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giovedì 29 agosto 2013 12:54

Gerusalemme, 93000 palestinesi rischiano demolizione casa
di Sonia Grieco



Molti sono costretti a demolire da soli la propria abitazione per non pagare le multe previste dal comune israeliano per gli alloggi "abusivi".

Roma, 29 agosto 2013, Nena News - Poche cose sono crudeli quanto essere costretti a demolire la propria casa, ma a Gerusalemme est è accaduto piuttosto spesso negli ultimi anni, 412 volte dal tra il 2004 e il 2012, secondo i dati forniti dall'associazione israeliana B'Tselem, e sempre a famiglie palestinesi accusate di avere costruito la propria abitazione senza avere ottenuto la concessione edilizia. Un'autorizzazione che nel 95 per cento dei casi è negata ai palestinesi, secondo la Ong israeliana Bimkom. Così oltre 1.600 persone in circa otto anni hanno perso la propria casa, non hanno avuto altra scelta che abbatterla per non pagare i salati costi di demolizione che impone l'amministrazione di Gerusalemme. Secondo i dati forniti dalla Comitato israeliano contro la demolizione delle case, quest'anno sono stati abbattuti 380 edifici di proprietà di palestinesi, con 630 persone rimaste senza un posto in cui vivere. 



Tra questi sfollati nella città - che è uno dei nodi del conflitto israelo-palestinese - c'è anche il 49enne Ziad Ameira. Lo scorso 18 agosto ha dovuto demolire la casa in cui viveva da 13 anni assieme alla moglie, ai cinque figli e alla madre, nella zona di Sur Baher. "A maggio mi hanno dato una scelta: o demolivo io la mia casa o l'avrebbero fatto loro, e mi hanno dato due mesi e mezzo di tempo per farlo", ha raccontato al sito web Electronic Intifada. Se non si provvede da soli ad abbattere gli edifici giudicati abusivi dalle autorità israeliane, il conto diventa troppo caro ed è andata così per Ameira, titolare di un minimarket, che per evitare di spendere 70.000 shekels (quasi 15.300 euro) ne ha pagati 25.000 shekels (5.200 euro) per il bulldozer e il camion. 



La casa se l'era costruita con le sue mani, su un terreno ereditato dal padre, e ci era andato a vivere nel Duemila. Ma appena venti giorni dopo, il Municipio ha emesso l'ordine di demolizione, cui sono seguiti 13 anni di lotte giudiziarie, spese legali e rinvii, fino a maggio di quest'anno. Per Ameira è stato inevitabile scegliere di abbattere la sua casa e moltissimi altri si trovano nella sua stessa situazione.



Sono circa 270.000 i palestinesi che vivono a Gerusalemme est sotto l'occupazione israeliana, e oltre 93.000 rischiano di ricevere o hanno già ricevuto un ordine di demolizione. E il numero delle famiglie che decidono di provvedere da sole è di poco inferiore a quelle costrette a lasciar fare alle autorità israeliane. Di solito se ne occupano esercito e polizia: la settimana scorsa, riporta l'agenzia Ma'an, sono state rase al suolo alcune costruzioni nei quartieri di al-Tur ed Eisawiya a Gerusalemme est. Le "demolizioni forzate", invece, alleggeriscono la pressione mediatica su Israele, eliminando lo straziante spettacolo dello schieramento di militari che cacciano di casa intere famiglie.



La pratica della demolizione delle case, rafforzata da un sistema giudiziario che raramente dà ragione ai palestinesi, e una regolamentazione delle concessioni edilizie complessa e onerosa (ad Ameira hanno chiesto 250.000 shekels (39.000 euro) per una licenza) sono tutti strumenti della politica di occupazione israeliana. La pressione sui palestinesi per costringerli a lasciare Gerusalemme est, si affianca all'aumento degli insediamenti ebraici. La geografia e la composizione demografica della città cambiano e questo, sul lungo periodo, rafforza le rivendicazioni di Israele su Gerusalemme est, secondo una politica del fatto compiuto applicata diffusamente nei Territori occupati. 



La controversia sullo status della città che israeliani e palestinesi reclamano come loro capitale, assieme al diritto al ritorno dei profughi palestinesi, è una delle questione più spinose. 

Ameira è pessimista sul recente tentativo di riaprire il negoziato promosso dalla Casa Bianca: "Se gli israeliani sono disposti a tornare ai confini del '67, perché distruggono le case? Vogliono la nostra terra senza i suoi abitanti". Nena News

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