Da Parte di Alfonso Navarra

Dopo più di 21 anni ecco a voi il mio intervento sull'"imbroglio nucleare", pubblicato sul bollettino "Al Magliocco", n. 17, del Campo Internazionale per la Pace di Comiso.
Lo ripropongo perchè credo conservi una sua validità attuale per come imposta il problema, ad uso degli attuali livelli culturali degli attivisti sociali..

Eravamo nell'agosto del 1987 e di lì a novembre si sarebbe votato e vinto trionfalmente al referendum presentato dal Partito Radicale.
(Questo è un particolare che va ricordato: i comitati di base della sinistra avevano paura di affrontare il giudizio popolare. Poi sappiamo che il partito di Pannella ha abusato dello strumento referendario ed ha contribuito a renderlo inutilizzabile...)
Oggi per me sono passati ancora 20 anni ed avverto, più di allora, una distanza ed una estraneità incolmabili dal circolo vizioso culturale in cui si è impantanato il sedicente alternativismo sociale.
Non credo di poter essere capito quando esprimo un angosciante timore: noi non siamo affatto non solo attrezzati, ma proprio eticamente ed antropologicamente degni a pretendere di rappresentare un'alternativa rispetto alla cultura dominante.
Noi "Arcobaleno" stiamo con tutt'e due le scarpe dentro la cultura dominante, rappresentandone solo una variante subalterna e consolatoria...
Ma non molliamo. Accettiamo i nostri limiti. E partiamo dal presupposto che buonissima parte di quanto abbiamo creduto finora è sbagliato...
Resettiamo e ricominciamo da tre...
E rammentiamo che, insieme alla trasformazione culturale, è necessaria la capacità tattica di compiere l'analisi concreta della situazione concreta e di azzeccare le mosse giuste.
A differenza di 21 anni fa, oggi l'opzione del nucleare civile, che in realtà serve al militare, può essere proposta con un certo appeal alla generalità del pubblico, infiocchettata come soluzione ecologica capace di porre rimedio ad una catastrofe climatica incombente.
Ma ci sarà chi, tanto per mantenere e rinsaldare i legami (si fa per dire) con la gente, ignorerà il problema e partirà per la tangente di campagne impopolari e ripetitive che, oltretutto, rischiano di renderci subalterni al gioco della potenza ed alle sue divisioni: stai con l'Occidente, con i russi o con gli islamici fondamentalisti?
Io penso che sia arrivato il momento di porre l'umanità globale come soggetto e protagonista della trasformazione: quindi che sia necessario proporre ed affrontare quei temi e quei diritti che che uniscono tutti gli uomini e le donne in quanto tali, senza fare scattare il riflesso condizionato delle appartenenze religiose, ideologiche, nazionali ed etniche.
La lotta contro le tecnologie della Potenza e della Morte (il Nucleare non è la sola) rientra tra questi campi unificanti e vitalmente necessari alla generalità delle esistenze: perchè oggi devo parlare ed unirmi al russo, al cinese, all'iraniano, all'israeliano ed anche all'americano su un obiettivo comune subito, che riguarda la sopravvivenza di tutti.
Senza che mi metta nelle condizioni di offrire il destro per lasciarmi trascinare da questioni del tipo se hanno più ragione o più torto gli americani o i russi nella questione georgiana. O se sia più "cattivo" Israele o l'Iran...
Mentre dovremmo sforzarci di esaltare la comune umanità mettendo tra parentesi il resto io dò per scontato che invece il richiamo della foresta del vecchio e stantio "antimperalismo" farà agitare un po' di realtà per direzioni inconsulte e controproducenti.
Da questo punto di vista devo ringraziare l"Astuzia della Storia" che ha inventato Bertinotti. Il "rifondatore del comunismo" va infatti, secondo me, apprezzato perchè, al di là della sua volontà, ha dato l'impulso decisivo a scaraventare nella pattumiera elementi ideologici ed approcci post-ottocenteschi totalitari ed antiumani. Attendiamo l'esito di questa parabola sperando che nel frattempo lo sforzo mal indirizzato ed inutile degli ultimi "eretici" non abbia contribuito all'affermazione di un nuovo fascismo...
