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28 gennaio 2012

Minori Palestinesi in Carcere per un Sasso
di Marta Fortunato

Testimonianze shock di ragazzi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane rivelano una situazione tragica in violazione alle convenzioni internazionali sui diritti dei minori. Arresti e pene spropositate provocano traumi fisici e psicologici indelebili.

Beit Sahour (Cisgiordania), 28 gennaio 2012, Nena News – La Cella 36 del carcere israeliano di al-Jarame è per i bambini palestinesi come la stanza 101 del celebre romanzo orwelliano “1984”. Luogo di violenza fisica e psicologica. Testimonianze raccolte dall’organizzazione Defense for Children International (DCI) Section Palestine, ed interviste fatte dal quotidiano inglese The Guardian, raccontano in dettaglio la vita dei minori palestinesi all’interno delle prigioni israeliane. Pene durissime e spropositate per piccoli reati. La maggior parte dei minori che hanno subito violenze sono stati accusati di aver lanciato pietre contro soldati o coloni.
M. S. ha 16 anni, vive a Tulkarem ed è stato arrestato lo scorso gennaio dalle autorità israeliane. La sua è una storia come quella di tanti altri bambini palestinesi. “Quattro soldati sono entrati nella mia stanza da letto e mi hanno detto che dovevo andare via con loro. Non hanno spiegato il perchè, né a me né ai miei genitori” ha raccontato al The Guardian. Bendato ed incappucciato, M. è stato caricato in una jeep israeliana e portato in giro per tutta la notte, fino a quando è stato condotto nella prigione di al-Jarame, sulla strada che da Nazareth conduce ad Haifa. E subito è stato rinchiuso nella cella 36, in isolamento. 17 giorni di silenzio, in una stanza senza finestre poco più grande del materasso dove dormiva, il bagno dietro un basso muro. Una luce accesa 24 ore su 24, che rendeva difficile il sonno, che confondeva il giorno con la notte. Solo il cibo, consegnato attraverso una piccola apertura della porta, scandiva il tempo. L’unico contatto con l’esterno è avvenuto nel momento dell’interrogatorio. “Hanno urlato parolacce contro di me, mi hanno minacciato di arrestare tutti i membri della famiglia se non avessi confessato” ha continuato il ragazzo.
Storia che trova conferma anche in molte altre testimonianze. E spesso durante l’interrogatorio la violenza non è solo psicologica ma anche fisica. Il DCI ha raccolto tre testimonianze nelle quali le vittime, accusate di aver lanciato sassi, hanno subito scosse elettriche durante l’interrogatorio. E anche le interviste fatte dal quotidiano britannico hanno messo in risalto la stessa realtà. “Ho visitato mio figlio in prigione, ho visto che avevo dei segni di scosse elettriche su entrambe le braccia, si vedevano chiaramente da dietro il vetro, gli ho chiesto se fossero stati causati da scariche elettriche e mio figlio ha solo scosso la testa. Aveva paura che qualcuno sentisse” ha raccontato Ali Odwan, padre di Y., 14 anni.

Una violenza che inizia nel momento dell’arresto e continua fino al rilascio. Le testimonianze sono sconvolgenti: arresti notturni, mani legate, incappucciamenti, abusi fisici e psicologici, minacce e detenzioni in isolamento. E anche i dati di DCI parlano chiaro: ogni anno vengono arrestati tra i 500 e i 700 minori ed in media i bambini detenuti ogni mese nelle carceri israeliane oscillano tra i 300 e i 340, di cui una decina circa in detenzione amministrativa. Per circa il 70% dei bambini, la detenzione dura dai 6 mesi ad un anno, il 14,6% resta invece dietro le sbarre per oltre tre anni (dati DCI 2008).

Anche uno studio fatto dall’organizzazione israeliana per i diritti umani B’tselem sui minori nelle carceri israeliane e pubblicato a luglio 2011 denuncia che il trattamento subito viola la convenzione internazionale sui diritti dei bambini. E nonostante la nuova normativa, entrata in vigore il 3 ottobre scorso, che considera i  “minori” tutti coloro che non hanno raggiunto i 18 anni di età, “la situazione resta problematica perché la legge militare non protegge ancora in maniera appropriata i minori. Non esistono ancora procedure speciali per l’arresto di bambini” ha spiegato Naama Baumgarten-Sharon, ricercatore dell’organizzazione israeliana B’Tselem.  Le pene continuano ad essere spropositate e il trattamento disumano. Nena News