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22 dicembre 2009
Iran, torna l’Onda verde Scontri ai funerali di Montazeri
di Gabriel Bertinetto

Le esequie dell’ayatollah Montazeri si trasformano in una grandiosa prova di forza dell’opposizione iraniana. Le strade di Qom, città santa per i musulmani del ramo sciita, sono gremite di manifestanti. Che esprimono il lutto per la scomparsa dell’anziano teologo attraverso la contestazione dei teocrati al potere. Centinaia di migliaia di persone, forse addirittura un milione secondo un sito Internet dei movimenti riformatori, si ammassano attorno al feretro. Sfilano per le vie diQome scandiscono slogan in cui rendono onore allamemoria del defunto, e insieme denunciano la malvagità del regime.«Oinnocente Montazeri -gridano-, proseguiremo lungo il tuo cammino anche se il dittatore facesse piovere proiettili sulle nostre teste ». E ancora: «Montazeri non è morto, è morto il governo». 

CENSURA DI REGIME 
Davanti alla casa dell’ex-delfino di Khomeini e ai margini del tragitto del corteo funebre, sono schierati poliziotti e basiji, i miliziani integralisti. Quae là scoppiano tafferugli. Decine di cittadini democratici vengono arrestati. Alcuni sono bloccati prima ancora di raggiungere Qom. Ma poche foto e poche testimonianze sfuggono alle maglie della censura ancora una volta imposta dalle autorità per impedire che i concittadini ed il mondo sappiano che dimensione ha la rivolta popolare, la cosiddetta «onda verde», e quanto accanita sia la repressione. Stando a notizie confuse circolate durante la giornata, alcuni agenti vengono bersagliati con lanci di pietre. Si odono colpi di arma da fuoco sparati in aria vicino al mausoleo di Masoumeh, sorella dell’ottavo imam sciita, dove avviene la sepoltura. L’abitazione di Montazeri è presa d'assalto dalle milizie basiji che distruggono alcuni cartelli funebri. «Vergognatevi, ipocriti, andatevene da Qom», urlano i Basiji mobilitati dal governo, provocando i dimostranti. Dalle cui fila in risposta si alza il coro di scherno: «Dove finiscono i proventi del petrolio? In tasca ai Basiji». Come dire: siete militanti prezzolati. A fine giornata circola la notizia di un’aggressione a MirhosseinMousavi, leader dell’opposizione. La sua auto sarebbe stata attaccata mentre ripartiva da Qom diretto a Teheran, e ci sarebbero stati dei feriti. Mousavi e l’altro dirigente riformista Mehdi Karroubi avevano annnunciato la propria presenza alle esequie ed hanno mantenuto la promessa recandosi in visita al domicilio in cui Montazeri ha vissuto per anni, isolato ed emarginato. Troppo conosciuto e stimato per essere imprigionato od eliminato. Politicamente troppo pericoloso per essere lasciato libero di agire. Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, lo chiama «padre dei diritti umani in Iran». Ebadi ha i titoli per attribuireuna patente così nobile, visto che lei stessa è impegnata nella tutela legale delle persone allel quali quei diritti in Iran sono negati. 

UNA TECA DI VETRO 
Prima di essere sistemato in una bara di legno e trasportato a bordo di un camion sino al luogo dell’inumazione, il corpo di Montazeri è rimasto esposto per un giorno in una teca di vetro. A rendergli l’estremo saluto, nella casa di Qom, oltre ai leader dell’opposizione, anche Yusuf Sanei, altro ayatollah dissidente, il cui nome è più volte invocato dalla folla durante i funerali. Significativa la visita di due nipoti dell’imam Khomeini. Di quest’ultimo, Montazeri era a metà degli anni ottanta il successore designato. Ma ruppe clamorosamentecon lui quando si oppose strenuamente all’eliminazione fisica di numerosi avversari del regime detenuti. Con la stessa energica libertà di giudizio nei mesi scorsi ha attaccato i dirigenti attuali, la Guida suprema Ali Khamenei ed il presidenteMahmoudAhmadinejad, per la feroce repressione delle proteste popolari innescate dai brogli elettorali di giugno. Non sorprende che nessun alto esponente del governo si sia fatto vedere ieri a Qom. È arrivato invece un rappresentante di Al Sistani, capo del clero sciita nel vicino Iraq. Seppure non sia stata pubblicizzato, l’evento suona come un silenzioso riconoscimento diplomatico-religioso verso la componente critica interna all’establishment clericale in Iran. Ben lontani dal tagliare i ponti con Khamenei e soci, Sistani ed i suoi lasciano intendere però che non sono disposti a seguirli in un’eventuale campagna di denigrazione o persecuzione ai danni dell’ala dissidente.

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