Meeting ecopax Comiso 87 - Convegno sul rapporto tra nucleare civile e nucleare militare
6 agosto - Teatro comunale di Vittoria
Il nucleare civile è militare
Il nucleare civile ha strette connessioni con quello militare, ma l'opposizione al nucleare civile non è un obiettivo per gran parte del pacifismo italiano, così come gli ecologisti tendono a dimenticare il problema del nucleare militare. Sarebbe interessante analizzare i motivi di una tale schizofrenia politica, ma non è compito di tale relazione affrontare il problema. Qui si intende solo dare gli elementi che illustrano la connessione, perchè si possa aprire un dibattito costruttivo.
Cominciamo col dire che il nucleare civile nasce da quello militare, nel senso che gli strumenti progettuali e le conoscenze tecnologiche per le applicazioni pacifiche sono stati derivati dal know-how militare.
Furono gli Stati Uniti, il Paese all'avanguardia nelle applicazioni militari, lo stesso che aveva realizzato e fatto esplodere le prime bombe atomiche, a lanciare negli anni '50 il programma "Atomi per la pace".
Le tecnologie relative al trattamento dei materiali fissili sono facilmente convertibili da scopi militrai a civili e viceversa.
Un secondo legame, meno evidente ma non secondario, è riferibile ai dati di base ed ai modelli e codici di calcolo neutronici, termici e meccanici. Anche in questo caso è innegabile che non poche conoscenze, dalla fisica del reattore allo studio degli incidenti ipotetici, abbiano una base comune.
Storicamente, le prime "filiere" civili furono un derivato dei motori a propulsione atomica che la Marina USA aveva installato sui suoi sommergibili.
Il Pentagono ricompensava così alcune industrie fornitrici e consentiva, con i profitti sul civile, di ammortizzare i costi del nucleare militare.
Il nuclreare civile, di origine militare, a sua volta favorisce la proliferazione orizzontale del nucleare militare.
E' a partire da impianti "di pace" che vari Paesi sono arrivati a fabbricarsi armi atomiche e molti altri sono in procinto di raggiungerli nel club atomico.
Le strade seguite sono essenzialmente due:
1- l'arricchimento dell'uranio per fabbricare combustibile per le centrali a U-235;
2- il ritrattamento del combustibile "consumato" nelle centrali, estraendone il Plutonio.
Riguardo la prima strada, per molti anni furono solo le grandi potenze (Usa, Urss, Francia, Gran Bretagna, Cina) a possedere impianti di arricchimento dell'uranio da cui ottenere materiale in abbondanza per costruire bombe nucleari. Recentemente molti altri Paesi (della CEE, Canada, Giappone, Israele, Sud Africa, Brasile) si sono procurati i loro impianti di arricchimento, ed alcuni sono giunti così a possedere ordigni nucleari.
La seconda strada è di più agevole percorribilità. Tutte le centrali nucleari producono Plutonio, che si ritrova, in percentuale variabile, nelle scorie radioattive. Per poterlo separare dalle altre scorie occorrono impianti di ritrattamento dalla tecnologia relativamente semplice.
1 kg di plutonio - grande come una pallina di ping pong - ha la potenza di 20.000 tonnellate di tritolo, quanto basta per distruggere una città.
Per una bomba H si impiegano, in media, 5 kg di Plutonio. Una centrale elettronucleare di 1.000 megawatt produce circa 250 kg annui di Plutonio da cui si possono ricavare 40-50 bombe atomiche.
Per di più la tecnologia atomica si sta indirizzando verso i cosiddetti reattori veloci, che hanno la caratteristica di essere autofertilizzanti, cioè di produrre più Plutonio rispetto al materiale fissile consumato. I più efficienti reattori autofertilizzanti possono arrivare a produrre oltre 500 kg di Plutonio all'anno da una centrale di 1.000 Megawatt, ed il Plutonio, a differenza dell'Uranio, può servire da combustibile per le bombe anche se non è puro, ne occorre solo una quantità maggiore.
Possiamo allora comprendere come il nucleare civile, in particolare attraverso la "via del Plutonio", sia l'energia che porta alla Bomba.
Grazie ad esso, un Paese può acquisire la tecnologia, il combustibile ed il personale adatto per fabbricare ordigni nucleari, superando i gravi ostacoli che incontrerebbe un programma esplicitamente militare. E' attraverso il nucleare civile (specificamente la via del Plutonio) che l'India e il Pakistan sono arrivati alla Bomba, come pure Israele; il Brasile ed il Sud africa sono lì lì e presto seguiranno anche l'Argentina, l'Iran, l'Iraq, la Libia, la Corea del Sud.
