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Martedì 02 Aprile 2013

Un altro morto nelle carceri sioniste, detenuti in rivolta
della corrispondente di Infoaut dall'area mediorientale

E' morto questa mattina Maysara Abu Hamdiyeh, detenuto nelle carceri israeliane.
Appartenente alle Brigate Al-Aqsa, braccio armato di Fatah, era stato arrestato nel maggio 2002 con l'accusa di aver ucciso due israeliani e di aver avuto un ruolo di primo piano durante l'Intifada, stava scontando una condanna a vita nel carcere di Eshel.

Malato di cancro, secondo il suo avvocato non riusciva più a stare in piedi e ultimamente aveva perso 15 kg. Nonostante la diagnosi e lo stato terminale della malattia, le autorità israeliane hanno continuato a negare non solo il rilascio, ma anche le appropriate cure mediche.

I numerosi appelli e lo sciopero della fame dei detenuti nelle prigioni di Eshel e di Nafha per la sua liberazione non sono riusciti a salvargli la vita: le autorità carcerarie, infatti, hanno permesso il ricovero soltanto sabato scorso, appena 3 giorni prima del decesso, quando ormai non c'era più nulla da fare. Maysara Abu Hamdiyeh è il 207° detenuto palestinese a morire nelle prigioni israeliane, il secondo a morire in 2 mesi.

Le politiche repressive e le condizioni a cui sono sottoposti i prigionieri palestinesi hanno raggiunto ormai livelli insopportabili. Accanto agli oltre 1.400 detenuti malati a cui non viene permesso di usufruire di cure adeguate, le autorità israeliane continuano ad arrestare con un ritmo sempre più sfrenato: solo nel mese di marzo sono state arrestati oltre 230 palestinesi.

Certamente gli innumerevoli arresti e la continua repressione non fermano le rivolte in tutta la Palestina e la lotta continua ad avanzare anche nelle prigioni.
Oggi, a seguito della morte di Abu Hamdiyeh, ci sono state forti sollevazioni: tutte le fazioni palestinesi hanno condannato l'accaduto, la rabbia si è riversata nelle strade e, nel frattempo, dalle carceri sono stati annunciati tre giorni di sciopero della fame.

In queste ore ad Hebron - città natale del prigioniero deceduto - sono in corso manifestazioni e scontri, si pretende la liberazione dei prigionieri politici. La tensione è altissima anche nelle carceri: arrivano notizie di forti proteste nelle prigioni di Ketziot, Ramon e Nafha, Eshel; in quest'ultima – dove era detenuto Abu Hamdiyeh – i prigionieri hanno dato fuoco alle coperte e si rifiutano di tornare in cella. Ovunque la polizia sta rispondendo con botte e gas lacrimogeni, tra i carcerati ci sono almeno 30 feriti.

Che si tratti di omicidio o negligenza, ciò che la morte di Abu Hamdiyeh fa emergere è, ancora una volta, il trattamento disumano a cui i detenuti sono sottoposti, che siano adulti o bambini, condannati o semplicimente sospettati di "attività sovversive" (dall'organizzazione della resistenza al lancio di una pietra...).
Ma di più, questa giornata di lotta ci parla ancora della soldarietà popolare verso i detenuti che, giorno dopo giorno, si mostrano avanguardia delle battaglie per l'autodeterminazione di tutto il popolo palestinese.

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