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18 marzo 2013

I soldati a noleggio di Obama
di Martina Pignatti Morano, Un ponte per

Gli agenti delle compagnie militari private sono i nuovi padroni dell’Iraq. Interrogano i prigioneri nelle carceri, sfuggono alla giustizia e se trapelano notizie di torture non è c’è alcuna reponsabilità politica del governo. Se un contractor muore, inoltre, non compare nell’elenco dei soldati vittime di guerra che tanto pesa sulle spalle dei politici in campagna elettorale. Sono loro il nuovo volto della guerra per il controllo delle risorse inventata dieci anni fa dagli Stati uniti. Una campagna internazionale per la regolamentazione delle compagnie militari private e due incontri a Roma

Nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2003 iniziavano a Baghdad i bombardamenti dell’aviazione statunitense, in flagrante violazione del diritto internazionale e senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite. Andavano in fumo così i tentativi dell’opinione pubblica mondiale di fermare quell’attacco, mosso con la chiara intenzione di assumere controllo sulle risorse petrolifere irachene e di trasformare l’Iraq in un’area di libero mercato che convincesse gli iracheni di quanto «buoni e inscindibili» fossero la democrazia e il capitalismo.

La storia è andata diversamente per gli iracheni, tanto che oggi un quarto di loro non ha nemmeno accesso all’acqua potabile, ma gli interessi privati occidentali – primo motore della guerra – hanno prosperato anche nella conduzione stessa della guerra, da parte di compagnie militari private. Sono loro la nuova faccia dell’occupazione, dopo il ritirio delle truppe ufficiali avvenuto nel 2012. Vengono utilizzate da governi (incluso quello iracheno, autoritario e sempre più vicino alle pratiche di una dittatura), imprese, ma anche ong e agenzie Onu. Per questo quasi nessuno preme seriamente per fermare la proliferazione dei contractors, agenti di Private Military and Security Companies (Pmsc).

Nel 2004 il Times di Londra scriveva: «In Iraq, il business del dopoguerra non è il petrolio. E’ la sicurezza». Il numero di contractors aumentava infatti di mese in mese, fino a raggiungere numero pari a quello delle truppe Usa dispiegate in Iraq nel 2010. Non sappiamo oggi quante decine di migliaia di mercenari siano presenti nel paese, ma le violazioni dei diritti umani da parte dei contractors sono terribili, la loro impunità pressochè totale.

Come riporta un dettagliato rapporto dell’associazione catalana Novact, gli iracheni hanno subito stragi come quella di Nisoor Square a Baghdad, nella quale diciassette civili sono stati uccisi e ventiquattro feriti durante una sparatoria dai mercenari della compagnia americana Blackwater. La stessa è stata coinvolta tra il 2005 e il 2007 in almeno altri 195 incidenti per l’uso di «tattiche di combattimento aggressive» in varie città dell’Iraq. Oltre 250 persone sono state torturate ad Abu Ghraib dove compagnie come Titan/L-3 e Caci avevano in appalto i servizi di sicurezza. Mentre i soldati occidentali coinvolti in tali crimini vengono spesso portati davanti a una corte (seppure vengano poi generalmente assolti o subiscano pene simboliche), i mercenari sfuggono alla giustizia.

Non vi sono modalità chiare affinchè le vittime o le loro famiglie possano denunciare i crimini, chiedere giustizia, ottenere indennizzi. E’ per questo che gli Stati appaltano volentieri alle Pmsc le funzioni più sporche, come l’interrogatorio dei prigioneri nelle carceri. Se trapelano notizie di torture, non sarà reponsabilità politica del governo, e gli agenti non verranno comunque consegnati alla corte militare. Se un contractor muore non riceve gli onori militari, e non compare soprattutto nell’elenco dei soldati morti in guerra che tanto pesa sulle spalle dei politici in campagna elettorale. I mercenari sono inoltre flessibili: se ne servono cinquanta tra due giorni per un’operazione urgente li si ordina e l’agenzia li spedisce sul campo, già formati ed equipaggiati. Nella peggiore tradizione delle privatizzazioni, gli Stati finiscono così per prediligere questi «soldati a noleggio» ai soldati regolari, nonostate il costo altissimo che questo comporta per i bilanci pubblici.

Per questo l’Iraqi Civil Society Solidarity Initiative ha deciso di lanciare una campagna internazionale per la regolamentazione delle compagnie militari private, adottata in Italia da Rete Disarmo. Sarà presentata a Roma proprio nel giorno e nell’ora in cui, dieci anni fa, iniziavano i bombardamenti su Baghdad. Si parlerà anche di Afghanistan, paese in cui il numero di contractors al soldo degli Usa ha abbondantemente superato quello delle truppe statunitensi.

Primo appuntamento il 19 marzo 2013 alle 18 presso Scup (via Nola 5, Roma) con attivisti spagnoli e statunitensi che già da anni promuovono la campagna nei loro paesi.

E poi il 20 marzo alle 17 a La Sapienza, presso il Dipartimento di Studi Orientali di Roma (Aula 8, Via Principe Amedeo 182 B) per un incontro sulla regolamentazione internazionale delle Pmsc.

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