operai volevano forme di lotta
piu' dure e i sindacati non li appoggiavano, mentre poi noi le abbiamo
attuate, mettendo in moto una rete territoriale notevolissima (avevamo
coinvolto anche i pendolari; qualcuno di noi era andato a Chioggia e
Cavarzere per bloccare persino le corriere che partivano). Ma quando si
raggiunge un risultato e gli operai decidono in assemblea che quel risultato
va bene a quel punto il discorso si chiude.
*
- Diana Napoli: E quindi non era la rivoluzione...
- Michele Boato: Certo, erano in realta' movimenti rivendicativi molto
forti, che pero' lasciavano dei segni nella misura in cui all'interno delle
rivendicazioni c'erano anche richieste di democrazia. Per esempio la nascita
dei consigli di fabbrica, eletti direttamente dagli operai come delegati e
senza tessere (invece delle commissioni interne a tre designate dai
sindacati provinciali) e' un elemento importante che lascia un segno da
tutti i punti di vista, perche' hai nella fabbrica una situazione di
democrazia piu' avanzata, perche' controlli meglio, per esempio, la
questione della nocivita', della pericolosita'. Quando ho lavorato in
fabbrica, nel 1971-'72 alla costruzione della centrale Enel di Fusina,
appena arrivato mi vedo cascare giu' da 50 metri un giovane: quello e' stato
il mio benvenuto in fabbrica. Ero ancora in prova, ho dovuto stare due
settimane assolutamente in incognito perche', se avessero saputo chi ero, mi
avrebbero mandato via subito. L'hanno scoperto poi, dopo. Gli operai che mi
riconoscevano - dapprima ero stato studente di Lotta Continua e poi appunto
operaio - stavano tutti zitti per farmi assumere, perche' non vedevano l'ora
che mi assumessero, ma subito dopo abbiamo organizzato un comitato
antinfortunistico, abbiamo fatto degli scioperi durissimi; ci siamo divisi a
meta', specializzati e manovali, scioperavano mezza giornata ciascuno. Per
cui quando scioperavano gli specializzati, i manovali non potevano far
niente da soli, e ugualmente quando scioperavano i manovali (per contratto
gli specializzati avevano bisogno dei manovali) gli specializzati si
rifiutavano di lavorare. Sicche' abbiamo paralizzato il cantiere e in una
settimana abbiamo stravinto. Abbiamo ottenuto, oltre ad aumenti salariali,
dei diritti come quello del comitato antinfortunistico che ha lasciato il
segno: erano gia' morte tre persone in quel cantiere mentre poi non e' morto
piu' nessuno, perche' li abbiamo obbligati a mettere i ponteggi, a
organizzare i turni (tra l'altro che gli operai morissero era preventivato:
un dirigente di cantiere ci ha mostrato, in segreto, che nel budget era
preventivato che potevano morire dai 5 ai 10 operai! Risparmiando sulla
sicurezza, e' ovvio che ci sono poi delle conseguenze). E tutto questo ha
lasciato evidentemente dei segni di democrazia che sono rivoluzionari,
perche' vuol dire che della gente stava ottenendo che una certa societa', in
questo caso il lavoro, fosse organizzato in maniera umana e meno bestiale.
Questo vuol dire fare una lotta sindacale che abbia anche un contenuto
politico (e non muovere gli operai solo per cento lire in piu' perche'
"tanto poi le altre cose arrivano da sole", portate dal di fuori, dal
Partito avanguardia, dagli intellettuali che sanno quale sara' la direzione
della storia).
*
- Diana Napoli: E perche' i sindacati si erano, a tuo parere, defilati in un
primo momento? corruzione, miopia, disinteresse, incapacita'?
- Michele Boato: Mah, era una storia sindacale di accordi al ribasso, di
sconfitte, anche se poi in effetti anche all'interno del sindacato c'e'
stata una dialettica, un cambiamento: molti sindacalisti sono andati via
sostituiti da quelli piu' vicini alla base: pensa alla Flm dei
metalmeccanici di Brescia che e' diventata praticamente un partito
rivoluzionario dopo l'autunno caldo e la strage di Piazza della Loggia del
maggio '74, perche' si era creata una situazione con i consigli di fabbrica
per cui la gente li' dentro faceva politica e non trattava solo gli aumenti
salariali. C'era, in quel sindacato, anche Marino Ruzzenenti che ora e' un
"esperto" a servizio dei movimenti, e che poi e' uscito perche' il sindacato
e' tornato indietro negli ultimi anni.
