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29/6/2010 - Ripreso da Gauravonomics

I paradigmi possibili dell'attivismo digitale
di Gaurav Mishra
Tradotto da M.G .Pozzi e T. Nigi

Nel corso del Simposio sulle Tecnologie per l'Azione Sociale (e-STAS) tenutosi a Malaga qualche mese fa, mi sono reso conto che esistono due paradigmi di attivismo digitale innegabilmente diversi: uno esprime la consapevolezza e la partecipazione dovute alla maggiore informazione e l’altro la spinta creativa che stimola l’impegno.

Il primo paradigma è quello in cui si lavora con un gruppo penalizzato che ha accesso limitato anche solo alle informazioni essenziali e ai più basilari strumenti per esprimersi. In questo caso, per consentire al gruppo di accedere alle informazioni essenziali e di raccontarsi, si utilizzano semplici dispositivi digitali come i cellulari e le videocamere Flip, oltre a tecnologie di facile utilizzo come gli SMS e i video online. Frontline SMS, Ushahidi, Freedom fone e Video Volunteers sono ottimi esempi del paradigma di attivismo digitale mirato a far crescere consapevolezza e partecipazione grazie all’informazione.

Il secondo paradigma è quello in cui si lavora con un gruppo che è tutt’altro che svantaggiato. È il caso di entità che usano internet e tecnologie mobili senza difficoltà, sia per accedere istantaneamente alle informazioni necessarie, sia per esprimersi e avviare interazioni sociali. Qui lo scopo dell’attivista digitale non è superare difficoltà legate alla mancanza di competenze, bensì rimediare a uno scompenso nell’attenzione ricevuta.

E allora l’obiettivo non è far crescere la consapevolezza tramite l’informazione ma offrire spinte creative per stimolare un maggior impegno. Move On e i Janaagraha sono esempi di attivismo digitale volto a 'ispirare per stimolare l'impegno'.

Di solito si associa il primo paradigma al mondo emergente di Asia e Africa, mentre il secondo tipo di attivismo sociale viene ricollegato al mondo ricco del Nord America e dell’Europa.

Durante l’e-STAS è emerso chiaramente che in India questi due mondi convivono. Nella prima parte del convegno Osama Manzar ha parlato dell’esigenza di offrire a 1,2 miliardi di indiani l’accesso all’informazione e una voce per raccontare in prima persona le proprie storie. Nel mio intervento ho spiegato come stimolare 50 milioni di giovani indiani istruiti, che vivono in città e sono dotati di un’ampia rete di contatti, a servirsi della propria voce autorevole non solo in veste di consumatori ma anche di cittadini impegnati.

Ma è emerso anche che gli attivisti che guardano al mondo con la volontà di ‘far crescere la consapevolezza attraverso l’informazione’ spesso si limitano a usare le tecnologie per creare e condividere contenuti, mentre gli attivisti che stimolano la spinta creativa verso un maggiore impegno sociale utilizzano i contenuti per far leva sulla conversazione, la collaborazione, l'aggregazione e su quegli strati di tecnologia digitale (sociale) che costituiscono l'intelligenza collettiva. Ecco allora che il video della vedova ventunenne in una zona rurale dell’Africa diventa il punto di partenza di una campagna per porre fine alla guerra, o di un’iniziativa collettiva per raccogliere fondi finalizzati all’acquisto di una mucca.

Quel che conta non è quale paradigma sia più importante, conta il fatto che questi paradigmi coesistono in più contesti di quanti non si immagini. Quindi, se siete attivisti, pensate al paradigma che state adottando – ‘far crescere la consapevolezza con l’informazione’ oppure ‘dare una spinta creativa per stimolare l’impegno’ – e chiedetevi in che modo la causa che vi sta a cuore potrebbe trarre beneficio da entrambe.


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