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7/10/2013

Al-Aqsa assaltata da 1600 coloni in una sola settimana

Al Quds (Gerusalemme)-InfoPal. Un centro palestinese specializzato nel monitorare le violazioni israeliane nella città di Gerusalemme ha riferito che le aggressioni israeliane contro gli abitanti della città Santa sono aumentati nel mese di settembre. Ha anche aggiunto che nello stesso mese, le autorità di occupazione hanno chiuso la moschea di al Aqsa per sette volte, permettendo a centinaia di coloni estremisti di assaltarla.

Il Centro informazioni di Wadi Hilweh e Silwan ha riferito che “nel mese di settembre, le violazioni israeliane contro la moschea di al-Aqsa -sia quelle perpetrate dai coloni che dai militari e i membri del governo- sono aumentate”. Ha aggiunto che il presidente del comitato degli affari interni del Knesset, Miri Regev, ha chiesto pubblicamente di imporre una divisione temporale e spaziale nel luogo Santo tra musulmani e ebrei, alla stregua di quanto avviene nella moschea di Ibrahim, a Hebron. La richiesta è stata appoggiata dai deputati della destra israeliana e dai rappresentati dei gruppi ebraici estremisti.

Assalti contro la moschea di al-Aqsa. Nel suo rapporto mensile, il centro ha reso noto che durante le festività ebraiche del mese scorso, durate per circa una settimana, 1595 estremisti hanno preso d’assalto la moschea di al-Aqsa, sottolineando che il numero in questione è il più alto dall’inizio di quest’anno e che tra gli assalitori figurava il ministro degli Alloggi israeliano, oltre ad alcuni rabbini, gruppi ebraici attivi per la ricostruzione del Tempio e deputati del Knesset. “Molti degli estremisti hanno eseguito i loro riti religiosi all’interno della moschea e portato pietre e rami d’ulivo per farli benedire. Inoltre, dall’inizio dell’anno, più di sei mila estremisti hanno preso d’assalto la moschea, con il pretesto del turismo”, ha aggiunto.

Stando a quanto riferito dal rapporto, le forze speciali israeliane (unità mascherate e cecchini) hanno effettuato tre irruzioni nel luogo Santo, entrando dalla Porta dei Magrebini e da Bab el Silsila (Porta della Catena). Essi avrebbero picchiato i fedeli, donne, uomini e giovani compresi, e lanciato delle granate assordanti contro di loro. Inoltre, le forze israeliane avrebbero assediato alcuni fedeli nella moschea di al-Qibli, aggredendoli con il gas al peperoncino e provocando diversi casi di intossicazione.

Il centro ha sottolineato che nel mese appena concluso, l’occupazione ha arrestato più di 180 cittadini di Gerusalemme, tra loro anche una donna di Silwan, la cui casa è stata assaltata e perquisita, e la carta d’identità sequestrata per costringerla a recarsi nella stazione di polizia di via Salahuddin, per essere interrogata con l’accusa di aver ospitato lavoratori provenienti dalla Cisgiordania. Tra gli arrestati ci sarebbero anche 30 minori, tutti di età compresa tra i 14 e i 17 anni.

Le campagne del Price Tag. Il centro informazioni ha quindi riferito che gli attacchi delle bande del Price Tag sono proseguiti, citando i casi di due chiese aggredite, una latina a Silwan e l’altra evangelica nei pressi della Tomba di Davide. Il centro ha anche affermato che gli estremisti hanno distrutto le lapidi e scritto slogan razzisti in alcuni cimiteri. Inoltre, gli attacchi avrebbero riguardato i veicoli dei gerosolimitani nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan, danneggiati e imbrattati di slogan razzisti.

Fino alla metà dell’anno in corso, il centro ha registrato un totale di 165 aggressioni contro i cittadini arabi del’48 e le loro proprietà, e contro gli abitanti dei villaggi situati nelle vicinanze di Gerusalemme.

Demolizioni delle case. Il centro ha affermato che la politica di demolizione delle case nella città di Gerusalemme prosegue, citando il caso del cittadino gerosolimitano, Shaker Nayef Ja’abis, la cui casa, situata a Jabal al-Mukabber (Monte Scopus) è stata demolita il 5 settembre, con il pretesto del mancato permesso di costruzione. La famiglia, formata da Shaker, sua moglie e i loro cinque figli, il più grande di 10 anni e il più giovane di 10 mesi, è rimasta senza alloggio.

Inoltre, le ruspe israeliane hanno demolito alcune baracche adibite ad uso abitativo e dieci stalle per il bestiame nel quartiere di Sheikh Anbar, nel villaggio di al-Zai’m, sempre con il pretesto dei mancati permessi di costruzione. Alcune delle baracche in questione, tutte appartenenti alla famiglia di al-Saidi, esistevano da più di 20 anni, mentre altre erano state costruite non meno di dieci anni fa. La demolizione in questione è stata la terza consecutiva mentre le persone che vi abitavano sono state sfollate.

Sempre nello stesso contesto, i bulldozer del Comune di Gerusalemme, gestito dall’occupazione, hanno scavato un canale per separare il villaggio di al-Issawiya dall’insediamento di HaGiv’a HaTzarfatit (la Collina Francese), con il pretesto della sicurezza. Il canale, lungo più di 10 metri, è stato scavato nei terreni appartenenti agli abitanti di al-Issawiya e confiscati diversi anni fa. Lo scavo è stato effettuato a seguito della richiesta dei coloni che sostenevano di subire “azioni provocatorie” dagli abitanti del vicino villaggio palestinese, quali il lancio di bottiglie incendiarie e atti di vandalismo contro le loro proprietà.

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