*
- Diana Napoli: Tu credi che effettivamente gli anni Sessanta e Settanta
abbiano costituito un cambiamento epocale, al di la' dei significati
fortissimi ma immediati?
- Michele Boato: Il cambiamento c'e' stato: se guardi la societa' prima e
dopo il '68 il cambiamento e' molto grande. C'e' stata un'ondata che ha
molto ridimensionato l'autoritarismo nelle scuole, le famiglie, le fabbriche
(specie le piu' grandi), perfino nello stato. Oggi l'autoritarismo quando
emerge e' qualcosa che si vede, che stride; allora invece era la normalita'
delle cose, il potere era tutto, poteva fare tutto: le ruberie, gli scandali
c'erano ma non emergevano. Dal '68 e' partita un'ondata che ha impedito che
continuasse in quel modo, un'ondata che e' arrivata fin dentro la
Magistratura (Tangentopoli non e' nata dal nulla), fin dentro la polizia,
con la sindacalizzazione della polizia con cui adesso e' raro che abbiamo
rapporti difficili: per esempio nell'ultima marcia che abbiamo fatto da
Schievenin del Grappa a Venezia (in centinaia, 80 km a piedi in due giorni)
la polizia ci ha dato una mano, cosa che un tempo sarebbe stata
impensabile).
*
- Diana Napoli: Democratizzazione si', ma era un processo di lunga durata
che e' certo stato accelerato, ma che stava in un movimento della storia. Di
fatto, per quel che riguarda la possibilita' di una democrazia che
istituzionalmente fosse diversa, di una politica internazionale condotta
diversamente, forse si puo' avere la percezione che non sempre il
cambiamento ci sia stato, o sia stato all'altezza delle aspettative.
Qualcuno tra quelli con cui ho avuto occasione di parlare mi ha detto che e'
stato, il '68, un momento non sfruttato, facendo l'esempio di un tramonto
bellissimo, ma pur sempre un tramonto, quindi, di una giornata che era
finita (cioe' un mondo che era gia' finito, dal punto di vista della lunga
durata, quello operaio).
- Michele Boato: C'e' un articolo di Giannozzo Pucci, che pubblichiamo su
"Gaia" di primavera 2008, secondo cui il '68 vive nell'ecologismo: lo
spirito libertario del '68 e' stato poi soffocato dal marxismo economicista
sostanzialmente industrialista ottocentesco, che seguiva lo schema
padrone-operai. Mi ricordo che all'universita' veneziana di Ca' Foscari il
nostro era un movimento veramente antiautoritario che veniva sbeffeggiato e
anche disprezzato dai saputelli del Pci. Ci dicevano: cosa volete voi, figli
di borghesi? E cercavano, invano, di tarparci le ali... Quello che non sono
riusciti a fare loro nel '68 e' riuscito successivamente ai gruppi politici,
come la stessa Lotta continua dimostra: Lc e' l'esempio piu' bello ma anche
piu' triste: nasce antiautoritaria, lo stesso nome, Lotta continua, non
c'entra niente con la tradizione comunista (il Partito, l'Avanguardia
eccetera, tutti i nomi della tradizione bolscevica). Lotta continua era
invece molto movimentista, basista, quasi anarchica. Ma anche al suo
interno, nel 1972, inizia il dibattito sulla necessita' di adottare
l'ideologia marxista-leninista, la teoria comunista che non diceva piu'
nulla a noi giovani. Non a caso poi Lotta continua e' morta. Il convegno che
l'ha fatta morire e' quello di Rimini del 1976 (lo avevo gia' previsto
qualche mese prima: al congresso preparatorio di Bari avevo previsto
pubblicamente che a Rimini la presidenza sarebbe stata occupata da donne e
dagli operai e cosi' e' stato!). Gli operai hanno detto: "va bene il
marxismo, abbiamo capito, ora basta e comandiamo noi (e quindi via i Sofri,
i Pietrostefani, i Rostagno, i Viale) e le donne (tra cui Franca Fossati,
poi presidente italiana dell'Udi - Unione donne italiiane) hanno iniziato un
proprio percorso di autonomia. Poi ci sono stati gli anni del terrorismo che
hanno ancor piu' soffocato gli ultimi elementi rimasti
dell'antiautoritarismo del '68, e poi il fallimento politico degli anni
successivi quando Avanguardia operaia e altri gruppi "extraparlamentari" si
