Francesca Caferri Intervista Marina Nemat

[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 ottobre 2009 col titolo "Processi
farsa e bagni di sangue, al mio Paese serve un nuovo Gandhi" e il sommario
"La scrittrice Marina Nemat, autrice di Prigioniera di Teheran, riusci' a
fuggire e a evitare il patibolo: Vogliono intimidire chiunque scenda in
strada. Solo una figura che unisce puo' salvare il mio popolo"]


La sorte dei tre prigionieri condannati a morte per aver protestato contro
il governo, Marina Nemat l'ha sperimentata sulla sua pelle. E' la sua
storia. Era il 1982 quando la giovane Marina fu arrestata e condannata a
morte per aver osato protestare in aula contro un professore che, invece di
tenere una normale lezione di matematica, pretendeva di indottrinare i suoi
allievi sull'Islam. Poco prima dell'esecuzione a Marina fu offerta un'ultima
possibilita': salvarsi sposando il suo carceriere. Accetto' e visse, da
sposa prigioniera, due anni ad Evin, il piu' famigerato carcere iraniano.
Quando ne usci' riusci' a fuggire. Il suo libro - Prigioniera di Teheran -
e' un raro racconto "da dentro" della vita dei prigionieri politici
iraniani. Ancora oggi Nemat si emoziona quando parla di quell'esperienza. E
di chi oggi la sta vivendo.
*
- Francesca Caferri: Signora Nemat, si aspettava queste condanne?
- Marina Nemat: Purtroppo si'. Quello che sta succedendo non e' nulla di
nuovo. Forse le persone hanno dimenticato quello che accadde negli anni '80:
era finita da poco la rivoluzione, la gente si aspettava democrazia e quanto
non la ebbe torno' in piazza a protestare. Non c'erano Youtube e Internet
allora e fare uscire le notizie dal paese era molto piu' difficile di oggi.
Ma ci fu un bagno di sangue e il governo fece esattamente quello che sta
facendo ora: processi farsa, verdetti decisi prima ancora di entrare in
aula. Era chiaro che alcune delle persone sotto processo sarebbero state
uccise.
*
- Francesca Caferri: Si aspetta davvero che lo siano? Non potrebbe esserci
un gesto di grazia, anche come segnale alla comunita' internazionale?
- Marina Nemat: Potrebbe accadere. Ma quello che il governo vuole e'
spaventare la gente. Uccideranno qualcuno, che siano questi tre prigionieri
o altri: in modo che la notizia si diffonda e le persone sappiano che
protestare in Iran costa caro. Cosi' saranno troppo spaventati per scendere
in strada di nuovo. E' un gioco di intimidazione che colpisce, non a caso,
persone normali e non oppositori famosi o di primo piano. E' alla gente
normale che la paura deve arrivare.
*
- Francesca Caferri: Una paura che lei ha provato sulla sua pelle...
- Marina Nemat: Io, come tanti altri. Come gli italiani che si ribellavano
durante il fascismo: sapevano che se lo avessero fatto qualcuno sarebbe
andato nelle loro case, avrebbe arrestato i figli, stuprato mogli e figlie.
E poi li avrebbe uccisi. Questo e' l'Iran oggi. Ma la gente e' infelice, lo
ha dimostrato scendendo in piazza dopo le elezioni: possiamo solo sperare.
Che un giorno ci sia una figura unificante, un Gandhi iraniano, che unifichi
questo paese cosi' diviso e trovi un modo per portarlo verso la democrazia
senza scendere nel bagno di sangue.
*
- Francesca Caferri: Lei vive in Canada ed e' una delle voci piu' potenti
dell'esilio iraniano. Cosa si puo' fare da fuori?
- Marina Nemat: Non usare le armi. Un attacco o un'invasione non
risolverebbero nulla. Creerebbero solo una nuova generazione di "martiri",
di persone pronte a tutto. Come in Iraq e in Afghanistan. Il cambiamento
puo' arrivare solo da dentro. Noi possiamo solo continuare a parlare e ad
ascoltare.
*
- Francesca Caferri: Parlare e' quello che vuole il presidente Obama: il
Nobel lo aiutera'?
- Marina Nemat: No. Il Nobel ha aiutato Shirin Ebadi, perche' la protegge:
sarebbe morta oggi se non lo avesse vinto. E non sarebbe la voce potente che
e' in difesa dei diritti umani e della democrazia in Iran. Ma Obama non ha
bisogno di questo per avere piu' visibilita' o piu' incisivita' di azione.

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