Al Maasara 30 ottobre 2013

Un saluto addolorato dalla Palestina che resiste ma ancora non esiste.
di Carla Biavati

dopo 30 giorni passati in Palestina a raccogliere olive nei campi tra kofor kaddoum Al Masara e Bil in, a visitare i campi rifugiati tra Nablus e Betlemme, ed avere monitorato la tragedia dei piani di evaquazione dei beduini in jordan valley e nel neghev mi ritrovo a fare un doloroso riassunto di tutte queste esperienze.

la pratica della resistenza nonviolenta dei villaggi sta vivendo un grave momento di crisi

i comitati che la coordinano sono frammentati e comunicano a tratti fra di loro e la speranza di una grande sollevazione che coinvolgesse centinaia di villaggi si e dissolta infrangendosi contro la realta della normalizzazione la paura e la sfiducia circa la reale possibilita di riuscire a cambiare il corso dei progetti perpetrati dallo stato di israele per impedire totalmente una qualsiasi autodeterminazione palestinese.

In aggiunta ho visto materialmente l aggressivita che sfiora la violenza nei nostri confronti da parte dei paesani di alcuni villaggi che sia per collaborazionismo che per manipolazioni e polemiche ci consideravano un ostacolo ed un inefficace strummento.

vedere nei loro occhi la rabbia per essere sottoposti alla violenza della risposta dell esercito israeliano e la preoccupazione del biasimo dei normalizzatori che forniscono loro i pochi danari di sfruttamento che pero sono le sole risorse che hanno per sussistere mi ha ricordato le nostre lotte contro la presenza della mafia in paesi cme CastelVolturno e altri luoghi.

Il prezioso lavoro dei comitati si sgretola di giorno in giorno contro qesto secondo muro invisibile che si sta costruendo attorno alla loro resistenza.

Una altra concezione di supporto si dovrebbe realizzare molto rapidamente da parte delle organizzazioni perche anche la nostra azione all interno di una tale situazione rischia di essere strumentale alla delegittimazione del lavoro politico di resistenza e strumentalizzata dalla propaganda circa i previlegi ed i fondi molto mitizzati che i comitati ricevono dalle organizzazioni internazionali.

La capacita di diventare uno strumento veramente utile e condiviso mi urge dentro e con il ragionamento mi costringo ad una analisi piu costruttiva.

Il lavoro politico e per sua identita un bene immateriale che diventa materiale soltanto quando raggiunge i cambiamenti sociali che si prefigge quindi dopo dialoghi e proposte penso chhe occorra ripensarlo circa percorsi di empowerment sociale ed economica che nella nostra minima incidenza di intervento riescano a supportare davvero concretamente le classi piu svantaggiate come ad esempio i sotto occupati e ledonne cosi da rendere effettive le azioni di politica locale di resistenza all occupazione.

E per terminare anche il nostro lavoro di Campagne come il Bds a cui partecipo dovrebbe comprendere anche il lancio delle cosiddette sanzioni positiove ovvvero il rilancio della esportazione di produzioni locali e cooperative del prodotto Palestinese cosi da produrre una advocacy reale e concreta circa le enormi necessita della popolazione Palestinese.

Ecco tutto o almeno il mio pezzettino finale di proposta dopo questa esperienza.

Non aspiro a definirla una analisi esaustiva che potra essere svilippata meglio in seguito ma e soltanto il mio pezzo di mattoncino per un ponticello di speranza sopra questa desolane e dolorosa realta.

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