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24 ago 2018

 

Dieci anni fa l’arrivo della prima Flotilla

di Alessandra Mincone

 

Il 23 agosto 2008 due pescherecci, Free Gaza e Liberty, rompevano l’assedio via mare della Striscia. A bordo c’era anche Vittorio Arrigoni. Quello sbarco segnò l’inizio dell’avventura della Freedom Flotilla

 

Roma, 24 agosto 2018, Nena News – 

 

Il 23 agosto 2008 “Free Gaza” e “Liberty”, due pescherecci malandati, salpavano verso la Striscia di Gaza, per portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese assediata dallo Stato di Israele. Per la prima volta dopo il 1967 due barche internazionali, organizzate dal Movimento Free Gaza, riuscivano ad oltrepassare il blocco illegale israeliano via mare. Gli equipaggi, formati da 44 attivisti provenienti da 17 nazionalità diverse, venivano accolti con lo sgomento e la gioia dei palestinesi sulle rive della Striscia di Gaza.

A bordo di una barca c’era anche Vittorio Arrigoni, giornalista e attivista per i diritti umani e per la pace, che circa tre anni dopo sarebbe rimasto ucciso a Gaza per le sue idee e per l’impegno costante al fianco ai popoli oppressi. Grazie a quei sogni di umanità nel 2008, a seguito del primo tentativo reale di superare il blocco navale di Israele, anche la barca “Dignity” riuscì ad attraccare sulla Striscia con medici, giornalisti, attivisti e undici 1 parlamentari europei, permettendo che ingenti soccorsi umanitari – più di una tonnellata di medicinali – venissero distribuiti ai feriti e ai residenti gazawi.

Negli ultimi giorni del 2008, quando la nave Dignity tentò nuovamente la rotta per Gaza, fu attaccata dalla marina militare israeliana rischiando di affondare per poi dirigersi in Libano, poiché secondo l’esercito navale “non avrebbe ascoltato gli avvertimenti a tornare indietro”. Nel gennaio del 2009 la barca “Spirit of Humanity” tentava nuovamente di navigare verso Gaza, ma costretta a fermarsi in acque internazionali dal blocco navale, fece ritorno indietro.

È da allora che il Movimento Free Gaza, nel tentativo di riorganizzare nuovi interventi per rompere il blocco navale di Israele, la maggior parte delle volte si è scontrata contro una feroce repressione della marina militare, che in dieci anni ha dirottato sparato, catturato e imprigionato chiunque tentasse di portare aiuti umanitari di prima necessità al popolo palestinese.

Nel 2010, il Movimento organizzò una flotta di sei imbarcazioni, la “Freedom Flotilla”. Il 50% dell’organizzazione e della gestione delle navi fu affidato all’ong turca IHH, che opera in tutto in mondo per i diritti dell’uomo, delle libertà e per gli aiuti umanitari. Il 31 maggio di quell’anno l’IHH fu sotto i riflettori del mondo intero: la prima imbarcazione, “Mavi Marmara”, con a bordo 10.000 tonnellate di calcestruzzo per aiutare la ricostruzione di case e siti ospedalieri per le vittime dell’operazione Piombo Fuso, divenne teatro di una spaventosa carneficina dove le forze armate israeliane aprirono il fuoco sparando a raffica sugli attivisti e provocando la morte di 9 turchi a bordo e centinaia di arrestati nell’operazione “Brezza Marina”.

Da quel tragico episodio la Freedom Flotilla non ha mai più messo piede sulla Striscia di Gaza: tutte le numerose flotte organizzate sono state dirottate dall’esercito israeliano al porto di Ashdod, che ha poi rimpatriato in maniera sistematica e violenta gli attivisti, sui quali inoltre pendono numerose denunce e divieti ad avvicinarsi allo Stato di Israele.

Anche quest’anno la Freedom Flotilla Coalition si è imbattuta contro le navi da guerra israeliane. Il peschereccio “Al Awda” e il veliero “Freedom”, che battevano bandiere norvegesi e svedesi, sono stati catturati in acque internazionali con violenza, imprigionati per giorni e deportati. A oggi, gli attivisti di “Ship to Gaza” chiedono anche attraverso l’aiuto di parlamentari europei, che si permetta lo sbarco dei 13mila euro di aiuti umanitari e soccorsi medici destinati agli abitanti della Striscia di Gaza.

Ma tutto quello che importa alle centinaia e centinaia di attivisti, che in dieci anni hanno lavorato per un’idea di libertà, è mettere fine al blocco israeliano, rompere l’assedio e restaurare un sogno di umanità. Se la Flottilla non dovesse mai più riuscire nell’impresa epica di raggiungere Gaza via mare, sappiamo comunque che ognuno di loro ha vissuto a bordo navigando un mare di giustizia per una causa più grande, come scritto da Vittorio Arrigoni:

“Non ho perso tempo,
ho tirato su martello e chiodi,
e dal mio zaino ho estratto due libri, Murales e Memoria contro l’oblio.
Li ho piantati a prua delle Free Gaza e della Liberty,
saranno la prima cosa che si troveranno di fronte i militari israeliani,
se cercheranno di arrestare la nostra missione umanitaria.
Saranno i versi di Darwish la nostra polena
e nessuna impresa sarà mai troppo epica con la sua poetica come esorcismo al terrore della morte violenta.
Versi e prose per rimanere umani quando la guerra riduce l’essere umano
una poltiglia di contaminante odio”

 

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