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4 marzo 2013

I villaggi beduini e il diritto all’acqua
di Sawsan Zaher

Stabilendo che i cittadini beduini di Israele hanno solo il diritto ad un “accesso minimo” all’acqua invece che “uguale accesso”, la Corte Suprema israeliana ha deciso che lo Stato di diritto non si applica ai cittadini beduini. La situazione che ne risulta è intollerabile per un Paese che si definisce una democrazia, ma è perfetta per un Paese che si ritiene uno “Stato ebraico”.

Il 20 febbraio, la Corte Suprema israeliana ha rigettato l’appello dei 500 residenti del villaggio beduino non riconosciuto di Umm al-Hiran in Negev, che chiedevano un accesso minimo all’acqua potabile. L’appello era stato presentato da Adalah, il Centro Legale per i Diritti della Minoranza Araba in Israele, a favore dei 500 abitanti.

I residenti del villaggio di Umm al-Hiran sono arrivati nel 1956 quando sono stati costretti a spostarsi dall’esercito israeliano. Oggi, 58 anni dopo, prendono l’acqua potabile da una cisterna fornita dall’Autorità Israeliana per l’Acqua, che ha deciso di costruirla a otto chilometri dal villaggio. In alternativa, i residenti possono prendere l’acqua potabile da una famiglia che vive a quattro chilometri. Quest’ultima opzione è complicata dal fatto che si sono create controversie tra gli abitanti e la famiglia, che chiede un prezzo più alto di quello dell’Autorità israeliana.

In altre parole, sebbene lo Stato sia responsabile di fornire acqua potabile direttamente e equamente a tutti i cittadini, i residenti del villaggio possono o provvedere da soli andando a prendere l’acqua a otto km di distanza, o vivere contando sulla disponibilità di una famiglia e pagare l’acqua ad un prezzo maggiore degli altri cittadini. Nel frattempo, la vicina comunità ebraica di Amos, che consiste di una sola famiglia, è connessa alla rete idrica che raggiunge direttamente la loro casa – come accade agli altri 30 insediamenti ebraici in Negev.

Venerdì, la decisione della Corte Suprema ha posto fine a otto anni di battaglie legali in diversi tribunali israeliani. Questa situazione non deriva dalla mancanza di risorse naturali ma piuttosto dalla politica intenzionale del governo che non vuole connettere alla rete idrica Umm al-Hiran, e altri 90mila beduini che vivono nelle loro terre da secoli in 34 villaggi non riconosciuti. Il governo ha reso chiaro che tale politica è volta a costringere i beduini a lasciare le loro terre negando loro i servizi. Obiettivo della politica di evacuazione è la creazione di nuove città ebraiche nell’area e di zone industriali sotto la giurisdizione delle cittadine ebraiche, oppure la mera forestazione del deserto.

La decisione della corte segue ad una precedenza sentenza del giugno 2006, che riguardava la richiesta degli abitanti del villaggio di collegare le proprie case alla rete idrica. All’epoca, la Corte Suprema stabilì che il diritto all’acqua è parte del diritto costituzionale allo standard minimo di vita, che è collegato al diritto alla dignità. Tuttavia, la Corte stabilì che i cittadini che vivevano in villaggi non riconosciuti non avevano diritto al collegamento alla rete idrica. La corte ha quindi accettato la versione dello Stato per cui il rifiuto a collegare i villaggi all’acqua dipende dal non riconoscimento del villaggio e quindi dei suoi abitanti. Per questo non hanno diritto ad avere alcun servizio, neppure quelli di base, come l’acqua, l’elettricità, l’educazione e la salute.

Lo Stato ha anche dichiarato al tribunale che se collegasse i villaggi non riconosciuti alla rete idrica, “incoraggerebbe il fenomeno”, mentre negando il diritto all’acqua creerebbe “un incentivo per i beduini a spostarsi in cittadine create dallo Stato stesso” – ulteriore prova che lo Stato utilizza la questione dell’acqua per fare pressioni sugli abitanti perché evacuino le loro terre. La corte ha confermato che la ragione di tale politica è adeguata e ragionevole.

Tuttavia, la corte ha aggiunto che gli abitanti hanno diritto ad un accesso minimo all’acqua, una risorsa essenziale, senza definire il significato di “accesso minimo”. La sola eccezione che secondo la corte autorizza alla connessione diretta alla rete idrica è “per speciali ragioni umanitarie”. Dopo aver analizzato il caso di Umm al-Hiran, la corte non ha stabilito se una cisterna a otto km di distanza dal villaggio rispetta i criteri “accesso minimo” e ha deciso di girare il caso all’Autorità dell’Acqua per un nuovo esame. Adalah ha fatto appello a favore degli abitanti presso l’Autorità dell’Acqua perché riconsiderasse la posizione della cisterna, più vicina al villaggio, ma l’appello è stato rigettato.

La conseguenza è stata il ritorno alla Corte Suprema. L’ultimo appello ha portato alla nuova sentenza che ancora una volta ha giustificato la politica del governo di “incoraggiare” i residenti a lasciare le proprie terre e ha stabilito che le attuali circostanze garantiscono a sufficienza i criteri di “accesso minimo” all’acqua.

Con questa sentenza, la corte ha stabilito che lo Stato di diritto non si applica ai cittadini beduini di Israele. Accettando la giustificazione statale per cui negando l’acqua si forzerebbero i beduini a lasciare le proprie terre e che i residenti hanno diritto ad un “accesso minimo” all’acqua e non ad un “eguale accesso”, la corte israeliane ha giustificato il rifiuto di connettere i villaggi alla rete dell’acqua potabile come mezzo per spingere i beduini che non vogliono abbandonare le proprie terre. Una sentenza che va a braccetto con il fatto che le autorità israeliane rifiutano intenzionalmente di riconoscere i diritti di proprietà delle terre ai beduini.

La situazione che ne risulta è intollerabile per un Paese che si autodefinisce una democrazia, ma tollerabile per un Paese che intende mantenersi “Stato ebraico”. La corte ha rifiutato di riconoscere il diritto di questo gruppo di cittadini ad un “eguale accesso” all’acqua, insistendo per un “accesso minimo”. Ciò pone i cittadini beduini ad un livello inferiore rispetto agli altri cittadini israeliani nella scala dei diritti costituzionali.

Così il sistema giudiziario rifiuta ufficialmente di dichiarare tali cittadini uguali agli altri. Infine, creando un’eccezione basata su “considerazioni umanitarie speciali” si sposta la questione dei diritti beduini da un livello costituzionale a uno di diritti umani. Il contesto umanitario si applica in caso di occupazione, come accade in Cisgiordania. E in effetti la mentalità israeliana d’occupazione viene applicata legalmente all’interno della Linea Verde e si pongono i cittadini beduini sotto l’autorità di un potere occupante.
 

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