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The Electronic Intifada
28 feb 2013

Gerusalemme Est, tenda di protesta sfida Israele
di Andrew Beale


L’8 febbraio una tenda è stata montata nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est, per protestare contro l’espulsione forzata da parte di Israele.

Erigere simili tende è una tattica popolare nella lotta palestinese contro l’occupazione e l’apartheid. Nelle ultime sei settimane, almeno sei “città tende” sono sorte in Cisgiordania, compreso il villaggio di Bab al-Shams nato contro la colonizzazione israeliana dell’area E1, tra Gerusalemme Est e la colonia di Ma’ale Adumim. Sebbene gli organizzatori della manifestazione di Sheikh Jarrah non hanno voluto compiere collegamenti con Bab al-Shams, è facile vedere le similitudini: anche la tenda di Sheikh Jarrah è una forma di protesta contro le colonie israeliane.

Un’altra similitudine è la risposta delle autorità israeliane. Nonostante la tenda si trovi davanti ad una casa privata e non rappresenti un pericolo per niente e nessuno, la polizia di Gerusalemme l’ha già smantellata due volte. I residenti di Sheikh Jarrah dicono che continueranno a rimontarla durante le manifestazioni settimanali del venerdì fino a quando la campagna di sfratto non finirà.

La tenda di protesta di Sheikh Jarrah si trova di fronte alla casa della famiglia Shamasne, che ha ricevuto l’ordine di lasciare l’abitazione entro il primo marzo, anche se l’Alta Corte israeliana sta ancora considerando la petizione presentata contro l’ordine. Lo sfratto della famiglia Shamasne è solo l’ultimo di una lunga serie di espulsioni a Sheikh Jarrah, volte a rimuovere i palestinesi dall’area e a sostituirli con coloni ebrei israeliani.

“Questa è una campagna israeliana contro di noi, ma noi rimarremo qui e resisteremo”, ha detto Mohammad Shamasne, uno degli organizzatori della manifestazione. Shamasne vive in quella casa insieme ai genitori, la moglie e sei bambini.

I palestinesi di Sheikh Jarrah manifestano contro le espulsioni dal 2009. A volte alle proteste partecipano più attivisti internazionali e israeliani che membri della comunità del quartiere, ma a quest’ultima manifestazione hanno preso parte oltre 150 palestinesi.
 

Lottiamo per le nostre case

“Non è una protesta solo per la famiglia Shamasne – spiega Adulrazak Sheikh Omar, residente nel quartiere – Protestiamo perché crediamo si tratti di una minaccia all’intera comunità. Non si tratta solo di solidarietà con gli Shamasne, stiamo lottando per le nostre case”.

Le espulsioni a Sheikh Jarrah si basano su un complesso metodo legale che riconosce il diritto agli ebrei di vivere in Israele, ma non quello dei palestinesi rifugiati di tornare a casa. Prima della creazione dello Stato di Israele, la terra di Sheikh Jarrah era amministrata dalla Wafq islamica, ente religioso di Gerusalemme, come spiega Fayrouz Sharqawi dell’organizzazione Grassrooots Jerusalem. La terra fu parcellizzata e affittata agli ebrei arrivati in Palestina con il primo movimento sionista. Dopo la Nakba – la pulizia etnica compiuta con la creazione dello Stato di Israele nel 1948 – Sheikh Jarrah è finito entro i confini israeliani e le case sono passate in mano a rifugiati palestinesi.

Dopo la guerra del 1967, Israele ha espanso i suoi confini e occupato Sheikh Jarrah. Le case sono cadute sotto l’Autorità israeliana per le Proprietà degli Assenti. Le famiglie di Sheikh Jarrah avevano originariamente ricevuto lo status di “residenti protetti”, per cui non potevano essere espulse. Ma l’Autorità in questione ha subito cambiato i contratti, scritti in ebraico. Molti residenti di Sheikh Jarrah hanno firmato e rinunciato al loro status senza sapere di cosa si trattasse.

Sheikh Omar, residente a Sheikh Jarrah, racconta che l’Autorità per la Proprietà degli Assenti è venuta nella sua casa quando sua moglie era malata, offrendole un nuovo contratto con il quale avrebbe potuto pagare le spese mediche. I funzionari hanno aumentato il valore della casa e quindi drammaticamente innalzato il prezzo d’affitto.

Le espulsioni sono parte di una nuova tattica che Sharqawi e Sheikh Omar dicono essere gestita da Aryeh King, nota figura del movimento dei coloni. King è salito alle cronache per il suo ruolo negli sfratti a Beit Hanina, Gerusalemme Est. I membri dell’Israel Land Fund di King, raccontano, hanno preso i documenti dalla Wafq islamica, dove si dichiara che la terra era stata affittata a degli ebrei le cui famiglie ora vivono in Israele. Hanno poi presentato i documenti ai discendenti dei vecchi affittuari, molti dei quali non sapevano che la loro famiglia viveva a Sheikh Jarrah, e hanno offerto loro di comprare la casa. “Per loro, si tratta solo di 50mila shekel (10mila euro), per qualcosa che non sapevano nemmeno esistesse”, spiega Sharqawi.
 

Doppio standard

Dopo aver ottenuto i documenti delle case, l’Israel Land Fund trascina gli attuali occupanti di fronte alla corte e ottiene un ordine di sfratto. Diverse famiglie di Sheikh Jarrah sono state già cacciate con questo metodo. Ironia vuole che ai palestinesi non sia mai stato garantito il diritto al ritorno nelle case da cui i loro genitori o i loro nonni sono stati espulsi, ma Israele riconosce quel diritto a cittadini ebrei.

“Ok, prenditi la casa, ma dammi indietro la mia casa a Gerusalemme Ovest. Non usate un doppio standard – dice Sheikh Omar – Se dite che esiste un diritto al ritorno per le famiglie ebree che vivevano qui prima del ’48, allora dovete darci indietro anche le nostre case”.

Mohammad Shamasne fa eco alle parole di Omar: “Se Israele davvero vuole mostrarsi uno Stato giusto, affermando che questa terra appartiene ad ebrei, allora noi vorremmo tornate nelle nostre case, da cui siamo stati cacciati. Israele si dichiara l’unica democrazia in Medio Oriente, ma nei fatti sfratta le persone dalle loro case e le butta per strada”.

La campagna di espulsioni a Sheikh Jarrah si era fermata dopo una lunga protesta del quartiere, ma negli ultimi due mesi è ripartita.
 

Nessuna fiducia nella giustizia israeliana

“Agiscono ad ondate – spiega Sheikh Omar – Non lo vogliono fare tutto in una volta per evitare critiche dall’estero”. Gli sfratti sono parte di una campagna volta a cacciare i palestinesi da Gerusalemme. Sheikh Omar dice che le autorità israeliane usano varie tattiche, come revocare la residenza ai palestinesi che vivono all’estero per più di tre anni, impedendo loro di ritornare.

“Si tratta di un problema serio, non solo qui. Qui utilizzano gli ordini di sfratto, in altri posti gli ordini di demolizione. L’obiettivo è trasferire tutta la popolazione palestinese di Gerusalemme”.

La tenda di protesta di fronte alla casa degli Shamasne si batte contro questa politica, è la forma di lotta della comunità di Sheikh Jarrah che non intende lasciare le proprie case. “Non abbiamo fiducia nel sistema giudiziario israeliano – dice Mohammed Shamasne – Montare una tenda qui è il nostro modo per alzare la voce e farci sentire dal mondo”.
 

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