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31 Marzo 2011

Gaza: Il Lungo e Complicato Viaggio della Farina

Gerusalemme, 31 Marzo 2011, Nena News -270 tonnellate ogni giorno: sono le quantità di farina, che l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, l’UNRWA, distribuisce quotidianamente a circa 750.000 residenti della Striscia di Gaza. Un carico che deve essere controllato, quindi caricato e scaricato dai camion in attesa al valico di Kerem Shalom, almeno 8 volte: perché così vogliono le autorità israeliane; una delle infinite e complicate procedure, parte del complesso e farraginoso sistema di sicurezza messo in atto da Israele sulle merci a cui è consentito l’accesso nella Striscia sotto assedio.

Oltre la metà dei palestinesi di Gaza non raggiunge standard adeguati di sicurezza alimentare, denuncia il World Food Programme. E il fatto che al momento Kerem Shalom sia l’unico valico attraverso il quale è consentito l’accesso delle merci così come degli aiuti alimentari che entrano a Gaza, complica ulteriormente la situazione. Kerem Shalom è infatti un valico molto piccolo, denunciano gli operatori dell’UNRWA e i guidatori dei camion carichi di aiuti umanitari, sono costretti a lunghe attese sotto il sole, 5 volte a settimana. L’entrata di 200 carichi quotidiani, spinge al limite le capacità del posto di blocco controllato da Israele. Che unilateralmente, ha deciso di chiudere per sempre l’altro valico, Karni, l’unico commerciale, che consentiva l’ingresso di una maggiore quantità di camion: chiuso già dal 2007 ai carichi umanitari, tranne che al passaggio di grano, Israele ne ha annunciato la definitiva chiusura lo scorso 2 marzo. Rimane quindi solo Kerem Shalom, 5 volte più piccolo di Karni, e che chiude subito dopo mezzogiorno. UNRWA denuncia in questi giorni che il trasferimento dell’ingresso di farina di grano da Kerem Shalom ha fatto aumentare il costo della logistica e del trasporto di almeno un 20%.

Maj Guy Inbar, coordinatore delle attività del governo israeliano in territorio palestinese (COGAT), afferma che questo valico è molto più sicuro di quello di Karni. Dal momento che molti dei razi lanciati dall’interno di Gaza, sono partiti dall’area di Shujayah (a est di Gaza City), nei pressi di Karni.

Procedure interminabili e farraginose

I contaneir di aiuti umanitari da paesi stranieri arrivano al porto israeliano di Ashdod, e da lì vengono trasportati ai vicini magazzini UNRWA. Dove gli operatori li trasferiscono su carrelli elevatori. Qui, soprattutto merci alimentari e forniture medico-sanitarie, vengono impacchettate a mano con della plastica, per fare in modo che non si deteriorino prima di raggiungere – dopo un lungo viaggio sotto il sole, e l’attesa al valico per i controlli israeliani – i 12 centri di distribuzione dell’agenzia ONU, dentro Gaza. Un procedimento che come l’UNRWA ha denunciato più e più volte è costoso oltre che complicato.

Costi di trasporto raddoppiati

Il trasporto delle merci secondo le procedure israeliane (in blocchi plastificati) costa all’UNRWA il doppio rispetto al trasporto in container da 38 metri cubi, e il rischio che i prodotti si danneggino, rimane comunque molto alto. Inoltre le tasse di importazioni, percepite da compagnie private (israeliane) che operano a Kerem Shalom, rimangono molto elevate. Alle richieste delle agenzie umanitarie sul perché questa procedura sia migliore dell’uso dei container  e quindi obbligatoria, il Ministro della Difesa Israeliano non ha mai risposto.

Secondo quanto stimato da UNRWA, il trasporto attuale di merci (compresi generi alimentari) con le procedure attuali, rispetto a quello tramite container, ha comportato una spesa aggiuntiva di 2,1 milioni di dollari nel 2010 e 730.000 dollari nei soli mesi di gennaio e febbraio, dall’inizio del 2011.“Costi significativi” fa notare il portavoce UNRWA a Gerusalemme, Chris Gunness, “in un momento in cui l’UNRWA affronta carenze di budget che ammontano a oltre 50 milioni (di dollari)”.

Inoltre sempre secondo le denunce di UNRWA, a Kerem Shalom, non vi è alcun magazzino in grado di ospitare correttamente quelle merci, compresi farmaci e medicinali, soggette a facile deterioramento. Una indagine recente condotta da AIDA, un network che racchiude oltre 80 ONG che operano nei territori palestinesi sotto occupazione, i costi per le organizzazioni umanitarie destinati ad affrontare le restrizioni sul movimento degli operatori e delle merci imposte da Israele, si aggira intorno ai 4,5 milioni di dollari all’anno. Nena News

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