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Lezioni di Gaza Freedom March
di Walden Bello

Walden Bello is a member of the House of Representatives in the Philippines representing Akbayan (Citizens Action Party), a senior analyst of Focus on the Global South, and a Foreign Policy In Focus columnist.


Traduzione: Associazione per la Pace

Alle 8a.m., di giovedì 30 dicembre, mi sono seduto su un autobus del centro del Cairo che stava per andare a Gaza.
La sera prima, Medea Benjamin, co-fondatrice di Code Pink, l’organizzazione centrale della Gaza Freedom March (GFM), mi ha chiesto di essere il capo titolare di una delegazione di 100 persone che avrebbe rappresentato le 1362 persone che erano convenute al Cairo per arrivare Gaza. La ragione di questo “incarico” è il mio stato di membro della Casa dei Rappresentanti nelle Filippine.
Il piano originale per tutti i  partecipanti alla GFM era di prendere  parte ad una marcia organizzata dai gruppi delle società civili a Gaza che si sarebbe svolta l’ultimo giorno del 2009. Poche settimane prima della marcia fissata, comunque, il governo egiziano rifiutò di garantire alla GFM il permesso di entrare a Gaza dal passo di Rafah. Per impedire ai marciatori di scendere al Cairo, ha revocato tutti i permessi dati alla GFM di radunarsi nei vari edifici della città. I motivi dati dal governo non  erano molto chiari, ma il rifiuto , apparentemente, aveva a che fare con l’intenzione del governo di  non provocare Israele come pure le sue cattive relazioni con Hamas, l’organizzazione isalmista che controlla Gaza.   
La GFM è caduta vittima della realpolitk regionale ded internazionale.

COMPROMESSO

Gli organizzatori non hanno cancellato la Marcia. Essi speravano che con  l’arrivo al Cairo di marciatori da circa 42 paesi, il governo egiziano avrebbe ceduto e permesso loro il passaggio a Gaza.. Questa è stata una mossa intelligente. Due giorni di pressione – incluso un accamparsi all’Ambasciata francese che è stato tollerato se non segretamente sostenuto dallo staff dell’ambasciata ed un raduno al World Trade Center che ospita gli uffici delle NU – ha spinto il governo egiziano ad un compromesso mediato da Susan Mubarak, moglie del presidente del paese: ad una rappresentativa delegazione di 100 persone sarebbe stato permesso di attraversare il confine fino a Gaza. Date le circostanze, molte persone, io incluso, hanno percepito che questo fosse il miglior accordo che si poteva ottenere. Code Pink, il gruppo chiave dietro la marcia, ha iniziato a sceglire 100 persone per formare la delegazione, curando di assicurare rappresentanti per nazione ed organizzazioni. Troppo bello per essere vero, come si è poi dimostrato. Il Comitato direttivo della GFM ha inizialmente appoggiato il piano. Ad ogni modo, in un incontro che si è protratto fino alle 4 a.m. del 30 dicembre, il Comitato direttivo ha lascato cadere il suo consenso. Una delle ragioni è stata che il il Ministro deli Esteri egiziano ha rilasciato una dichiarazione che definiva i 100 che andavano come “buoni elementi”  della GFM mentre gli altri “i cattivi” erano quelli lasciati al Cairo. Secondo alcuni, questa era la  propaganda di cui aveva bisogno il governo per restare la passo e non essere accusato di far naufragare la la missione a Gaza. Secondo altri, chiamava in causa la legittimità del convoglio.

CONFUSIONE


Comunque, era troppo tardi per parlare di mancanza di consenso dei 100 selezionati che avevano inziato a radunarsi, insieme agli altri che avevano ancora speranza di salire sugli autobus, alle 6 del mattino vicino all’Hotel Isis ai piedi del ponte 6 Ottobre vicino a piaza Tahir. Alle 8 un gruppo si era radunato al punto di partenza urlando epiteti a quelli dentro gli autobus, chiamandoli “divisori”, “traditori”, o “collaboratori del governo egiziano”. Questi partecipanti alla GFM stavano dimostrando contro quelli di noi che si supponeva dovessero rappresentarli a Gaza! Che noi fossimo un delegazione di solidarietà messa insieme per aiutare a rompere l’assedio israeliano a Gaza, venne completamente dimenticato. Venimmo immediatamente calunniati come pedine del governo egiziano. 
Raramente sono stato testimone di un tale pessimo spettacolo di politici ingenui e così mal consigliati. I manifestanti hanno veramente pensato che il compromesso della delegazione dei 100 fosse un tradimento e che se avessero tenuto duro avrebbero potuto ottenere dal governo egiziano il permesso per tutti i 1362 di marciare a Gaza. Ma su quale pianeta credeva di essere questa gente?
A questo punto la leadership è crollata. Alcuni organizzatori che appena la notte prima ci reclutavano per la delegazione ora ci chiamavano perché scendessimo dagli autobus in quanto il convoglio “non rappresentava” la GFM. Le cose divennero ancora più surreali quando  alcuni importanti capi del Movimento di Boicottaggio contro le Sanzioni (BDS) diGaza e del West Bank e PENGO, il Collettivo della Società Civile Palestinese telefonarono per dissuadere3e i pulman di recarsi a Gaza perché avrebbero “diviso il Movimento”.

