Viaggio in Samaria
di Carla Biavati


Sabato 24 Aprile, da Gerusalemme mi reco nuovamente a Ramallah per andare insieme a Martina Pignatti e Riccardo Carraro (che lavorano con me al progetto Interventi Civili di Pace e partecipano al Tavolo di coordinamento tra associazioni che da Settembre iniziera' un Progetto Pilota tra tutti noi, AssoPace, IPRI, Unponte per.. SCI, Arcivio Disarmo Reorient ecc… in Palestina -Israele) a visitare con l'aiuto di volontari dell'associazione Stop the Wall la parte nord della West Bank, quella bellissima e fertilissima zona chiamata Biblicamente Samaria

Il mio viaggio e' anche un ritorno perche' ero gia' stata in quei luoghi nel febbraio del 2003 durante la tragedia della seconda intifada. Purtroppo non riesco a tornare fino a Jenin per andare a trovare gli amici del Freedom Theatre, fondato da Arna Mer Kamis, una coraggiosa attivista nonviolenta Israeliana che nel 1987 durante la prima intifada aveva iniziato proprio qui' l'attivita' teatrale con il Teatro delle Pietre. Questa donna ha fatto di tutto per creare uno spazio dove i piu' giovani potessero sfuggire alla violenza del conflitto e dell'occupazione militare.
Il teatro fi distrutto nel 2002 durante i bombardamenti dell'operazione Rempart condotta dall'Esercito Israeliano (quando eravamo la' nel 2003 c'erano rimasti solo i ruderi del vecchio teatro) oggi, il teatro e' rinato grazie a Juliano Mer-kamis, il figlio di Arna (purtroppo morta nel 1995) che e' un affermato attore in Israele ed ha firmato il bellissimo film Arna's Children (che mi sono impegnata a diffondere e che narra di tutto cio' ) insieme al preziosissimo sostegno e aiuto di Zakaria Zubeidi, un giovane, ex capo delle Brigate Al-Aqsa, che all'epoca partecipo' ai combattimenti in citta' con i suoi miliziani. Zubeidi (ricercato numero uno per anni, e sfuggito a ben 6 attentati) ha abbandonato la lotta armata e beneficiato del "Perdono" Israeliano. Ha cosi' potuto riprendere gli studi di psicologia e la sua vecchia passione per il teatro.
Per lui si tratta di proseguire la Resistenza all'Occupazione con la nonviolenza, aiutando i ragazzi di Jenin e della Palestina a rompere i muri di questa prigione con le armi della Cultura dell'arte e della partecipazione civile per permettere loro di costruire un messaggio limpido che raggiunga finalmente il cuore della societa' civile Israeliana e del mondo.

Come da programma non mi rechero' fino la' ma indico i siti per conoscere meglio questa meravigliosa comunita' teatrale e umana che ha anche subito nelle scorse settimane incendi e minacce ma che resiste e ci chiede di informare quanto piu' possibile le nostre comunita'.
www.thefreedomtheatre.org
www.arna.info/arna

Dall'ufficio di Stop the Wall cominciamo a pianificare il viaggio, che sara' guidato da Muhammed Othman Mustafa Muhammed. L'autista che guiderà l'auto, e suo compaesano e cugino, è anche lui impegnato nella resistenza nonviolenta. Ed e' proprio lui l'animatore sociale che ha ricominciato a organizzare le grandi dimostrazioni popolari in Samaria, anche chiamata il paniere della frutta e della verdura, egli ci guidera' al suo villaggio di Jaiushe, passo passo attraverso tutto il percorso per capire davvero quello che sta' accadendo da queste parti.

Il primo villaggio che raggiungiamo e' Al jban e sorge nel mezzo di una vallata verdeggiante intensamente coltivata a verdura e frutta e ricca di uliveti carichi di frutti.
L'ironia della situazione ci viene subito agli occhi quando scorgiamo alle spalle del villaggio due nuovissimi insediamenti Ely e Maale Libona (sorti dopo Annapolis, per intenderci! Due popoli due Stati ecc…) situati ai due lati superiori delle colline sovrastanti e per la cui sicurezza e stato costruito un percorso di cinzione che impedisce di fatto ai contadini di Al Jban di recarsi nei loro campi per coltivare le loro proprieta' e men che meno di trasportare i loro prodotti nei mercati per la vendita. Ci viene spiegato che i coloni stanno cominciando a coltivare i campi dei contadini Palestinesi, per loro ormai irraggiungibili a causa del muro e dei chek points e, nonostante ci siano cause in corso al tribunale di Gerusalemme, la lentezza colposa della burocrazia e l'inerzia dell'esercito Israeliano che presidia i confini degli insediamenti e ne controlla l'accesso rendono di fatto quei campi e quei frutteti raggiungibili solamente da parte dei coloni!

