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giovedì 14 giugno 2012 08:16

Kufr Aqab, simbolo di vita incerta per i palestinesi di Gerusalemme
di Daoud al Ahmar




Questo villaggio tra Ramallah e la Citta' Santa cristallizza in maniera esemplare le conseguenze sociali, politiche e geografiche dell'occupazione dei territori palestinesi

Gerusalemme, 14 giugno 2012, Nena News - Kufr Aqab è un'area di confine difficilmente catalogabile in termini urbanistici o militari e che merita una particolare attenzione da vari punti di vista poiché cristallizza in maniera esemplare le conseguenze sociali, politiche e geografiche dell'occupazione della terra palestinese.

Fino agli anni '90 era considerato uno dei sobborghi più calmi e ameni del nord di Gerusalemme: bassa densità abitativa, aree verdi ancora intatte, vegetazione che si inerpicava gentilmente lungo le colline che tornivano i pochi chilometri che intercorrono tra la Città Santa e Ramallah. Dal 2002 però, lo scoppio della Seconda Intifada, il deteriorarsi delle condizioni di Gerusalemme Est e la costruzione del muro di separazione ne hanno mutato topografia e carattere sociale oltre ad escluderla da Gerusalemme, città che ne mantiene ufficialmente l'amministrazione. Col passare degli anni, l'area è divenuta una zona cuscinetto di sicurezza (come molte altre disseminate per tutta la Cisgiordania) sita tra il trafficatissimo check-point di Qualandia e Ramallah, fino quando, dopo il ritiro delle truppe israeliane dalla città Palestinese (2006), si è trasformata in una vera e propria "no man's land". La peculiarità rispetto ad altre zone però non è di poco conto: infatti, pur ritrovandosi al di qua del muro, Kufr Aqab è ancora ufficialmente amministrata da Gerusalemme, il che permette ai quei Palestinesi gerosolimitani che "scappano" dalla città di riuscire a mantenere la propria residenza. Almeno per il momento.



Crisi d'identità a Gerusalemme La supposta capitale dell'ipotetico stato di Palestina, Gerusalemme Est, raccoglie una popolazione araba di 270.000 abitanti. Nel corso degli anni, l'occupazione della parte orientale della città ha circoscritto sino ad annullare completamente ogni autorità da parte dei rappresentanti Palestinesi. Questo significa che la Municipalità e lo Stato d'Israele si "occupano" dei cittadini arabi ivi residenti. Un palestinese nato e cresciuto a Gerusalemme possiede dunque una carta d'identità rilasciata dallo Stato d'Israele diversa da quella dai suoi "com-non-patrioti" residenti in Cisgiordania o in Israele, senza tuttavia godere di un'effettiva cittadinanza né di passaporto Israeliano a differenza degli altri palestinesi residenti in Israele, i cosiddetti arabo-israeliani.