Ciò potrà avvenire grazie all'aiuto compiacente di industrie europee ed italiane: ogni Paese che abbia solo un piccolo impianto sperimentale deve essere considerato un possibile possessore di armi atomiche.
Anche il nostro Paese non è estraneo a tutto ciò: si è già detto del coinvolgimento in progetti nucleari stranieri, anche di Paesi belligeranti come l'Iran e l'Iraq; occorre aggiungere che il Centro di applicazioni militari dell'Energia Nucleare (CAMEN) vicino Pisa e la partecipazione al Superphoenix francese, per dichiarazione delle stesse Autorità militari, fornirà Plutonio in abbondanza per la "FORCE DE FRAPPE".
Un ultimo particolare: le barre di combustibile per le nostre centrali, una volta usate, ritornano negli USA, dove le abbiamo acquistate, e vengono riciclate nelle testate dei missili.
Il nucleare civile sostiene economicamente il nucleare militare.
L'attuazione di una politica di riarmo nucleare deve superare tutta una serie di ostacoli, non solo di tipo internazionale, ma anche di tipo interno, che vanno dall'opposizione parlamentare e popolare all'aumento delle spese militari, alla resistenza degli Enti Locali e dei cittadini alla costruzione degli impianti di fabbricazione del combustibile, che arrecano danni alle popolazioni e agli ecosistemi locali.
Il nucleare civile viene allora usato per superare tali difficoltà attraverso la menzogna dell'"atomo di pace" apportatore di progresso scientifico e tecnologico nonchè di benessere economico.
Lo dimostra bene il caso francese, dove un vasto programma di ampliamento dell'arsenale nucleare è stato varato. senza che siano previsti nuovi impianti per la produzione di plutonio, grazie al Superphoenix, il reattore veloce autofertilizzante alla cui costruzione partecipa per un terzo l'Italia.
Lo stesso vale per gli Usa, dove Reagan, per rendere operativo il piano di riarmo, malgrado la non competitività rispetto alle altre fonti energetiche, ha rilanciato il nucleare civile.
E vale per l'Urss, nonostante Chernobyl.
Un'altra considerazione da fare è questa: la tecnologia nucleare ha costi enormi; uno dei problemi che hanno gli stati con armamenti è come ammortizzare tali costi. Le centrali nucleari servono allo scopo riducendo i costi del Plutonio per uso militare.
Non è una battuta quella del fisico Amory Lovins: "L'elettricità è solo un sottoprodotto delle centrali nucleari".
In realtà parlare di nucleare "civile" è una grossa mistificazione. Il nucleare civile è un sottoprodotto di quello militare alimentato a suo uso e consumo. Il nucleare è essenzialmente uno strumento militare.
Il gigantesco sforzo economico necessario per sostenere la corsa agli armamenti ha bisogno di trovare gli sbocchi nell'industria civile.
La ricaduta civile del nucleare militare, anche quella esportata in Paesi tipo Svezia e Svizzera, riduce l'enorme saldo negativo che gli armamenti inducono nel bilancio dello Stato militarizzato.
Questa motivazione sta alla base dell'imposizione, da parte delle Potenze nucleari, del nucleare civile ai loro "vassalli".
Le scelte nucleari dell'Italia vanno senz'altro lette in questo modo, come dimostrano i tipi di reattore scelti, brevettati negli Usa.
Speriamo di aver dato degli spunti che aiutino a capire come il nucleare civile sia inseparabile da quello militare, come sia confacente ad un sistema internazionale dominato dal gioco dalla potenza e della guerra, come sia totalmente in contrasto con quella società autogestita, decentrata, nonviolenta, in armonia con gli ecosistemi che andiamo perseguendo.
E' riduttivo e perdente affrontare il nucleare civile come un problema economico-energetico: è l'espressione di un potere militarista (causa) che attenta alla vita dell'uomo e dell'intera biosfera (effetto).
E', a monte, un problema democratico e, a valle, un problema ecologico: anche se fosse l'energia meno costosa in circolazione (il che non è vero) dovrebbe essre rifiutato lo stesso per il suo significato sociale complesivo.
Sono convinto che la gente la penserà in questo modo al momento del voto nei referendum...


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