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21 febbraio 2012

Israele, Khader Adnan ha vinto
di Luca Galassi

Khader ha vinto. Dopo aver sconfitto per 66 giorni la fame, la privazione e la tortura del carcere, ha vinto la sua battaglia contro lo Stato di Israele. La sua astensione volontaria da cibo e acqua è terminata un’ora prima che il suo appello finisse sul tavolo della Corte Suprema israeliana, in anticipo rispetto a giovedì a causa delle gravi condizioni di salute dell’uomo. Secondo l’organizzazione umanitaria Physicians for Human Rights, che seguiva costantemente l’evolversi della situazione, se Khader avesse continuato ancora qualche giorno la protesta sarebbe sicuramente morto.

L’intesa raggiunta con il procuratore di Stato prevede che Khader cessi lo sciopero della fame e resti ricoverato nell’ospedale Ziv di Safed (Galilea), viste le sue precarie condizioni di salute. Se nelle prossime settimane non sopraggiungeranno elementi nuovi a suo carico, lo Stato israeliano farà cadere la richiesta di estensione della sua detenzione amministrativa e il membro della Jihad Islamica sarà rimesso in libertà alla fine della scadenza del provvedimento, prevista il 19 aprile.

Lo sciopero della fame ha trasformato il fornaio trentatreenne in un eroe per i palestinesi, che a migliaia la scorsa settimana sono scesi in piazza in Cisgiordania e a Gaza in suo sostegno. Il suo caso ha mobilitato anche le cancellerie europee, che per voce del capo della politica estera comune, Catherine Ashton, avevano espresso ‘grave preoccupazione’, sostenendo che “i detenuti hanno il diritti di essere informati delle accuse loro rivolte ed essere soggetti a un giusto processo”.

Arrestato il 17 dicembre scorso, fu condannato a quattro mesi di ‘detenzione amministrativa’. Il giorno dopo l’incarcerazione, Khader cominciò lo sciopero della fame per protesta contro l’arresto, asserendo di essere stato picchiato e umiliato in carcere. Il movimento estremista militante della Jihad Islamica, cui Khader apparteneva, si è reso responsabile in passato di numerosi omicidi di israeliani in attacchi suicidi. Il movimento aveva promesso di vendicarlo, qualora lo sciopero della fame lo avesse portato alla morte.

Khader è stato in passato portavoce della Jihad Islamica, ma non è dato sapere se avesse mai preso parte ad attacchi. Come non è dato sapere quale fosse il reato addebitatogli. La sua protesta, che echeggia quella conclusasi tragicamente dell’irlandese Bobby Sands nel carcare di Long Kesh, ha acceso l’attenzione del mondo sulla politica israeliana della detenzione amministrativa, che consente di tenere in carcere i palestinesi per un tempo indeterminato, rinnovandola alla scadenza di ogni termine.

L’accusa generica a Khader era quella di atti di ‘minaccia alla sicurezza regionale’. Lo Stato di Israele giustifica la politica di detenzione amministrativa con la necessità di bloccare imminenti pericoli alla sua sicurezza, e sostiene che rilasciare informazioni o fornire prove potrebbe mettere in pericolo la rete dei suoi informatori.