sono sciolti... E cosa e' rimasto? E' rimasto l'ecologismo, che e' il nuovo,
rispetto a questa storia, perche' e' un punto di vista che non ha niente a
che vedere con tutta questa parabola politica marxista. C'e' ancora qualcuno
che si attarda a pensare che l'ecologismo abbia a che vedere con questa
storia (e continua a parlare di rosso-verde), c'e' anche chi continua a
cercare il meglio di questa tradizione, che ormai e' solo un residuo
archeologico: e' come se io dicessi che sono di Giustizia e Liberta', dato
che mio padre ha fatto la Resistenza con Giustizia e Liberta' ed era del
Partito d'azione. E tuttavia l'ecologismo in Italia ahime' e' stato conciato
molto male; ed ecco che qui torniamo all'oggi. Siamo all'indomani di un
omicidio: hanno ucciso i Verdi. Noi li abbiamo fondati, a partire
dall'esperienza di Arcipelago verde, li abbiamo fatti crescere: nel 1990 qui
abbiamo avuto il 7%, una cosa enorme, non ci credeva nessuno. Forse l'errore
e' stato di aver messo insieme troppa gente: i Verdi Arcobaleno, fuoriusciti
dei radicali, come Rutelli, e da Democrazia Proletaria, come Ronchi. Pero'
nel Veneto e' stata gestita bene questa accoglienza: Mao Valpiana l'ha
gestita a Verona con Alberto Tomiolo, io a Venezia e Padova con Gianni
Tamino e Ivo Rossi. Pero' adesso i Verdi sono stati uccisi da clientelismo,
opportunismo, svenduti per qualche posticino (Pecoraro che fa eleggere al
Senato suo fratello calciatore... cose inenarrabili). Ci sono ovviamente nei
Verdi ancora bravissime persone, ma l'ecologismo non lo fa piu' nessuno, se
non i comitati, Allora dobbiamo rifondare l'ecologismo, su basi nonviolente.
Non serve rifondare la nonviolenza, che in Italia e' sempre stata una
cultura che ha attraversato diverse pratiche e teorie, ma l'ecologismo e
dare cosi' alla nonviolenza una leva.
*
- Diana Napoli: La nonviolenza che ha pure bisogno di un "appiglio"
pratico...
- Michele Boato: Non possiamo fare il cortocircuito
nonviolenza-antimilitarismo; per me e' sbagliato, ma in Italia e' un
cortocircuito che si e' prodotto. L'antimilitarismo dev'essere l'a-priori
della nonviolenza, come il principio "non uccidere", ma non basta: e tutto
il resto? E "pro" che cosa? Pro decrescita, pro consumo sobrio e sano,
mobilita' intelligente, solidarieta', e tutto questo nel resto del mondo si
chiama ecologismo. In Italia, al contrario, l'ecologismo non esiste. C'e'
Greenpeace che fa le sue battaglie. C'e' Medicina Democratica che fa le sue
e lo stesso vale per il Wwf; c'e' Pronatura, ma agisce soprattutto in
Piemonte e nelle Marche. Per quanto riguarda le altre associazioni
nazionali: Italianostra fa le sue battaglie sul paesaggio e i beni
culturali, Legambiente svende il patrimonio ambientalista a Vodafone, Enel o
Eni che le pagano la pubblicita' sui suoi giornali e i Verdi l'ecologismo lo
hanno messo in un angolo. Sentivo ieri: il matrimonio gay, togliere una rete
a Berlusconi... non sono questi gli elementi tipici dell'ecologismo. La
gente ci confonde con un qualsiasi partitino di ultrasinistra, come, sta
succedendo ora che i Verdi sono entrati nella Sinistra Arcobaleno,
divenendo, di fatto, una costola di Rifondazione. Si tratta dunque di
rifondare l'ecologismo e a questo scopo "Verdi" e' solo una parola
screditata (lo dico io, che sono tra i fondatori e che, comunque, insieme a
Mao, mi sono presentato alle elezioni del 2000 e del 2005 con il simbolo
"Verdi con la colomba" perche' non ci sembrava il caso di regalare la parola
"Verdi" al Sole che ride, che noi, dopo l'entrata di Canarini, Caccia e vari
abitue' di casco-manico di bandiera-passamontagna chiamiamo Sole che
picchia). Ma per far rinascere l'ecologismo occorrera' percorrere cento
strade, prima di trovare la soluzione; per questo, alla vigilia di queste
elezioni, sono scettico sulla proposta di fare le liste dell'ecologia e
della nonviolenza; nel senso che non e' una cosa che si fa dall'oggi al