LEZIONI

Il 31 dicembre, il giorno cui in cui avrebbero dovuto marciare in Gaza, un gruppo molto ridotto di marciatori coraggiosamente portò avanti azioni in diverse parti del Cairo che verreno facilmente contenute dalle Forze di Sicurezza egiziane. Tuttavia, queste dimostrazioni, incluso un vivace raduno di diverse centinaia di persone  in piazza  Tahir a mezzogiorno ed una cerimonia al lume di candela a mezzanotte, hanno attratto l’attenzione dei media internazionali ed hanno mostrato che il resto del mondo non ha dimenticato Gaza. E davvero, con molte marce che si sono svolte nello stesso giorno a Gaza, in Israele, ed in altre città ovunque nel mondo, il “giorno dello stop l’assedio di Gaza” ha avuto ampiamente successo. A dispetto del fallimento dell’azione più importante in Egitto, le proteste hanno sottolineato la preoccupazione globale per la difficile situazione della gente di Gaza. La GFM è stata un’idea che ha ispirato davvero molte persone in tutto il mondo. Gente con le le migliori intenzioni e con grande impegno è arrivata al Cairo credendo di andare a Gaza. Organizzazioni come  Code Pink hanno compiuto sforzi erculei perché la marcia divenisse realtà. Davvero, radunare 1362 persone da ogni parte del mondo in un unico luogo per una manifestazione di solidarietà con la Palestina è stato in se stesso un risultato. E molti dei dimostranti che sono venuti al Cairo non hanno avuto la sensazione che i loro sforzi siano stati vani dal momento che le loro azioni di massa, incluso il raduno all’Ambasciata francese ed uno sciopero della fame molto pubblicizzato, hanno aiutato a richiamare l’attenzione del mondo sulle misere condizioni del popolo di Gaza. Quando tutto è detto e fatto, la realtà, comunque, è che nessuno dei dimostranti internazionali né alcuno dei loro rappresentanti è potuto entrare in Gaza (i 65 che sono andati hanno solo  rappresentato se stessi). Qualunque siano state le sue intenzioni,  il governo egiziano si è comportato in modo terribile. Sebben abbia sostenuto di voler proteggere gli interessi dello stato, il governo egiziano ha rivelato il suo aspetto autoritario, e questo certo non è stato bello. Ma occorre anche criticare molti dei  leader chiave della Marcia non sono riusciti ad educare i dimostranti sui limiti della pressione della società civile in uno stato autoritario, ad insegnare loro che  il compromesso di una delegazione di 100 persone non era un tradimento bensì la migliore trattativa possibile in quelle circostanze. Invece di accollarsi coraggiosamente questo compito difficile, la maggior parte dei dirigenti, sfortunatamente, è crollata nel momento critico.

La GFM, di cui molti di noi volevano il successo, è crollata senza il suo obiettivo. Ma, da questo risultato, possono scaturire in futuro fortunate iniziative di solidarietà, a patto che impariamo la lezione del Cairo. Una lezione molto importante è che dobbiamo perdere in fretta l’ingenuità politica ed imparare un’adesione equilibrata al pricipio ed al pragmatismo, cosa che è dolorosamente mancata qui. Ci dobbiamo liberare della mentalità del “tutto o niente” che è spesso scambiata per onestà  politica progressista, che invece porta alla paralisi politica.
Walden Bello è membro della Casa dei Rappresentanti delle Filippine che rappresenta Akbayan (Partito d’azione dei Cittadini),  senior analista di Focus on the Gobal South, editorialista di Politica Estera in Focus.



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