Il padre di Samer, Tariq, e la sorella Shireen con in mano una foto di Samer nella loro casa nel quartiere di Issawiya a Gerusalemme Est

(Foto: Ryan Rodrick Beiler)

palestinarossa.it
18 feb 13

Samer Issawi: “Non torno indietro”

La lettera scritta dal prigioniero palestinese Samer Issawi, in sciopero della fame da 207 giorni.

Palestina, 16 febbraio 2013

“Mi rivolgo con ammirazione alle masse del nostro eroico popolo palestinese, alla nostra leadership, a tutte le fazioni, i partiti e le istituzioni nazionali. Saluto tutti loro per essere al mio fianco nella lotta comune per la difesa del diritto alla libertà e alla dignità. Ho preso la mia forza dal mio popolo, da tutti i popoli liberi del mondo, dai miei amici e dalle famiglie dei prigionieri che continuano giorno e notte a cantare per la libertà e la fine dell’occupazione.

La mia salute sta drammaticamente deteriorando e ormai sono appeso tra la vita e la morte. Il mio corpo debole sta collassando ma sono ancora paziente e continuo il confronto. Il mio messaggio è questo: continuerò fino alla fine, fino all’ultima goccia d’acqua del mio corpo, fino al martirio. Il martirio è un onore per me in questa battaglia. Il martirio è la mia ultima arma in questo conflitto tra tiranni e prigionieri, contro le politiche razziste dell’occupazione che umiliano il nostro popolo e provano contro di noi tutti i mezzi di oppressione e repressione.

Dico alla mia gente: sono più forte dell’esercito di occupazione e delle sue leggi razziste. Io, Samer Issawi, figlio di Gerusalemme, vi mando le mie ultime volontà: nel caso dovessi cadere da martire, raccoglierete la mia anima come il grido di tutti i prigionieri, uomini e donne, un grido per la libertà, l’emancipazione e la salvezza dall’incubo delle carceri e le loro terribili tenebre.

La mia battaglia non è solo per la libertà individuale. La battaglia portata avanti da me e dai miei eroici compagni, Tariq, Ayman e Jafar, è la battaglia di tutti, la battaglia del popolo palestinese contro l’occupazione e le sue prigioni. Il nostro obiettivo è essere liberi e sovrani nel nostro Stato liberato e la nostra benedetta Gerusalemme.

I deboli e faticosi battiti del mio cuore prendono la loro capacità di resistenza da voi, dal popolo. I miei occhi, da cui sto iniziando a perdere la vista, si accendono di luce grazie alla vostra solidarietà e al vostro sostegno. La mia voce debole trova la sua forza dalla vostra voce che è più forte della voce dei secondini e più alta dei muri.

Sono uno dei vostri figli, uno dei migliaia dei vostri figli che sono prigionieri, che languiscono nelle carceri e che aspettano la fine dei loro dolori e delle sofferenze delle loro famiglie.

I dottori mi hanno detto che sono vicino all’infarto a causa della diminuzione dei battiti cardiaci, della mancanza di zucchero e dell’abbassamento della pressione del sangue. Il mio corpo è freddo e non posso dormire per il dolore continuo. Ma nonostante l’estrema fatica e il mal di testa cronico, nonostante mi muova con una sedia a rotelle, sto cercando di raccogliere tutte le forze per continuare su questa strada fino alla fine. Non torno indietro, perché sono il proprietario del diritto e la mia detenzione è illegale.

Non siate spaventati se il mio cuore si fermerà, non siate spaventati per le mie mani se si paralizzeranno. Vivrò sempre, oggi, domani e oltre la morte, perché sento Gerusalemme nel mio sangue, nella mia devozione e nella mia fede.

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