domani. Dobbiamo vedere a Vicenza, con la base Dal Molin che incombe, checosa proporre alle elezioni comunali e provinciali; dobbiamo vedere a
Treviso, con la proposta di due inceneritori, e a Venezia. Per esempio,
proprio oggi ho accettato una candidatura in una lista di un comune qui
vicino, San Dona' di Piave, dove mi hanno chiesto di dare una mano. Si
tratta di una lista che si chiama "Sinistra e partecipazione" e, anche se
non avrei mai fatto di mia iniziativa una lista che si chiami cosi', e' un
mondo che apprezzo ed ho accettato. A Treviso chissa' come si chiameranno e cosa faranno gli animalisti che hanno sbeffeggiato Gentilini quando ha fatto
togliere le panchine per gli extracomunitari, e quando voleva chiudere il
centro storico ai cani e loro hanno portato nel centro tutti i cani in
passeggiata... Insomma e' un fiume, siamo ritornati alla situazione di
Arcipelago verde. Ci vorranno cinque anni, ci vogliono persone che abbiano
credibilita' alle spalle e per selezionarle e' necessario decidere in
anticipo le regole del gioco. Se uno, ad esempio, non da' mai un volantino,
se non ha voglia di confrontarsi con la gente, non puo' far parte di una
lista di questo tipo. Occorre dare, per dire, almeno quattro ore di servizio
alla settimana: una regolina piccola piccola ma che fa scappare quelli il
cui unico scopo e' andarsi a sedere in qualche consiglio comunale o
provinciale. E' una regola che ho sempre applicato quando mi arrivava
qualcuno; dicevo: "allora, un paio di mesi vieni con noi a far volantinaggi
e poi ne parliamo" e alcuni sparivano immediatamente, perche' avevano la
concezione del politico come qualcuno che non potrebbe mai "abbassarsi" a
queste pratiche. Ora, in questo tentativo di rinascita dell'ecologismo noi
partiamo da sottozero. Nell'80 partivamo da zero, si doveva solo costruire
una cosa. Adesso siamo sotto (ma tanto sotto) lo zero perche' la gente per
lo piu' e' disgustata dai Verdi. Ad esempio qui a Mestre, con l'associazione
Amico Albero difendiamo un parco in via Pio X; l'altro giorno siamo stati
sugli alberi per due ore per difenderli contro il comune che ha deciso di
far costruire proprio li' un condominio: tra quelli che hanno votato a
favore di questo piano ci sono i Verdi! La manifestazione del 19 e 20
gennaio in difesa della valle di Schevenin, contro una miniera, e' stata
organizzata come Ecoistituto (assieme al Cai, Mountain Wilderness e il
foltissimo Comitato locale), non come Verdi: una grandissima marcia
nonviolenta di centinaia di persone che hanno percorso 80 km a piedi:
ricordava la Marcia del sale di Gandhi, anche se e' durata solo due giorni.
Anche qui abbiamo vinto riuscendo ad ottenere un'interfaccia politica da
consiglieri sia di centrodestra che di centrosinistra che (come e' accaduto
con la questione dell'inceneritore di cui ti parlavo all'inizio, a Treviso)
hanno presentato mozioni firmandole assieme. Ecco, in questa circostanza
abbiamo avuto il 100% di adesione, il Consiglio regionale che vota
all'unanimita' contro quelle miniere: unici assenti, nell'incontro tra i
marciatori e i gruppi consiliari, i Verdi e Alleanza Nazionale! Questa
marcia, per esempio, e' un po' un simbolo della nuova forma politica che
deve nascere e tutti ne sono restati sbalorditi: centinaia di persone che si
sobbarcano la distanza di due maratone a piedi, che hanno il coraggio di
farlo per dimostrare che c'e' una valle intera che protesta in forma
assolutamente nonviolenta e che lo fa con questo gesto per dire che e' una
questione seria che si deve assolutamente tenere in considerazione (e
infatti poi il consiglio ha bloccato le miniere). Per tutto questo,
affinche' ci sia un vero sviluppo nazionale, penso debbano passare altri
cinque anni, non e' domani. Penso che per ora ci saranno delle liste locali
che si chiameranno in modi diversi, poi, successivamente, a livello
nazionale ci potra' essere il simbolo della colomba o anche a quello del
pacifismo antinucleare di Bertrand Russell.