Esclusi da molti diritti concessi ai "normali" cittadini Israeliani, per i palestinesi le difficoltà si acutizzano quando si tratta del diritto di proprietà. Secondo una legge israeliana in vigore dal 1995, essi devono annualmente provare la loro presenza nella Città Santa, pena la revoca della carta d'identità e il conseguente trasferimento forzato in Cisgiordania. Provare la residenza, secondo questa politica del "Jerusalem center of life", non significa solamente dimostrare di essere nati a Gerusalemme, o possedere un'abitazione, ma fornire annualmente le prove materiali della propria vita nella Capitale con il supporto di tutti i documenti necessari: il pagamento dell'arnona , le ricevute di elettricità e gas, le bollette del telefono, contratti di lavoro e di iscrizione agli istituti scolastici e via dicendo . Questa politica comporta loro una serie di limitazioni spesso impossibili da sostenere oltre ad una pressione psicologica notevole. Ad esempio, un Palestinese che sceglie di trasferirsi a studiare o lavorare all'estero anche per un solo anno è quasi sicuramente condannato a perdere la propria residenza e a trovarsi sbattuto fuori dalla sua città. C'è poi da considerare che l'amministrazione israeliana di Gerusalemme che gestisce l'area edificabile della municipalità, compresa la parte orientale (occupata), ha stabilito che solo il 13% di questa è riservata alla costruzione di case per residenti arabi. Sono un migliaio le concessioni abitative accordate ogni anno per i 270.000 abitanti palestinesi di Gerusalemme Est . Questo tipo di "tattica urbanistica" ha inevitabilmente creato una sovrappopolazione nei quartieri arabi della città sempre più strangolati dai divieti di costruzione, insufficienza e inefficienza di infrastrutture e dall'espansione di nuove colonie alle quali è concesso peraltro il 35% del territorio edificabile di Gerusalemme Est . In tale contesto è facile immaginare l'aumento vertiginoso dei costi delle case, sia in termini di locazione che per la costruzione. Dopo l'entrata in vigore della legge sulla residenza, tra il 1995 e il 2000 sono state revocate circa 3.000 carte d'identità. Ma i picchi più alti si sono venuti a verificare negli anni che hanno seguito la Seconda Intifada e che hanno visto l'irrigidirsi della stessa normativa : nel 2006 c'è stato il primo record di revoche, 1.363, seguito dalle 4.577 del 2008
. 
Pressioni psicologiche e sociali di questi genere, violenze da parte dei coloni, la disoccupazione e le enormi difficoltà economiche - si pensi solo a tutto il giro di affari andato in fumo a Gerusalemme Est a causa della costruzione del muro con l'arresto della circolazione di persone e merci - rendono estenuante la vita per i palestinesi di Gerusalemme. Molti di questi decidono infatti, "di loro volontà", di trasferirsi in Cisgiordania sotto l'egida dell'ANP, perdendo però irrevocabilmente la propria residenza.



Kufr Aqab una soluzione a metà I fattori sopracitati non sono esaustivi per spiegare tutte le problematiche che ruotano attorno all'occupazione di Gerusalemme, né delle strategie di allontanamento o trasferimento forzato della popolazione araba dalla Città Santa, ma forse rendono più chiaro lo sviluppo urbano incontrollato e senza precedenti che sta coinvolgendo talune aree nelle periferie delle città della Cisgiordania come quella di Kufr Aqab. 

Qui, negli ultimi sei anni, il numero degli abitanti è passato da 15.000 a 60.000 in un'area di meno di 6 km2 . Il 90% delle costruzioni sono a scopo abitativo e distano pochi metri l'uno dall'altra ricordando le periferie dimenticate di alcune metropoli europee. In virtù del vuoto amministrativo si sta assistendo a uno sviluppo urbano senza alcun criterio, alla proliferazione di costruzioni di dimensioni spropositate che vanno a formare un enorme complesso residenziale il cui incontrollato sviluppo ricorda persino la realizzazione fulminea delle colonie israeliane. 

Quest'area, si diceva, è diventata la soluzione temporanea per tutti quei Palestinesi sotto minaccia di revoca della residenza (vittime della politica del "center of life") ma anche di coloro che non possono ottenere permessi per costruire un'abitazione, oltre a chi non è più in grado di sostenere i costi altissimi della Capitale. Si pensi che il prezzo di una casa di 150m2 a Kufr Aqab si aggira intorno ai 50.000 $ contro i 300.000 di Gerusalemme. Ma, fulcro vitale della maggior parte della popolazione che vive a Kufr Aqab, resta Gerusalemme, il che comporta il quotidiano spossante transito nel trafficatissimo check-point di Qualandia, principale passaggio tra Gerusalemme a Ramallah.

Per il momento quindi, i cittadini che vivono nel "quartiere gerosolimitano" di Kufr Aquab mantengono il proprio diritto di residenza pur vivendo al di qua del muro. Ma stando alle regole dell'occupazione israeliana - impostate su una logica di temporaneità, incertezza e normative d'eccezione - risulta plausibile che la strategia delle autorità israeliane sia quella di revocare, in un futuro prossimo, tutte le carte d'identità dei palestinesi di Kufr Aqab perché al di fuori delle "zone di competenza" della Municipalità. Non è un segreto che il governo di Tel Aviv si sia prefissato l'obiettivo di superare numericamente la popolazione araba della Città Santa, affinché diventi a maggioranza israeliana. Nena News