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06/11/2010

Birmania, elezioni-farsa
di Luca Galassi

Domenica si vota: l'analisi del vice-direttore del Democratic Voice of Burma

Dopo anni di condanne da parte della comunità internazionale per abusi e violazioni dei diritti umani, si tengono in Birmania le prime elezioni parlamentari dal 1990 a questa parte. Ma gli attivisti democratici, incluso il Premio Nobel agli arresti domiciliari Aung San Suu Kyi, non sono ottimisti. Le ultime elezioni videro il trionfo della San Suu Kyi e del suo partito, la National League for Democracy (Nld). La giunta rispose ignorando i risultati e incarcerando i membri del Nld. Il partito ha boicottato le elezioni di domenica ritenendole una farsa. Secondo la costituzione del Paese, un quarto dei seggi sono riservati ai militari.

La fragile rete di opposizione al regime birmano ha organizzato per domenica una serie di iniziative di protesta. Abbiamo chiesto cosa si prospetta in occasione di tale evento nel Paese della dittatura di Than Shwe al vice-direttore del Democratic Voice of Burma (Dvb), il maggiore organo di informazione birmano all'estero. Si chiama Khin Maung Win, e conta nel periodo elettorale di raggiungere via satellite da Oslo, dove il Dvb è di stanza, almeno 15 milioni di birmani in patria.

Cosa ci si può attendere dalla manifestazione indetta per domenica prossima?

Si tratta di persone che sostanzialmente osteggiano le elezioni, che sono contro la giunta che le ha organizzate in modo illegittimo, e che da tempo stanno portando avanti una campagna di protesta contro il regime. Sono proteste in piccola scala pianificate dal Pac, il People Action Committee, un network di attivisti alcuni dei quali anche veterani delle proteste dell'88. Si organizzeranno per distribuire volantini e poster, tenere discorsi, gridare slogan e tentare anche marce di protesta in aree affollate.

Cosa rischiano?

Rischiano quello che rischia chiunque esprima dissenso nel nostro Paese. Lei lo sa perché ricorda i fatti della protesta dei monaci. Ecco, al governo c'è una giunta militare, e i militari si esprimono con la forza e la repressione.

Quanto si può sperare che le elezioni dischiudano la strada verso una lenta transizione democratica?

La questione è dibattuta. Qualcuno dice che le elezioni sono un passo fondamentale verso la democrazia, altri sostengono di no. Secondo me le elezioni sono uno strumento del regime per garantirsi la legittimazione. Negli ultimi anni non ci sono state grandi visite nel Paese, e non potendo commerciare con i Paesi vicini la giunta ha bisogno di una parvenza di legittimazione.

E' vero che ci sono pressioni da parte dei militari per spingere la gente a votare L'Uspl, il partito di regime?

E' sempre successo, in tutte le elezioni. In queste il governo sta convocando chi lavora nella pubblica amministrazione a votare in anticipo, di fronte ai funzionari di Stato, e questa è una minaccia. Se non si vota per l'Uspl si viene puniti. L'inganno e l'intimidazione sono due caratteristiche di questa giunta.

A sostegno della convinzione che bisogna 'dare fiducia' alla giunta, l'inviato dell'Unione Europea per la Birmania, Piero Fassino, sottolinea che la stessa giunta ha consentito a dieci partiti dell'opposizione di partecipare alle elezioni, e questa sarebbe da considerare come una - seppur timida - apertura. Lei che ne pensa?

Se non ci fosse alcuna opposizione, se non si consentisse all'opposizione di vincere qualche seggio, allora la finzione non sarebbe completa. E' uno specchietto per le allodole per dissimulare una consultazione multipartitica. Per questo hanno consentito a qualche candidato di opposizione di partecipare.

Aung San Suu Kyi verrà davvero liberata il 13 novembre come annunciato da una fonte del governo un mese fa?

Non crediamo che Aung Saan Su Kyi possa uscire liberamente dalla casa dove si trova agli arresti domiciliari da anni. Il regime fa promesse che difficilmente mantiene. Noi non possiamo più contare su queste promesse.

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