Una nuova era in Iran
di Farshid Nourai


Per lunghi anni la società iraniana è stata ignorata e tenuta in segregazione dal mondo occidentale. La politica di contenimento e isolamento dell’amministrazione di Clinton e in seguito la famigerata politica della guerra preventiva di Bush hanno favorito tale atteggiamento. I governi europei si sono limitati a firmare grandi accordi commerciali: basti pensare che l’Italia, con un interscambio pari a 7 miliardi USD nel 2007, è il principale partner commerciale europeo dell’Iran e che nel triennio 2005-2007 le imprese italiane si sono aggiudicate contratti per un importo complessivo di circa 4 miliardi di USD. I dati di Eurostat evidenziano che Germania e Francia sono il primo e il secondo paese europeo per esportazione in Iran (2 miliardi e mezzo USD nel 2006). Tuttavia, questi paesi hanno seguito gli americani sul piano politico e sociale di isolamento.
Durante i 30 anni dalla costituzione della Repubblica Iraniana, lo stato americano e il suo alleato israeliano non hanno esitato a puntare costantemente il fucile sul tempio della Repubblica Iraniana, ora finanziando e attivando i dissidenti iraniani all’estero, ora favoreggiando e foraggiando i dissidenti interni, oltre ad ostacolare la politica economica iraniana su scala mondiale.
La classe politica e religiosa conservatrice iraniana ha fortificato la sua posizione all’interno del paese e nel medioriente, applicando una rigida chiusura politica e sociale. La maturazione della fobia che chiunque critichi l’operato della Repubblica miri alla sua distruzione, ha causato la repressione delle voci iraniane libere che intendevano costruire una società più giusta e più democratica, magari diversa dalle democrazie occidentali.
Eppure la società iraniana ha mantenuto la sua vivacità culturale e politica. La giovane popolazione ha affollato le università e i centri culturali. Per i milioni di cittadini iraniani non era e non è semplice portare pane a tavola alla fine della giornata, tuttavia hanno sostenuto i loro figli per garantire loro un’ istruzione universitaria . Si sono moltiplicati giornali e periodici, sono nate associazioni e organizzazioni della società civile. Svincolarsi dalle rigide regole imposte era diventata un’arte che gli iraniani hanno imparato in questi anni: la chiusura di un giornale coincideva con l’apertura di un altro con un nome diverso, le paraboliche satellitari venivano piantate nei giardini, i raduni non consenti venivano organizzati attraverso la rete internet all’interno delle case private.
L’80% della economia iraniana è gestita direttamente dallo Stato ma, questo non ha portato ad una distribuzione equa delle risorse e ha creato un diffuso sistema assistenziale solo a beneficio di coloro che ciecamente seguivano il regime e la sua politica. Sono nate così diverse organizzazioni sotto il diretto controllo di personaggi religiosi e politici che aiutando le famiglie e i loro figli reclutavano centinaia e migliaia di giovani per mantenere il loro potere, pronti ad affollare a milioni le strada delle città Iraniane quando chiamati al raduno.
Ciò nonostante, questi giovani , paradossalmente, non sono rimasti chiusi nello scheletro rigido dei padri. Essi hanno frequentato le migliori università iraniane, anche loro si sono specializzati e sono venuti a vivo contatto con il mondo all’esterno del paese. Tantissimi hanno capito che i valori della rivoluzione del 1979 non corrispondono alle ingiustizie sociali e al terrore politico attualmente in vigore. I giovani religiosi che hanno ricevuto la loro istruzione nelle scuole religiose sono i primi a capire che soffocare la popolazione in nome della religione non coincide con i principi della stessa religione e che giustificare qualsiasi angheria in nome dell’Islam allontana sempre di più la popolazione dai religiosi e dalle loro ricette. Le manifestazioni di avversità e risentimento nei confronti dei religiosi sono quotidiane nella vita degli iraniani.
I giovani iraniani non appartengono alla rivoluzione del 1979, non hanno combattuto la guerra Iran-Iraq, sono figli di un’era diversa e s’ interrogano su principi e valori e su ciò che oggi succede nel loro paese.
Sono disillusi, sono molto più sicuri dei padri fondatori della loro Repubblica, sono pronti a misurasi con l’occidente alla pari.
Ecco che la crisi iraniana prorompe sugli schermi televisivi del mondo e l’ occidente, che ha dimenticato l’Iran per anni sollevando il sipario solo per eventi politici perlomeno negativi: guerra, terrorismo e nucleare, di colpo si accorge che non esiste un Iran monolitico.
Centinaia di migliaia di persone si sono riversate pacificamente per strada rivendicando il loro diritto di libertà, piene di iniziative e di entusiasmo. Le azioni proposte e messe in atto sono stupefacenti se si pensa che rischiano una dura repressione: manifestazioni, sciopero generale, shopping di massa senza fare spese. Non sappiamo se i padri capiscono l’infinità forza che questi giovani possiedono, non sappiamo se continuano ottusamente a arroccarsi dietro le paure storiche. I padri hanno sognato un Iran forte e indipendente per i loro figli, non sappiamo se comprenderanno che ciò è già avvenuto e che occorre ora lasciare la strada alle generazione future, non sappiamo se i padri reprimeranno nel sangue la ribellione dei loro figli migliori ma sappiamo solo che è in corso una nuova era in Iran.


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