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ottobre 11, 2012

Sociocidio, Israele e Palestina
di Johan Galtung
Traduzione di Miky Lanza

Testimonianza per il Tribunale Russell sulla Palestine – NewYork City, 7 ottobre 2012

Onorevoli membri della Giuria:  Sociocidio è un nuovo concetto che non ha trovato posto nel diritto internazionale positivo. Come invece il Genocidio, il terribile delitto di uccisione in massa dei membri di un genus, una nazione, per nessun altro motivo che la loro appartenenza nazionale. E anche Ecocidio, l’indicibile delitto di uccidere Madre Terra che ci nutre tutti quanti, vi sta trovando posto, mediante le costituzioni di alcuni paesi latino-americani.

Il Sociocidio, l’eliminazione della capacità di una società di sopravvivere e riprodursi, dovrebbe ugualmente diventare un delitto preminente contro l’umanità. Una società è un sistema sociale che si auto-riproduce. Lo sono pure gli esseri umani, con i nostri bisogni fondamentali di sopravvivenza, benessere, identità, libertà. La società è anch’essa un organismo, con una vita ben più durevole di quella individuale. Affinché gli umani sopravvivano come tali bisogna che vengano soddisfatti i loro bisogni fondamentali. Perché ciò accada deve sopravvivere la società. Affinché essa sopravviva devono essere soddisfatti i prerequisiti sociali fondamentali:

* di sicurezza, contro la violenza, l’uccisione la lesione dei suoi membri;

* di sostenibilità economica, contro la fame e la malattia;

* di identità, culturalmente, per una senso della vita, contro l’alienazione;

* di autonomia, politicamente, per essere padroni a casa propria.

Con il dispiegarsi della società, altrettanto avviene per i membri umani, e viceversa. Vita genera vita.

Ciò vale anche per le società nomadi basate su cacciatori-raccoglitori. I monasteri sono incapaci di auto-riproduzione biologicamente quando basati su un solo genere, ma sono società altamente vitali basate sul reclutamento.

Nella modernità, l’identità è portata dalla nazione, con quattro caratteristiche: un idioma, una religione-cosmologia, una storia – del passato, presente e futuro – e l’attaccamento geografico.  Il tempo, lo spazio, con i mezzi per comunicare e qualcosa in cui credere, sono cruciali.

Nella modernità è lo stato l’esecutore chiave di tutto quanto sopra.

Il sociocidio è la lesione-eliminazione intenzionale di una società mediante la soppressione dei prerequisiti per una società viva, vibrante, dinamica.

Il sociocidio angaria i membri umani; alla lunga, letalmente. Sociocidio è ciò che il colonialismo occidentale, ma non solo, fa da secoli, negando agli altri la loro autonomia, imponendo la propria identità – lingua e visione del mondo – sospingendoli al di fuori della loro dialettica storica e dentro la storia come periferia occidentale, negando la terra cui sono attaccati col cuore e la mente; e il loro corpo, in quanto a sicurezza e sostentamento – per gli alimenti, l’acqua, la salute. Israele fa parte della tradizione occidentale, con l’eccezione del proprio passato ebraico, celato nelle nebbie dei miti. Tuttavia un certo passato ci fu, proprio su quelle terre. Sicché io stesso sono stato e sono un sostenitore di uno stato con caratteristiche ebraiche, non di uno stato ebraico per soli ebrei, entro i confini del 1967; e l’ho sostenuto intensamente in vari paesi arabi. Non credo però né in un’entità mono-statale né in una bi-statale, bensì in una soluzione esa-statale: una comunità modellata sulla Comunità Europea del 1958; Israele con i suoi cinque confinanti arabi: Siria, Libano, Giordania, Egitto e Palestina pienamente riconosciuti secondo il diritto internazionale.

Ma la politica è stata e rimane nel solco tradizionale del colonialismo d’occupazione occidentale, introduce nuovi coloni, intensifica il colonialismo. Verifichiamola coi criteri del sociocidio.

Sicurezza – Ai Palestinesi si nega il diritto a un apparato militare; qualunque tentativo di auto-difesa dall’occupazione è per Israele un casus belli. Inoltre, per Israele, la nonviolenza come approccio alternativo alla sicurezza palestinese viene affrontata con mezzi militari, da guerra. E il compito della polizia palestinese è proteggere i coloni israeliani dai palestinesi, non i palestinesi.

Sostentamento – Si privano i palestinesi di enormi fette di territorio con la nakba, abbattendo e confiscando villaggi palestinesi, negando loro il buon suolo, l’acqua; senza una fine in vista.

Idioma, cosmologia – A grandi linee lasciato intatto, ma asimmetricamente: gli arabi devono imparare l’ebraico, non viceversa; nessun rispetto per l’islam.

Tempo – Assolutamente cruciale. Il riferimento pubblico alla nakba sta diventando illegale, i palestinesi vengono così privati di una parte importante del proprio passato; niente monumenti né propri simboli nello spazio pubblico. Il presente è una vessazione interminabile che pregiudica una vita sensata. E ancor peggio: è privazione di un futuro mediante un’incertezza pervasiva.  Israele non dichiara mai dove si trovino quei confini riconosciuti e posti in sicurezza (dal Nilo all’Eufrate?); in quanto imprevedibile, il futuro si raggrinzisce in mera sopravvivenza.

Spazio – Uno spazio sacro, la nostra terra, non un suolo come risorsa, che si restrige anch’esso al di sotto di un minimo rendendo i palestinesi degli estranei alla propria terra.

Stato – Negazione: esiste solo una debole “Autorità Palestinese” senz’alcuno “stato finale”. Ci sono invece sfruttamento dei palestinesi, sforzi di colonizzarne le menti da cittadini di seconda classe, israeliani che utilizzano i palestinesi solo per manovalanza, frammentandoli territorialmente dentro-fuori Israele, fomentando le divisioni fra Cisgiordania e Gaza, entro la Cisgiordania, e anche mediante il Muro. I palestinesi sono in generale emarginati.

La Palestina è dunque vittima di sociocidio da parte di Israele? Decisamente!

Sicurezza, sostentamento, tempo, spazio, stato, idioma, cosmologia, almeno cinque su sette elementi. Non morti ma feriti malamente.  Nessuna guarigione in vista.

Gaza è viva; ma attacchi armati contro Israele, per quanto comprensibili, sono contro-producenti. La nonviolenza reca con sé, con cautela data la reazione israeliana, il futuro che si vuole vedere. L’uso di una diplomazia bi- e multi-laterale, l’accrescimento della legittimazione internazionale di uno stato palestinese, promuoverne la nazione mediante l’UNESCO e lo stato mediante l’ONU.

Ma soprattutto operare per una visione positiva del futuro. Uno stato palestinese vivo con tutti i prerequisiti soddisfatti è indispensabile.  Ma lo è altrettanto un’immagine di una comunità con Israele, attualmente autistico ed eventualmente in processo di socio-suicidio, sempre più isolato. Una comunità con una cooperazione equa, empatia reciproca e libera dai traumi, alla maniera sudafricana.

Gli USA e Israele sono nati allo stesso modo, come popolo eletto da Dio con terre promesse, utilizzando il sociocidio e il genocidio (gli USA). Senza cambiamento di politica possono anche declinare e cadere allo stesso modo. E forse presto.


8-10-12

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale: Sociocide, Palestine and Israel

http://www.transcend.org/tms/2012/10/sociocide-palestine-and-israel/