Sembra di parlar di dettagli insignificanti ragionando sulla nuova recinzione che, da alcune settimane, attraversa trasversalmente l’argine del Bacchiglione impedendo ai vicentini di proseguire lungo il perimetro della costruenda base militare al Dal Molin (e che, una settimana fa, è stata rimossa dai NoDalMolin). Di fianco a quei trenta metri di filo spinato e rete, infatti, ci sono una selva di gru che costruiscono muri e centri di comando ben più grandi di una recinzione.

Eppure quella rete, realizzata nel più assordante silenzio istituzionale, racconta il futuro che aspetta Vicenza più di quanto possano fare mille documenti programmatici, piani di assetto territoriale e buoni propositi. Gli statunitensi hanno costruito all’esterno dell’area loro assegnata dal governo un’opera di difesa funzionale alla servitù militare; di fatto, hanno occupato una porzione di territorio vicentino sulla quale l’amministrazione comunale diceva di volerci costruire una pista ciclopedonale.

Non è la prima volta, a onor del vero. Il perimetro della caserma Ederle è caratterizzato di – chiamiamoli così - “inglobamenti” illegali di palazzine e tratti di territorio. Negli anni gli statunitensi hanno spostato più in là i propri confini senza che al catasto comunale risultasse alcun ché; e, soprattutto, senza che nessuno si preoccupasse di difendere il territorio cittadino da questo lento ma inesorabile espandersi delle servitù militari. E così palazzine un tempo civili si sono ritrovate al di là del filo spinato, mentre l’area verde che costeggia via Aldo Moro è diventata una comoda pista in asfalto in cui si incanalano i veicoli dei soldati statunitensi che entrano ogni mattina nella base.

Ma è evidente che, se si accetta questo metodo una volta – quello dell’espansione sanata a posteriori – esso diventerà la regola. E allora, come pensa l’amministrazione comunale di difendere l’area civile del Dal Molin – che, guarda caso, nelle carte statunitensi è segnata all’interno del perimetro della nuova base – se, di fronte a una piccola recinzione, abbassa la testa e rinuncia ai propri progetti?

La questione della nuova rete, dunque, non riguarda un argine per tanti anni dimenticato; è, piuttosto, la cartina di tornasole sulle dinamiche che caratterizzeranno – decidendolo – il futuro della città berica. Saper difendere ogni metro di territorio significa poter rivendicare il diritto della città a vivere libera dal peso delle servitù militari; cedere centimetro dopo centimetro è come consegnare le chiavi di Vicenza ai generali statunitensi. E se, nel 2020, Garrett III volesse ospitare i suoi uffici a Palazzo Trissino?

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