*
- Diana Napoli: Prima, parlando del modo in cui tu hai iniziato a fare
politica, non ti ho chiesto del ruolo che ha giocato in questa tua
formazione il "risveglio" religioso degli anni Sessanta, il Concilio, la
Pacem in Terris. Quasi tutti me ne hanno parlato rivendicando un'origine
proprio da quel mondo cattolico.
- Michele Boato: Anch'io ho quella matrice, nel senso che prima del '68 ho
fatto il mio dovere di bravo aspirante, poi giovanissimo delegato aspiranti
di Azione cattolica, ecc., Eravamo un po' tutti "cattolici di sinistra",
perche' il mondo veneto e' cosi', non era una scelta, veniva naturale. Il
mio vero apprendistato e' stato l'ingresso nell'universita', nel 1966. Mi
sono trovato in un mondo in cui c'erano due "partitini" studenteschi,
l'Intesa cattolica e l'Ugi laica di sinistra, ma io, come molte altre
persone, non ero ne' comunista ne' cattolico nel senso di vicino alla
Democrazia Cristiana, ma allora e' nato a Ca' Foscari il movimento
studentesco, gia' nel 1966-'67, movimento che abbiamo creato noi, non
allineati alla vecchia politica, stravincendo alle elezioni degli organismi
rappresentativi studenteschi. Poi, nel 1969, questo movimento e' diventato,
quasi in blocco, Lotta Continua: una quarantina di persone (solo due o tre
piu' moderati si sono persi per strada) per le quali era normale far parte,
dopo quel movimento, di Lotta Continua, che non era un partito, ma un
movimento "spontaneo", antiautoritario. Dal punto di vista del movimento
studentesco allora noi abbiamo vinto, almeno a Ca' Foscari; la gerarchia si
e' auto-disintegrata: alcuni professori sono andati via, altri sono stati
smascherati (mi ricordo un professore di francese che fingeva di essere di
sinistra e invece l'abbiamo scoperto legato all'Oas, ai servizi segreti
francesi, torturatori degli algerini) e nel complesso ne e' uscita una
classe accademica un po' piu' decente. Poi pero', negli anni '90, c'e' stato
un ritorno dei vecchi metodi, e gli studenti hanno perso, senza neanche
protestare.
*
- Diana Napoli: Il ricordo piu' bello?
- Michele Boato: Ne ho diversi e te ne ho gia' raccontati alcuni. Il primo,
quando abbiamo pedonalizzato piazza Ferretto; e' stata una lotta bellissima:
noi con le biciclette che liberavamo la piazza. Ci mettevamo li', bloccavamo
l'entrata delle macchine e la gente ci applaudiva, era una cosa
spettacolare, iniziata nell'84 e durata un paio d'anni. Un'altra cosa che
ricordo e' del 1987, nel febbraio, quando con delle barchette, alle 4 di
mattina, abbiamo cercato di bloccare la nave che trasportava ogni giorno
duemila tonnellate di fanghi Montedison, carichi di fosforo, per scaricarli
al largo del Lido. Una mattina abbiamo tentato di bloccarla, doveva partire
alle 5 ed e' partita invece con mezz'ora di ritardo; e' partita si', ma dopo
qualche mese il ministro De Lorenzo ha dovuto revocare il permesso di
scarico a mare, cosi' Montedison e' stata costretta a riciclare i
fosfogessi. Questa e' stata forse la battaglia piu' grossa, abbiamo
rischiato di morire, una barca, speronata dalla nave, stava per affondare...
