La Solidarieta’ Per Gaza Alimenta Tensioni Diplomatiche

Roma, 19 aprile 2010 (Nena-News) -  L’annuncio della partenza a maggio di una flotta di imbarcazioni determinate a consegnare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza, sotto embargo da tre anni, rischia di innescare forti tensioni. Lo affermano fonti diplomatiche egiziane e palestinesi in Turchia: secondo l’Ambasciatore palestinese Nabil Maarouf, Israele non permetterà l’ingresso nel porto di Gaza della flotta, che sarà costretta a modificare la sua rotta per attraccare al porto egiziano di El-Arish; tale situazione, ha osservato l’ambasciatore, potrebbe creare “problemi diplomatici”. La coalizione, di cui fanno parte l’organizzazione turca IHH (Insani Yardim Vakfi) , l’European Campaign to End the Siege on Gaza (ECESG), la Greek Ship to Gaza Campaign, la Swedish Ship to Gaza Campaign e il Free Gaza Movement, e che conta sull’appoggio di un Coordinamento di ONG di 42 paesi, fra cui Stati Uniti, Turchia, Grecia, Malesia, Belgio, Svezia, Indonesia e Irlanda, è determinata a raggiungere Gaza con, fra le altre, tre navi cargo cariche di 5000 tonnellate di materiali, inclusi cemento, case prefabbricate, materiali da costruzione, equipaggiamento medico e materiale educativo. “Vogliamo portare i materiali da costruzione come gesto simbolico. Dopo la guerra, l’ingresso del cemento o del vetro non è stato ammesso, e ci sono molti edifici governativi, scuole e ospedali di Gaza che sono stati devastati”, ha dichiarato al quotidiano turco “Zaman” il portavoce dell’ IHH Bilici Salih, che ha aggiunto “il messaggio che vogliamo trasmettere è che se vogliono distruggere Gaza, noi la vogliamo ricostruire”. Non sarà facile raggiungere, com’è nelle intenzioni degli organizzatori, la Striscia di Gaza via mare, considerando che la marina israeliana ha fermato violentemente le ultime tre imbarcazioni del Free Gaza Movement: “Noi abbiamo dalla nostra parte la legge internazionale e la coscienza delle persone del mondo” – ha detto Derek Graham dell’organizzazione irlandese – “sappiamo che il popolo Irlandese non resterà a guardare e non lascerà che Israele continui a far morire di fame e a punire la popolazione di Gaza ancora a lungo”. Nell’eventualità che la flotta venga “dirottata” al porto di El Arish, l’ambasciatore egiziano in Turchia Abderrahmàn Salaheldin ha detto che le regole sull’ invio degli aiuti umanitari a Gaza sono molto chiare: “Prima di tutto devono avvisarci per tempo circa i loro piani e fornire dettagli sugli aiuti” ha detto, aggiungendo di non aver ricevuto finora alcuna richiesta da parte delle ONG. Il pensiero va agli scontri scoppiati all’inizio di gennaio, nel porto egiziano, fra attivisti del convoglio umanitario Viva Palestina, cui era impedito l’ingresso a Gaza attraverso il valico di Rafah, e la polizia egiziana, in seguito ai quali il Ministero degli Esteri del Cairo aveva deciso di non permettere più l’ingresso a Gaza dei convogli di solidarietà e che tutti gli aiuti sarebbero stati gestiti dalla Mezzaluna Rossa ad El Arish. Un cedimento alle pressioni israeliane? Di certo Israele fa intendere di non voler andare incontro in nessun modo alle intenzioni degli attivisti internazionali: “Pensiamo che questo tipo di convogli abbia un carattere politico e non umanitario” – ha affermato Amit Zarouk, portavoce dell’ambasciata israeliana ad Ankara, aggiungendo – “ci sono due valichi per entrare a Gaza, Karni e Kerem Shalom. La via del mare non è accettabile per noi”. Zarouk ha inoltre sostenuto che non c’è crisi umanitaria a Gaza, che l’elettricità nella zona è fornita da Israele, che le esportazioni sono consentite, che centinaia di camion che trasportano cibo entrano ogni giorno a Gaza e che ogni tipo di aiuto medico è libero di entrare. Affermazioni che vanno in contraddizione con la richiesta di aiuti che il Ministero della Sanità palestinese ha rivolto al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), all’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e all’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi (UNRWA), e con un recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale (FMI), secondo cui la “disperata” situazione economica di Gaza ha provocato una “crisi umanitaria che deve essere affrontata con immediatezza attraverso la revoca del blocco israeliano della Striscia”. (red) NENA-

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