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05 maggio 2011

Stato Palestinese e Responsabilita’ Israele
di Chantal Meloni

Roma, 05 maggio 2011, Nena News – Il possibile – e non remoto- riconoscimento dello Stato palestinese ed il suo ingresso in sede Onu avrebbe, tra le sue molteplici conseguenze, anche degli effetti dirompenti sul piano delle responsabilità israeliane per le azioni condotte nei territori occupati.

Il cambiamento sarebbe in particolare da attendersi non tanto sul piano dell’affermazione di tali responsabilità a livello internazionale –già oggi ampiamente riconosciute da decine di risoluzioni Onu e non solo – ma piuttosto sul piano delle conseguenze pratiche.

Lo spiega bene l’avvocato israeliano Michael Sfard in un recente articolo firmato su Haaretz.  Sfard, che da anni si occupa di difendere i diritti dei palestinesi di fronte alle corti israeliane, conosce bene le dinamiche di questo conflitto, combattuto non solo con bombe e carri armati ma anche nei palazzi di giustizia, davanti a giudici togati.

“Nel corso di 44 anni [di occupazione], Israele è riuscito a mettere il compito di giudicare le sue azioni dei territori occupati nelle  mani della Alta Corte di Giustizia [israeliana] la quale  ha approvato praticamente ogni politica e pratica dell’esercito [israeliano] nei territori, aggravando l’occupazione e rendendo possibili massicce violazioni dei diritti umani sotto la sua protezione”, afferma Sfard nell’articolo citato.

Come da anni denunciano le organizzazioni per i diritti umani nazionali e internazionali, il sistema giudiziario israeliano, ove le indagini sulle presunte violazioni, abusi e crimini commessi dall’esercito sono condotte dagli stessi organi militari, garantisce una impunità de facto ai soldati ed ai vertici israeliani per qualsiasi azione da essi intrapresa nei territori palestinesi occupati.

Come scrive Sfard, applicare la legge nei confronti dei soldati o ufficiali israeliani che l’abbiano violata sarebbe una sorta di “miracolo”.

Israele inoltre ha sempre sostenuto nelle sedi internazionali di non essere tenuto ad applicare i vari trattati sui diritti umani, di cui è membro, ai territori palestinesi, e non ha mai riconosciuto autorità al Comitato Onu per i Diritti Umani (che è un organo tecnico e non politico) di discutere le gravi denunce ricevute riguardanti le violazioni dei diritti della popolazione palestinese.

La posizione di Israele è stata peraltro  sempre condannata nelle sedi internazionali, ove è stata costantemente ribadita l’applicabilità di tali strumenti anche al di là della Green Line (che divide Israele dai territori palestinesi), ma nessuna conseguenza pratica ne è mai seguita.

E tuttavia tale situazione potrebbe essere prossima ad una svolta. Difficile dire se si tratterà davvero di un “legal tsunami” come evoca Sfard, ma certamente nel momento in cui la Palestina fosse riconosciuta come Stato dall’Onu molti equilibri cambierebbero.

Anzitutto il conflitto sarebbe senz’altro da qualificarsi come di natura internazionale, con conseguenze sul tipo  di normativa applicabile.

Significativo è che le autorità palestinesi potrebbero ratificare i vari trattati e strumenti internazionali a tutela diritti umani, rendendoli senz’altro applicabili al proprio territorio e nei confronti dei propri cittadini senza ambiguità.

Fondamentale è in questo senso la possibilità che la Palestina avrebbe di entrare a fare parte della Corte Penale Internazionale, in tal modo rendendo giudicabili dalla Corte i presunti crimini commessi, anche da parte israeliana, sul territorio palestinese.

In effetti è bene ricordare che nell’immediatezza della fine dell’attacco israeliano su Gaza del dicembre 2008-gennaio 2009 (c.d. operazione Piombo Fuso), le autorità palestinesi, nella persona del Ministro della Giustizia del governo di Ramallah, presentarono alla Corte dell’Aia una dichiarazione ai  sensi dello Statuto, con cui si dichiarava di volere accettare la giurisdizione della Corte Penale Internazionale sul proprio territorio.

Da oltre due anni il Procuratore della Corte, Luis Moreno Ocampo, sta valutando se sia possibile aprire le indagini sulla situazione di Gaza sulla base di tale dichiarazione. Il nodo fondamentale che sta bloccando il processo è proprio l’incertezza sullo status della Palestina a livello internazionale (in quanto solo gli Stati possono, stando alla lettera dello  Statuto essere parte della Corte).

Appare peraltro pressoché certo che una volta rimosso l’ostacolo in questione la Corte Penale Internazionale non potrebbe che aprire un procedimento, data la gravità e quantità  di denunce ricevute in merito a presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nei territori palestinesi, ed in particolare a Gaza. Nena News