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8 Giugno 2010

Oggi Accadrà. Una nave di ebrei a Gaza per dire «Non in nostro nome».
di Enzo Mangini

Il porto di partenza è segreto e non sarà annunciato se non poco prima di salpare. La destinazione è nota: Gaza. Organizzazioni ebraiche britanniche e tedesche si preparano a rompere l'embargo deciso da Israele. Parla il capitano della nave: «La politica di questo governo israeliano è autodistruttiva».


Per evitare sabotaggi, il porto mediterraneo dove la nave sta completando le operazioni di carico è ancora segreto. Di sicuro c’è che un’altra nave, dopo quelle della Freedom Flotilla, sta per levare l’ancora e mettere la prua verso la Striscia di Gaza. Ed è una nave allestita e finanziata dal network European Jews for a Just peace in the Middle east [Ejjp, Ebrei europei per una pace giusta in Medio oriente] il più vasto network di ebrei della Diaspora europea contrari alle politiche di occupazione e aggressione del governo di Benyamin Netanyahu.
Ad animare l’impresa sono soprattutto i «capitoli» britannico e tedesco di Ejjp, con i britannici di Jews of justice for Palestinians [Jfjfp] che da soli contano oltre 1600 membri. «Possiamo affermare di parlare per migliaia di ebrei europei – dice Glyn Secker, di Jfjfp, nonché capitano della nave – E il nostro messaggio è che in quanto ebrei non vogliamo che il governo israeliano commetta crimini di guerra e crimini contro l’umanità in nostro nome».
La nave per Gaza sarà carica di equipaggiamenti medici, strumenti musicali per i ragazzi e i bambini della Striscia, materiale scolastico donati dai bambini di alcune scuole tedesche, materiale artistico e reti da pesca. «La nostra è una piccola nave per cui il nostro carico sarà soprattutto simbolico – dice capitan Secker – Le reti servono per ricordare la situazione dei pescatori di Gaza. Israele consente la pesca solo entro due miglia dalla costa, ma quel tratto di mare è ormai ridotto malissimo perché nell’operazione Piombo fuso sono stati distrutti gli impianti di depurazione e gli impianti fognari, quindi il mare è inquinato. Se i pescatori si allontanao dalla costa per più di due miglia, interviene la marina militare israeliana e spesso le barche da pesca vengono affondate. Ci sono stati anche diversi pescatori uccisi».

Secker dice che il progetto è nato qualche mese fa, ben prima del blitz dei commandos israeliani contro la Freedom Flotilla ma è chiaro che il precipitare della situazione ha spinto anche gli organizzatori e i passeggeri della Jewish Boat to Gaza ad accellerare i tempi. «Vogliamo dire al governo israeliano che questa politica è assolutamente controproducente, perché alimenta l’odio tra i palestinesi – dice Secker – Ma vogliamo anche dire che Israele paga un prezzo enorme in termini della propria umanità. La dichiarazione universale dei diritti umani è stata scritta da un ebreo ed è in nome di quei valori che oggi diciamo che Israele viola i diritti umani».

L’attenzione di Secker è rivolta anche al resto dell’opinione pubblica ebraica: «Ogni volta che facciamo una dichiarazione politica come ebrei, veniamo accusati di essere ebrei che odiano se stessi. Noi invece riteniamo di interpretare la tradizione e la storia ebraica: sappiamo cosa sono la discriminazione, la persecuzione, l’odio e per questo non possiamo non parlare quando vediamo ingiustizie come quella che subiscono i palestinesi e i palestinesi di Gaza in particolare. Proprio per la nostra storia abbiamo l’obbligo morale di prendere posizione».
E la posizione della rete Ebrei europei per una pace giusta è chiara: immediata fine del blocco contro Gaza, immediata apertura dei negoziati di pace per arrivare alla creazione di uno stato palestinese nei confini del 1967. «La politica dell’attuale governo di Israele non rappresenta l’opinione degli ebrei del mondo – aggiunge Secker – Quello che noi vogliamo affermare è una nuova identità per gli ebrei, un’identità che si basi sulla grande tradizione umanistica che la nostra storia può offrire. Un’identità di pace e giustizia».


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