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01/06/2010

L'esperto: i rapporti tra Usa e Israele continuano a deteriorarsi
di Luca Galassi

Il massacro di attivisti umanitari portera' a un deterioramento dei rapporti tra Israele e Stati Uniti? PeaceReporter lo ha chiesto a Luciano Tosi, ordinario di Storia delle relazioni internazionali all'universita' di Perugia.

Professore, crede che Israele possa diventare gradualmente un peso per Washington, come ha dichiarato oggi il capo del Mossad, Meir Dagan?

Innanzitutto, non direi che il deterioramento nelle relazioni diplomatiche tra i due Paesi sia strettamente legato a questa vicenda, o che ne sia una immediata e diretta conseguenza. Questa vicenda non ha fatto altro che confermare e acuire un'erosione dei rapporti che si consumava gia' da diverso tempo. La relazione privilegiata con gli Stati Uniti non e' piu' tanto privilegiata, non e' piu' quella del passato. Obama, pur con cautela, sta cercando di indirizzare la politica americana verso Israele su una linea meno appiattita rispetto a quella che c'e' stata in precedenza. Gia' per esempio, in occasione dell'annuncio della costruzione dell'insediamento a Gerusalemme Est e nei Territori Occupati, c'e' una presa di distanza maggiore. E' chiaro che l'amministrazione Obama non puo' spingersi oltre un certo punto perche' la situazione mediorientale e' molto delicata. L'Iran e' sempre pronto a cogliere e sfruttare ogni piccola opposizione agli Stati Uniti. Oggi si impone una nuova politica per il Medioriente. Gli Usa dovranno tenere conto della nuova posizione della Turchia, questo suo schierarsi in maniera piu' forte con il mondo islamico, in parte derivante da una responsabilita' europea per i troppi ritardi nel processo di inclusione all'Unione Europea. La Turchia si sta aprendo molto di piu' verso il mondo islamico e mediorientale. Questo complica un po' la politica americana verso Israele.

Netanyahu ha cancellato la sua visita negli Stati Uniti. Un gesto autonomo o dettato da Washington?

Netanyahu ha dovuto farlo, ma la sua decisione ha trovato sicuramente il consenso degli Stati Uniti. E' chiaro che la cancellazione testimonia una caduta nei rapporti tra i due Paesi che, ripeto, c'era stata anche in precedenza, nell'ultima visita di Netanyahu a Washington. Non era stato ricevuto con tutti gli onori alla Casa Bianca, a riprova del fatto che Obama non e' piu' disposto a tollerare una politica rigida da parte degli israeliani che rifiutano ogni tentativo di dialogo che gli Stati Uniti cercano invece di sollecitare.

Quali sono oggi gli ostacoli per la ripresa dei rapporti tra Usa e Israele?

Il problema sono i due litiganti, come sempre, il mondo arabo e Israele. Ma con l'attuale governo Israele si mostra totalmente irrigidita, senza spiragli. Il problema degli arabi e' la loro divisione interna, che e' un problema storico.

Lei crede che una posizione di Washington piu' aggressiva nei confronti dell'Iran potrebbe addolcire Israele e condurlo verso concessioni ai palestinesi?

Non credo. Nell'ultima conferenza sulla non proliferazione il problema del nucleare e' emerso con tutta la sua forza. Gli Stati Uniti hanno adottato un documento nel quale si faceva riferimento alla denuclearizzazione del Medio Oriente, ivi incluso lo Stato di Israele. Tel Aviv si e' infuriata. Certamente il problema del nucleare iraniano e' forte, ma coi nuovi sviluppi si collega direttamente al problema del nucleare israeliano. Sono tante le variabili che influiscono sulla politica di Washington. Quella iraniana non e' la sola. Certamente oggi Obama mostra di muoversi con maggiore autonomia nel tentativo di riportare la pace in Medio Oriente.

E' meno ostaggio della lobby israeliana...

Direi solo che e' un po' meno legato alla tradizione precedente della politica estera americana in Medio Oriente.


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