Proseguiamo attoniti e dopo una decina di piccoli villaggi Palestinesi punteggiati qua' e la' da deliziose quanto incongrue costruzioni in stile chalet svizzero! Che gli occupanti hanno costruito abusivamente e non ancora terminate per la vendita!! Ci prepariamo a passare per il grande e nevralgico Chek point di Zatora. Questo posto di controllo e' chiamato comunemente Zatora Terminal perche' quando é chiuso puo' isolare le vie di accesso a cinque parti della West Bank rendendo praticamente impossibile la circolazione di beni e persone. Impedendo inoltre i collegamenti tra il nord ed il sud dei territori.

Raggiungiamo quindi il villaggio di Marda che e' situato sotto all'insediamento di Ariel e per questo é circondato dalla famigerata barriera che ne chiude ogni accesso e ha un unico cancello per l'entrata e l'uscita. Per di piu' se qualche ammalato o partoriente deve uscire per cure d'urgenza tra le 18 di sera e le 8 del mattino successivo trova il cancello chiuso!!!

Passiamo ancora per un insediamento nuovissimo Rava Ahva anche questo post Annapolis, anche quì c'è dell'invenduto a causa della crisi e ci viene spiegato che nei nuovi insediamenti illegali ci sono alte quote di case invendute, alcune delle quali sono sotto sequestro perche' i costruttori sono falliti o fuggiti con le quote versate dagli acquirenti, ma nessuno si sogna di abbatterli o di liberare l'area protetta per l'accesso dei contadini Palestinesi alle loro proprieta'!!!
(Scusate se uso molti punti esclamativi ma non riesco farne a meno mentre illustro la situazione!)

Passiamo attraverso una Zona Industriale, che e' stata costruita in seguito ad una delibera del Governo Sharon, che concedeva liberta' di costruzione per le infrasrutture industriali costruite vicino agli insediamenti e che, per essere realizzate, non abbisognano di domande scritte e non hanno alcun limite ne' di cubatura ne' di verifica di utilizzo!!!
Ovviamente questi nuovi poli industriali sorti su terreno Palestinese ed in mezzo alla campagna hanno un ingente bisogno di acqua che come al solito viene presa espropriando le fonti del luogo tramite una nuova e oscura quanto complicata mappatura che tiene conto di barriere di protezione confini di colonie ecc… Si crea cosi' un super utilizzo delle risorse idriche, per cui l'acqua viene rivenduta ai contadini locali a tariffe maggiorate anche superiori di cinque volte il prezzo pagato all'origine dai propietari delle fabbriche delle zone industriali che la ottengono come acqua agricola, anche se e' sorgiva, da societa' di comodo che la veicolano attraverso i nuovi impianti di distribuzione costruiti ovviamente in consonanza alla nuova e complicata mappatura sopracitata!!

Anche in questo caso sono state intentate cause su cause e sono state fatte manifestazioni di resistenza civile agli espropri arbitrari e alle chiusure agli accessi alle fonti da parte dei comitati locali che si sono anche uniti in associazione per la giusta fruizione delle risorse idriche. Attualmente il villaggio di Beitja e' senza acqua a causa dello sfruttamento idrico delle sue fonti da parte dell'insediamento vicino!

Arriviamo finalmente a Qalquilia, a me' molto cara perche' vi ricevetti un regalo ed un augurio da una persona a me' molto vicina durante il viaggio fatto nel 2003 per documentare l'inizio della costruzione dell'anello di separazione che oggi la isola completamente, ma questa e' un'altra storia!
E' invece storia di oggi la visione desolante delle serrande chiuse dei negozi che si affacciano sui viali principali della citta', che una volta ospitavano uno dei piu' fiorenti mercati ortofrutticoli di tutti i territori, frequentati anche dai coloni e dai grossisti israeliani! Oggi é tutto in evidente abbandono e il bel viale con le palme che adesso sono diventate alquanto spelacchiate, si ferma davanti al tozzo grigio impenetrabile muro di separazione che divide ed imprigiona la citta'.

Muhammed ci porta in una zona ai limiti della citta' dove, circondato completamente tra il muro il confine e l'insediamento, resiste coraggiosamente Hani Hamer, che non vuole cedere la sua casa a nessun prezzo!
(per la storia completa www stop the wall.org)

Facciamo parecchie foto della casa e della sua tragica e surreale location, e mentre osservo scorgo stupita alcune piantine di fiori colorati che, in questa primavera crescono coraggiosamente attraverso questo impraticabile intrigo di muri e cemento, e mi convinco della reale inconsistenza di questa proterva occupazione che dovra' prima o poi fare i conti con la realta' e la natura stessa del luogo!