Loro ci hanno denunciato per blocco navale e invece sono stati condannati
per tentato omicidio! Un'altra bellissima soddisfazione e' invece
recentissima, la marcia "Centomila passi per la montagna e le sorgenti" per
salvare la valle di Schevenin: arrivare a Venezia dopo questa lunga marcia e
andare con la delegazione in Consiglio regionale per sentire che la Giunta
non avrebbe autorizzato la miniera. C'e' gente che mi ferma per la strada,
come un mio amico l'altro giorno, per dirmi "Ho sentito dire che hai fatto
un miracolo, salvare la valle, quando era gia' data per spacciata". La gente
si sta passando la parola di una battaglia "impossibile", dato che la valle
era segnata, sarebbe scomparsa per la "miniera" (ma fanno finta di cercare
un "minerale", il sale magnesiaco, in realta' portano via pietra; e' una
finta miniera, in realta' una cava). E' stata una battaglia epica, vinta con
la nonviolenza. E' iniziato tutto l'anno scorso quando si discuteva di come
salvare la valle, dato che iniziative tipo le firme erano gia' state fatte
(ne avevano raccolte e spedite in Regione oltre ottomila) ma senza nessun
risultato concreto. Quindi mi sono detto: allora bisogna fare qualcosa che
li commuova. L'ho proposta l'11 novembre scorso, in occasione della
Palantina, una grande manifestazione in difesa della montagna: "Facciamo due giornate di cammino, 80 km". C'erano 600 persone che mi hanno guardato come se fossi matto, anche se pero' avevo visto che gia' alcune (una quarantina) mi avevano dato il nome per dire: "io la faccio".
Poi c'e' stata l'assemblea del paese, con una lunga discussione, c'era qualcuno incerto o contrario. Ma ad un certo punto, una signora si e' alzata in piedi e ha detto: "io la faccio tutta". Allora abbiamo chiesto quante altre persone l'avrebbero fatta veramente e, incredibile!, hanno alzato la mano quasi tutti i presenti (tranne quelli che proprio non potevano perche' lavoravano e cose di questo tipo).
Tra l'altro in quella valle si ricordavano di me perche' quando ero
stato consigliere regionale nell'85 avevo fatto una battaglia con loro,
perche' non prelevassero ancora acqua dalla sorgente. Mi ricordavo che era
una valle splendida, ma non conoscevo piu' nessuno se non il gestore del bar
("Bar speranza"!) che mi ha fatto da ponte e con questo filo ho potuto
lanciare l'idea della marcia. Adesso se vado a Schevenin mi danno la
cittadinanza onoraria. Ma di battaglie e di bei ricordi e soddisfazioni ce
ne sono tanti. Per esempio anche il comitato antinfortunistico alla centrale
Enel, che non ha piu' fatto morire nessuno di cui ti ho parlato prima. Dopo
lo sciopero ci portarono a Milano alla sede dell'Assolombarda ed eravamo in
tre o quattro operai a trattare; i sindacalisti non avevano nemmeno il
diritto di parola perche' erano stati contrari a quel tipo di sciopero e
tutti sapevano quindi che contavano nulla. E sono lotte che ti danno
soddisfazione non perche' hai vinto, ma perche' hai ottenuto cose reali, hai
salvato della gente che era previsto che morisse, perche' loro avevano
preventivato, per quel cantiere, un numero di morti, era nel budget. E
ancora, chi c'e' al vertice europeo della raccolta differenziata? Il Veneto,
col 50%. E ci sono province al 70%. E' un risultato dell'anno e mezzo in cui
sono stato assessore regionale all'ambiente: nel '93 c'era l'emergenza
rifiuti in mezzo Veneto, come ora a Napoli, c'erano rifiuti per le strade
perche' le discariche stavano esaurendosi e intanto maneggiava gia' il
partito degli inceneritori. Ho messo un aut-aut: sono andato nei comuni, ho
riunito i sindaci e ho detto: "O entro un mese (mi ricordo anche la data,
entro il primo aprile, e infatti dicevano che era uno scherzo, il pesce
d'aprile) voi iniziate la raccolta secco/umido e portate l'umido negli
impianti di compostaggio (che c'erano gia', erano privati) facendo del secco
tutta la raccolta che potete, oppure il rifiuto di ciascun comune rimane in
quel comune, da tenere in piazza davanti alla chiesa perche' nessuno avra'
il permesso di portare i suoi rifiuti neanche nel comune vicino". Mi hanno
preso per pazzo, ma intanto e' partita la raccolta secco/umido e l'emergenza
e' finita in due settimane. Poi in alcuni comuni e' nata la raccolta "porta
a porta" e anche quella sembrava una follia ("tolgono i cassonetti, ci
troveremo la spazzatura in tutti i fossi!"), il primo ad avviarla e' stato
un assessore di Dolo, che era un insegnante, mio amico. Poi anche questa
cosa si e' diffusa e, in due mesi, alcune zone sono passate dal 10 al 60%.
Ne ho parecchie di soddisfazioni... oltre al fatto che sto per festeggiare i 35 anni di matrimonio!

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