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20/01/2010

Quel che resta degli uomini
di Nicola Sessa

Intervista a Vladimir Vukcevic, procuratore serbo per i crimini di

guerra, su un eccidio di civili da parte dei miliziani albanesi in

Kosovo nel 1999

Nella scorsa primavera, i funzionari dell'Unmik (la Missione Onu in

Kosovo) hanno inviato al procuratore serbo per i crimini di guerra

Vladimir Vukcevic la documentazione relativa alle indagini sul

presunto traffico di organi umani durante il conflitto del 1999 in

Kosovo. Dopo una prima lettera in cui si affermava che l'Unmik non era

in possesso di alcun materiale sul caso della cosiddetta "Casa

Gialla", hanno successivamente scritto che in seguito a una più

dettagliata ricerca erano stati rinvenuti negli archivi alcuni

documenti. Si tratta di dieci diversi files, tra cui il rapporto

completo sulla 'casa gialla'. Secondo tale relazione - che contiene i

risultati dell'esame della scena del crimine fatta a Burrel città nel 

nord dell'Albania, nel 2004 - gli investigatori hanno trovato tracce

di sangue (identificati mediante la soluzione chimica Luminol) su due

pareti e sul pavimento di una stanza a pianterreno, che si pensa possa

essere stata utilizzata come sala operatoria. Decine di testimoni,

quelli ascoltati sia dalla procura di Belgrado che dagli investigatori

dell'Aja, hanno dichiarato che molto probabilmente circa 300 non-

albanesi, per lo più serbi, siano stati rapiti, uccisi e sottoposti a 

espianti di organi. PeaceReporter, sulla questione, ha sentito gli

uffici della procura di Belgrado.

Qual è il contenuto di questi documenti che l'Unmik ha tenuto nascosto

per molto tempo?

Si tratta di documenti altamente riservati. Le indagini sono ancora in

corso e vista la delicatezza dell'oggetto, saranno coperte da segreto.

Abbiamo riscontrato una serie di dettagli interessanti, ed è giunto il

momento di condurre una seria indagine. Sono convinto che noi e i

giudici della procura di Tirana dovremmo lavorare in maniera

coordinata, ma dal momento che la politica ha interferito in questo

caso, faremo ogni sforzo per portare la questione anche a livello

internazionale. Abbiamo 134 testimoni diretti o indiretti, e oltre 200

pagine di materiale. Crediamo, poi, di aver individuato il luogo in

cui, a nostro parere, i serbi e gli altri non-albanesi sono stati

sepolti.

Tra le persone identificate come autori di questi crimini, c'è

qualcuno che ha ricoperto ruoli di alto rango nella vita politica del

Kosovo?

Siamo riusciti a ottenere alcuni nuovi elementi e dettagli

sorprendenti. Attraverso conti bancari in Albania e Svizzera, abbiamo

raggiunto prove estremamente significative che indicano come alcune

figure politiche di alto profilo di Kosovo e Albania siano state

coinvolte nei crimini commessi nel nord dell'Albania e, quello che qui

interessa, nei fatti della "casa gialla". Tra gli altri, siamo in

possesso di documenti e numeri di conti bancari riconducibili a Ramush

Haradinaj (ndr all'epoca dei fatti comandante dell'Uçk,

successivamente processato e prosciolto in primo grado dal Tribunale

dell'Aja).

Perché le autorità dell'Unmik sono state reticenti nel consegnarvi il

rapporto completo?

Immediatamente dopo l'apertura dell'inchiesta, abbiamo chiesto alle

autorità dell'Unmik di fornirci i risultati delle loro indagini. Il 6 

giugno 2008, ricevemmo una risposta dall'Unmik in cui negavano che

tali indagini erano mai stati effettuate. Attraverso canali informali,

venimmo in possesso della relazione principale sulla 'casa gialla'. La

relazione contiene un elenco di medicinali e attrezzature che rendono

verosimile l'ipotesi che in quella casa sia stata approntata una sala

operatoria. Inoltre, nel documento veniva individuato come magazzino

di raccolta delle prove rinvenute nella 'casa gialla' il Centro medico-

legale di Orahovac.

Solo dopo aver inoltrato una richiesta al Consiglio di Sicurezza Onu

nel dicembre del 2008, la relazione ci è stata ufficialmente

consegnata. In quell'occasione, il segretario generale del nostro

ufficio, Bojan Lapcevi´c, ha consegnato al team di Alan Le Roy, il

sottosegretario delle Nazioni Unite incaricato delle operazioni di

pace, la lettera del giugno 2008 in cui i funzionari dell'Unmik

negavano di aver compiuto delle indagini. Solo così, le autorità

dell'Unmik sono state invitate dall'organo competente delle Nazioni

Unite a fornire tutte le informazioni in loro possesso, che avrebbero

potuto contribuire a chiarire la triste vicenda del traffico di

organi. Adesso, la mia impressione è che tutti vogliano la verità

sugli eventi che hanno avuto luogo nel nord dell'Albania.

Credete che la missione EULEX contribuirà a indagini più obiettive?

Ci auguriamo che Eulex (ndr la Missione europea di giustizia)

indagherà sulle denunce di scomparsa dei serbi, legate ai reati

compiuti nel nord dell'Albania. A giudicare dalle premesse credo che

affronteranno a questo caso con serietà e con la dovuta

considerazione. Mi permetto di ricordarvi che la signora Carla Del

Ponte (ndr ex procuratore all'Aja presso il Tribunale per i crimini di

guerra commessi nell'ex Jugoslavia) ha scritto nel suo libro sul

presunto traffico di organi nel nord dell'Albania e che il Tribunale

dell'Aja ha anche un'ampia documentazione a sostegno di tali

affermazioni. In diverse occasioni abbiamo parlato con gli

investigatori del Tribunale internazionale e in seguito alle

istruzioni impartite dal procuratore capo Serge Brammertz, l'indagine

ha preso il giusto corso, contribuendo alla divulgazione di una serie

di fatti che, a nostro parere, sono stati finora oscurati. Ci

aspettiamo che anche il signor Dick Marty, l'inviato speciale del

Consiglio d'Europa, compia il suo lavoro d'indagine. Credo che, in

seguito alle prove raccolte, le istituzioni e le organizzazioni

internazionali siano state messe in allerta. Le autorità Eulex sono

chiamate a un serio esame di obiettività. E dal punto di vista

procedurale, si tratta di un caso estremamente forte che avrà una

forte eco.

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