Dopo queste meditazioni Mohammed ci porta a casa sua a Jaiush per il pranzo, in una piccola casa bianca circondata da piante verdissime e stradine assolate che mi ricorda vagamente la Grecia di passate vacanze, ci presenta la sua famiglia e seduti insieme a genitori e fratelli consumiamo il pranzo speciale fatto dalla mamma! Muhammed ci racconta della resistenza civile che organizza, della sua speranza di costruire un movimento di giovani che, uniti e collegati tra loro, siano in grado di diventare un movimento che attraversi e coinvolga la societa' civile Palestinese collegato e sostenuto dalla parte buona della societa' civile israeliana e da quei giovani internazionali capaci di strutturarsi in un ampio movimento per contrastare l'occupazione e favorire una possibilita' di futuro per i Palestinesi.

Muhammed ci spiega che la cosa che e' piu' portato a fare e' la formazione dei giovani e ci suggerisce di leggere il suo scritto "Education under occupation" sul sito di Stop the Wall
Poi ci racconta la travagliata storia della Grassroot resistence a Jaiusch dove, a causa della rappresaglia Israeliana che negava i visti ai contadini per andare a lavorare nei propri campi se non fossero cessato le manifestazioni, sono stati costretti dall'autorita' Nazionale Palestinese, a sospendere le dimostrazioni dopo averne organizzate piu di 35 e come solo nel 2008 siano riusciti a riprenderle, e che sulla spinta del nascente movimento a novembre di quell'anno siano riusciti a raccogliere 1500 persone, e come a Bil'in siano riusciti a fronteggiare pacificamente ma inesorabilmente per ore i soldati dell'esercito Israeliano.

Purtroppo il tempo vola e dobbiamo riprendere il cammino per vedere altri luoghi e altri orrori!
Il panorama cambia rapidamente, e improvvisamente ci ritroviamo nei sobborghi di Napoli, come nei paraggi di Pianura attraversiamo cumuli di rifiuti e discariche enormi e maleodoranti, inspiegabili in queste zone! Diligentemente ci viene subito spiegato che tutta questa devastazione e' prodotta da vecchie e nuove discariche che provengono in massima parte da Israele, dalle Colonie e dagli insediamenti industriali che la popolazione muore per malattie cancerose prodotte dall'inquinamento e che i terreni sono in alcune zone contaminati.

E come se non bastasse mentre raggiungiamo Tulkarem, altra grande citta' della Samaria (750.000 abitanti), vediamo grandi e obsolete fabbriche chimiche piene di bruciatori le cui esalazioni avvolgono con una nebbiolina sottile tutta la citta'
Il contrasto con il cielo limpidissimo di pochi chilometri prima e' stridente, e mentre chiediamo dettagli ci viene raccontato della lotta di Donne coraggiose che organizzano da almeno due anni le proteste, e ci viene passata telefonicamente un delle organizzatrici che ci spiega di come la protesta, nata in modo spontaneo a causa dei numerosi decessi avvenuti per malattie correlate all'inquinamento, sia ora organizzata stabilmente dalla loro associazione ed abbia scadenze fisse e sia ampiamente partecipata, e che alcuni esperti e studiosi stiano compiendo ricerche di laboratorio sulla composizione ed il tasso di veleni prodotti e di concentrazioni disperse.

Salutata l'amica di Tulkarem, siamo esauste ma continuiamo, io e Martina, a scrivere numeri e dati sulle conseguenze dell'occupazione, cosi' come vengono illustrati da Mohammed. Riempiamo righe di numeri e nomi e intanto il pomeriggio diventa sera in questa scintillante e lussureggiante regione.

Lasciati alle spalle i miasmi di Tulkarem, ecco la verde bellezza di questa regione che mi culla in una sensazione di immutabile sicurezza mentre guardo snodarsi uliveti sterminati (2.000.000 di piante) che con i loro contorti e secolari tronchi mi fanno salutare Mohammed. Ed e' con parole di accorata certezza che affermo la mia profonda convinzione che soltanto quando la gente diI israele ammettera' che il popolo Palestinese é il proprio fratello di sangue e che le profonde radici che lo legano indissolubilmente alla propria terra non sono un intralcio ma una risorsa, perche' proprio attraverso questa fratellanza accettata e riconosciuta anche gli Israeliani riusciranno finalmente a trovare le proprie radici in questo paese.






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