Dall'Egitto, una ulteriore e inaccettabile pretesa

Ieri, 16 ottobre il convoglio VivaPalestina5 aveva completato tutte le
operazioni per prepararsi all’imbarco sul cargo greco che doveva avvenire questa
mattina a partire dalle ore 9. Completato, a titolo gratuito, il pieno di
benzina per tutti i veicoli, dislocati i veicoli in ordine di marcia, ripulito
il campo che ci ha ospitato, consegnati tutti i passaporti per facilitare le
operazioni di frontiera, provveduto alle forniture di viveri e di acqua dato che
il vettore non è un traghetto per passeggeri e non offre alcuna opportunità di
ristoro, nella serata era previsto un ultimo incontro di saluto e di festa con
la comunità palestinese del campo profughi e con la comunità siriana che con
generosità ci hanno accolto e ospitato per ben 15 giorni.
E invece, a smorzare gli entusiasmi, è arrivato improvvisamente il contrordine:
le autorità egiziane hanno di nuovo bloccato l’operazione di ingresso con una
nuova e vessatoria richiesta: 17 degli attivisti considerati persone non
gradite, non possono entrare in Egitto. Richiesta immotivata e ricattatoria che
subito la direzione del convoglio ha dichiarato inaccettabile riservandosi di
adottare oggi, con l’arrivo a Lattakya di George Galloway, tutte le contromisure
per rispondere a questa ulteriore pretesa egiziana.
Non si conoscono i nomi dei 17 “indesiderati”, ma è evidente ormai che dietro a
questa ennesima richiesta c’è l’intervento di Israele.
Israele vuole interrompere questa crescente catena di iniziative (convogli e
flottiglie) che sta mettendo in crisi l’assedio e il boicottaggio adottato
contro la popolazione della Striscia di Gaza.
Il governo egiziano si presta a questo sporco gioco cercando di logorare la
resistenza e la compattezza dei partecipanti al convoglio, le delegazioni di
oltre 30 paesi, 380 attivisti con 145 veicoli pieni di aiuti umanitari.
Si tenga conto che il Convoglio, nelle trattative svolte a Damasco aveva già,
con grande senso di responsabilità, accettato condizioni molto pesanti, in
particolare la rinuncia del leader del convoglio, George Galloway a entrare a
Gaza. Ma non solo questo. Era stata accettata la pretesa egiziano-israeliana di
escludere il trasferimento in Gaza del carico di cemento, questa arma di
distruzione di massa che avrebbe permesso di ricostruire quelle case e quelle
infrastrutture distrutte dall’esercito israeliano nell’operazione “piombo fuso”.
Era stata pazientemente accettata la condizione di riclassificare tutti gli
aiuti e di caricarli su pallet per facilitare eventuali operazioni di controllo.
Tutto questo non è bastato, e non sono bastati 15 giorni di sequestro e di
blocco del convoglio a Lattakya, con disagi immaginabili per i 380 attivisti, ma
anche con un peso notevole per le autorità siriane che ci ospitano, fornendo
cibo e bevande a tutto il convoglio. Ora questa ulteriore e odiosa condizione.
Non conosciamo i nomi della lista di proscrizione; la direzione del convoglio
ha evitato per ora di renderla pubblica per non creare ulteriori tensioni e non
fare il gioco egiziano. Ma è presumibile che si vuole decapitare la testa del
convoglio e, di richiesta in richiesta, di rinvio in rinvio, bloccarlo
definitivamente, questo e anche i possibili futuri convogli.
Gli egiziani con questa mossa hanno rotto e disatteso un accordo già siglato a
Damasco e si sono resi responsabili di un inevitabile inasprimento del
confronto. La risposta del convoglio, per quanto pacifica non potrà che essere
molto dura. E’ vergognoso e intollerabile che si impedisca l’arrivo di aiuti
umanitari a una popolazione come quella della striscia di Gaza così duramente
provata da un assedio che dura dal 2006. Ma è anche intollerabile che l’Egitto
impedisca l’esercizio di uno dei diritti fondamentali che le convenzioni
internazionali garantiscono a tutti i cittadini, la libera circolazione delle
persone attraverso tutte le frontiere di tutti i paesi del mondo. Ma la manovra
egiziana appare sconsiderata. Perché una buona parte della sua economia si regge
proprio sulla libera circolazione di tutti quei cittadini, moltissimi sono gli
italiani, che ogni anno visitano l’Egitto e le sue più note e famose località
archeologiche e turistiche. Turisti sì, attivisti no? Il governo egiziano che
si sta esercitando in questa sfida pericolosa e insensata contro un convoglio di
cittadini e di attivisti del mondo intero deve allora fare molta molta
attenzione.
La delegazione italiana, in queste ore di tensione e di duro confronto, mentre
ribadisce la sua volontà di resistere a questa azione discriminatoria, invita
il movimento italiano di solidarietà con la resistenza palestinese a manifestare
la sua protesta davanti all’ambasciata e alle legazioni egiziane, di intervenire
sul ministero degli esteri italiano affinché si faccia carico di una ferma
protesta nei confronti del governo egiziano, ma anche a prepararsi a mettere
in campo, se la situazione non si sbloccherà rapidamente, un boicottaggio contro
il flusso turistico dall’Italia all’Egitto.
A fine serata c’è ancora tempo per una nuova esibizione, molto applaudita, del
team italiano che ha cantato Bella ciao, che è stata preceduta su iniziativa di
uno degli attivisti giordani dalla lettura del testo in arabo e in inglese. Una
ulteriore dimostrazione del forte spirito di umanità che caratterizza il
convoglio.

Aggiornamento delle ore 15 di domenica 17 ottobre

A mezzogiorno visita al campo del rappresentante in seconda di Hamas , accolto
con grande entusiasmo.
Poi press conference con la presenza di George Galloway, un intervento
attesissimo dopo la nuova pretesa del governo egiziano di escludere
dall’ingresso in Egitto e a Gaza di 17 attivisti.
Con la sua straordinaria capacità comunicativa Galloway passa in rassegna la
lista dei proscritti, dimostrando come le motivazioni addotte dalle autorità
egiziane sono in alcuni casi crudeli, in altri casi assurde e in altri casi
ancora sia crudeli che assurde.
Crudele l’esclusione di due attivisti turchi, parenti delle vittime della Mavi
Marmara, che intendono portare a Gaza, terra raccolta sulle tombe e destinata a
piantare fiori e alberi di ulivo a Gaza. Assurda l’esclusione di una giovane
attivista britannica, Amena Saleem, indicata come moglie di Galloway (solo
perché il suo nome è simile a quello della ex moglie del leader britannico);
crudele e assurda insieme la esclusione dello sceicco Ismail Nashwan, un anziano
di 83 anni, indicato erroneamente di avere nazionalità turca (e che
nell’apprendere la notizia non trattiene le lacrime)
L’intelligence egiziana, sottolinea Galloway, non ci fa certo una buona figura,
rimarcando in ogni caso che la responsabilità di questa irricevibile lista di
proscrizione è del Presidente Hosni Mubarak che deve avere “cattivi
consigleri”.
Conclusione: domani il convoglio, con tutti gli attivisti, partirà per El Arish;
le autorità egiziane avranno tutto il tempo a disposizione per riflettere,
prendere atto della assurdità ed inconsistenza di questa ennesima richiesta
dilatoria e prendere atto degli errori commessi.
Si annuncia un attracco a El Arish alquanto movimentato.

ISM-Italia
Lattakya, 17 ottobre 2010

top