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21 marzo 13

Samer Issawi: preferisco la morte alla deportazione
di Tariq Shadid

All’occasione, l’occupazione sionistaoffre‘accordi di deportazione’ ai prigionieri politici palestinesi consentendo loro di sottoscrivere un bando temporaneo o permanente in cambio del loro rilascio dal carcere. Ieri, una tale offerta-ricatto è stata accettata – sotto forte coercizione – dallo scioperante della fame Ayman Sharawneh, che lo ha portato a essere bandito dalla sua città natale e deportato a Gaza, per un periodo di almeno 10 anni.

Ieri, l’avvocato di Samer Issawi, Fawwaz Shloudy, ha pubblicato sul suo profilo Facebook la seguente dichiarazione fatta dal tenace scioperante della fame. Questa è la sua traduzione in inglese. “Per quanto riguarda l’offerta dell’occupazione israeliana di espellermi a Gaza, affermo che Gaza fa parte innegabile della mia terra e la sua gente è la mia gente. Tuttavia mi recherò in visita a Gaza quando lo vorrò. Voglio e  ho la sensazione che sia entro la mia patria Palestina che ho il diritto di girare ogni volta che mi piace dall’estremo nord all’estremo sud. Mi rifiuto fermamente di essere deportato a Gaza in quanto questa prassi sarà solo un’amara rievocazione del processo di espulsione al quale il nostro popolo è stato soggetto durante il 1948 e 1967.

Stiamo lottando per la libertà della nostra terra e il ritorno dei nostri profughi in Palestina e di quelli della diaspora, non per aggiungere a loro altri deportati. Questa pratica sistematica con la quale Israele mira a svuotare da cima a fondo la Palestina dei palestinesi e portare al loro posto degli stranieri è però un crimine. Quindi, mi rifiuto di essere deportato e sarò disponibile solo a essere liberato a Gerusalemme, in quanto so che l’occupazione israeliana mira a svuotare Gerusalemme della sua gente facendo diventare gli arabi un gruppo minoritario della sua popolazione. La questione della deportazione non è più una decisione personale, è piuttosto un principio nazionale. Se ogni detenuto sotto pressione accetterà di essere deportato fuori da Gerusalemme, alla fine essa sarà svuotata del suo stesso popolo.

Preferirei morire nel mio letto d’ospedale piuttosto che essere espulso da Gerusalemme. Gerusalemme è la mia anima, la mia vita. Se ne venissi sradicato, la mia anima verrebbe sradicata dal mio corpo. Lontano da Gerusalemme la mia vita non ha alcun senso. Nessun paese al mondo che non sia Gerusalemme sarà in grado di accogliermi tra le sue braccia. Pertanto, il mio ritorno avverrà solo a Gerusalemme e in nessun altro luogo. Consiglio tutti i palestinesi di abbracciare la propria terra e i propri villaggi e di non soccombere ai desideri dell’occupazione israeliana. Non ritengo che la questione sia un fatto personale legato a Samer Issawi. Si tratta di una questione nazionale, una convinzione e un principio che ogni palestinese che ama il sacro suolo della sua patria dovrebbe far proprio. Infine, riconfermo per la millesima volta di continuare lo sciopero della fame fino alla libertà e al ritorno a Gerusalemme o al martirio!”

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