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lunedì 25 febbraio 2013 09:16

Samer Issawi, solo un altro numero
di Michael Omer-Man
per +972mag.com

A differenza del Prigioniero X, la società israeliana non si scandalizza per il sistema illegale che impedisce a Issawi di aver un processo equo. Perché? Issawi è palestinese.

Gerusalemme, 25 febbraio 2013, Nena News - Samer Issawi, prigioniero palestinese in sciopero della fame da oltre 200 giorni non continuative, si è presentato davanti al tribunale giovedì. Secondo la sentenza emessa dalla Corte di Gerusalemme, si potrebbe pensare che Issawi sarà rilasciato il 6 marzo, quando la condanna sarà conclusa. Ma Samer Issawi è palestinese ed è per questo soggetto ad un sistema giuridico a più livelli, nel quale il suo destino non è deciso da giudici civili, ma da tre funzionari dell'esercito israeliano. Prima che Israele decidesse di rilasciare 1.027 palestinesi in cambio del soldato dell'IDF Gilat Shalit, l'esercito aveva lievemente modificato l'articolo 186 dell'Ordine Militare 1651. L'articolo 186 prevede la creazione di tribunali militari con il potere di cancellare precedenti rilasci. Le corti operano utilizzando prove segrete, che non vengono rivelate neppure ai palestinesi che non sanno quindi di cosa sono accusati. Così, se secondo la sentenza di giovedì Issawi va rilasciato tra poche settimane, probabilmente sarà sottoposto a nuovo giudizio dal tribunale militare per i 20 anni che ancora dovrebbe scontare e che non ha scontato perché liberato nell'accordo Shalit. Non sa ancora per quale crimine potrebbe essere incarcerato di nuovo. Anche il prigioniero più segreto degli ultimi anni, il Prigioniero X, sapeva di cosa era accusato. Ma il Prigioniero X era ebreo. Samer Issawi è palestinese. Intanto un altro prigioniero palestinese in sciopero della fame si trova in carcere nella stessa situazione. Altri due sono in detenzione amministrativa, la pratica di detenzione dei sospetti senza accuse né processi e senza che siano informati del crimine di cui sono indagati. L'ingiustizia subita da Issawi e dagli altri detenuti non è solo loro, è quella che continua a unire la società palestinese. Scioperi della fame di solidarietà si stanno tenendo sia dentro che fuori le carceri israeliane. Proteste si svolgono in tutta la Cisgiordania e, a giudicare dal numero dei manifestanti feriti, la risposta militare israeliana si sta facendo più violenta. Giovedì scorso, migliaia di palestinesi hanno marciato verso la prigione militare di Ofer, in solidarietà con i prigionieri in sciopero della fame e in protesta contro la misura della detenzione amministrativa. Solo in quella manifestazione, almeno 29 persone sono state ferite da proiettili di gomma e candelotti di gas lacrimogeno. Pochi giorni prima, circa venti manifestanti palestinesi sono stati feriti in una manifestazione ad Hebron. Proteste simili si stanno svolgendo ormai ogni giorno in tutta la Cisgiordania. Vengono erette tende di solidarietà nelle città e nei quartieri palestinesi in Israele, a Jaffa, Acco, Nazareth. Una situazione che potrebbe esplodere se uno dei prigionieri in sciopero della fame morisse in prigione. Il parlamentare palestinese Mustafa Barghouti ha avvertito giovedì: "Se qualcosa di brutto dovesse accadere a Issawi, l'intera Cisgiordania si solleverebbe e una nuova nonviolenta Intifada scoppierebbe". È una possibilità reale. Qualsiasi cosa può accadere a Issawi, in qualsiasi momento, ha spiegato il direttore esecutivo Ran Cohen, di Physicians for Human Rights: "Il problema principale è che potrebbero avere un attacco cardiaco o qualcosa di simile senza che possiamo prevederlo". Ma c'è un elemento ancora più importante nella questione dei prigionieri in sciopero della fame. Non sono i loro casi individuali ad essere iniqui, sebbene lo siano. Assoggettare una popolazione civile ad un sistema legale militare è l'ingiustizia più grande. C'è una parola per definire un regime che governa persone diverse secondo leggi diverse, che si basano sulla loro nazionalità, religione e colore della pelle. Ad una conferenza a Gerusalemme giovedì scorso, l'ex direttore generale del Ministero degli Esteri e prima ambasciatore israeliano in Sud Africa, Alon Liel, ha spiegato: "Ad oggi, fino a quando non sarà creato uno Stato di Palestina, siamo nei fatti uno Stato solo. Questo Stato congiunto - nella speranza che lo status quo sia temporaneo - è uno Stato di apartheid". Molti in Israele, in particolare i giornalisti e coloro che si preoccupano per il rispetto dei diritti umani e civili, avevano affilato le armi nei giorni scorsi per il caso della detenzione segreta del Prigioniero X, soprattutto perché le accuse contro di lui non sono state rese note al pubblico e ai media. Il Prigioniero X, tuttavia, conosceva le accuse contro di lui e i suoi avvocati avevano accesso alle prove contro di lui. A differenza del Prigioniero X, Samer Issawi non conosce nemmeno per quale crimine è stato arrestato, né ha l'opportunità di contestarlo di fronte alla corte, per non parlare di un tribunale civile che si basi sulla legge civile e che sia sottoposto a controllo civile. Samer Issawi è palestinese. A differenza del Prigioniero X, la società israeliana non si scandalizza per il sistema legale che gli impedisce di avere un processo equo. Samer Issawi è palestinese.

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