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In una video intervista realizzata da Alex Scalici, Elisa Fangareggi racconta l’esperienza di Time4Life. (video)


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21 maggio 2013

Time4Life, video intervista a Elisa Fangareggi
a cura di Alex Scalici

L’associazione – che è tale dal mese di marzo 2013 – muove i primi passi nel 2011, dopo l’incontro di Elisa con Firas, amico siriano scappato a Dubai con la famiglia per sfuggire ai bombardamenti. Elisa comincia a raccogliere latte e medicinali per le persone che si trovano nel campo profughi di Bab al Salam, al confine della turchia, che attualmente ospita 14 mila persone.

A poco a poco si forma una squadra formata da lei, da Stefania Zanier, da Renato De Fazio, da Firas e da altri amici che si recano in Siria due volte al mese per consegnare gli aiuti raccolti in Italia, latte in polvere e medicinali.

Tutto il materiale viene portato in aereo personalmente dai volontari e tutta la merce viene seguita personalmente da casa nelle mani della popolazione per evitare che venga sequestrato o rivenduto al mercato nero – racconta Elisa nell’intervista -. Ci fidiamo solo di noi stessi e vogliamo essere sicuri che gli aiuti finiscano nelle mani delle persone del campo profughi.

La maggior parte dei farmaci vengono donati da privati o dalle farmacie, soprattutto antibiotici, antifiammatori e multivitaminici.

La situazione è terrificante, soprattutto per bambini che erano abituati a vivere in case riscaldate e si sono ritrovati in tenda senza riscaldamento. Moltissimi sono morti per il freddo.

Ai medici è vietato dal regime curare i civili – spiega -. Il nostro medico di riferimento è stato rapito e da un mese non sappiamo più niente.

Nella squadra di volontari di Time4Life ci sono medici e paramedici.

Quando possiamo portiamo già anche dei giochi. Questi bambini non hanno più niente, e anche un peluche da stringere la notte può fare la differenza.

Il ricordo più bello che ho è legato a una bambina di dodici anni che si chiama Marwa, la vedevo camminare a piedi nudi con delle ciabattine di gomma in mezzo alla neve. Avevamo distribuito tutto, non c’era più niente, ma non volevo lasciarla così. L’ho chiamata dentro l’ambulatorio, le ho asciugato i piedi che erano congelati e le ho infilato i miei stivali. Io me ne sono andata con le sue ciabatte.
Rivederla dopo tre settimane, in forma, e con i miei stivali disintegrati è stata una grande soddisfazione.

 

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