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02 ago 2018

 

FREEDOM FLOTILLA. 

Deportati equipaggio e passeggeri della Al Awda

di Alessandra Mincone 

 

Quasi due settimane fa la Freedom Flotilla è salpata con un peschereccio e uno yatch: Al Awda, partito dalla Norvegia, e Freedom dalla Svezia. Israele ha già bloccato la Al Awda e farà altrettanto con la Freedom.

 

Roma, 2 agosto 2018, Nena News –

 

Il peschereccio Al Awda, intitolato “Il Ritorno” in onore delle giornate della ‎‎“Grande Marcia del Ritorno”, sarebbe dovuto arrivare a Gaza il 29 luglio intorno alle ‎‎21. A bordo 22 persone di 16 diverse nazionalità, accomunate dalla necessità di dare attenzione a livello internazionale alle conseguenze dell’assedio israeliano di Gaza su oltre due milioni di palestinesi, oltre che a portare un soccorso materiale di 13 mila euro di garze e medicinali urgenti.

Domenica poco dopo le ore 13 la Freedom Flotilla Coalition (FFC) ha denunciato sui suoi canali di informazione internazionale un pericoloso isolamento dei segnali di comunicazione delle due imbarcazioni provocato dalle forze armate israeliane.

A 49 miglia nautiche dal porto di Gaza City, i comandi israeliani si sono messi in contatto con la al Awda avvertendo che avrebbero bloccato la nave “con ogni misura necessaria”. Da parte loro i partecipanti hanno ribadito la ferma intenzione di “rompere il blocco navale e ripristinare la libertà di movimento per tutti i Palestinesi”. In breve tempo le unità navali israeliane hanno attaccato la Al Awda, preso equipaggio e passeggeri e trasferito, contro la loro volontà, tutti quelli a bordo nel centro di detenzione di Givon.

Il giorno seguente è stato confermato lo stato di detenzione illegale per 20 persone, tra attivisti e giornalisti, e il rilascio sotto cauzione di sole due persone, le uniche israeliane a bordo, Zohar Chamberlain Regev e Johnatan Shapira, accusati di aver tentato l’ingresso a Gaza e di cospirazione contro lo Stato di Israele.

Secondo quanto rilasciato alla stampa da Israele, sull’Awda non si sono verificati incidenti, e gli attivisti sarebbero semplicemente stati rimpatriati. Ma Zohar, appena liberata, ha smentito il tutto dichiarando ai mezzi stampa una versione completamente incompatibile con quella fornita da Israele: ha denunciato l’apparizione di ben quattro navi da guerra, i pestaggi, i colpi taser, e la violenza subita da parte di militari mascherati, che hanno arrembato l’Awda, e in particolare del sangue sul volto del comandante della nave al quale era stato intimato di fermarsi. Zohar ha perciò invitato a ‎‎“non credere alle notizie rassicuranti fornite dalle forze israeliane”.

Come si legge sul sito della FFC, ‎‎“un attacco militare su una nave di civili è un violento attacco e una violazione delle leggi internazionali. Prendere 22 persone dalle acque internazionali in un paese che non era la loro destinazione costituisce un rapimento, che è anche illegale per la Convenzione internazionale delle Leggi in mare.” Anche se la cattura da parte dell’esercito israeliano della Flotilla era data per scontata, considerando come agisce Israele contro rivoltosi e addirittura artisti impegnati nella causa palestinese, non è giustificabile la violenza e l’illegalità dell’attacco diretto all’imbarcazione. Nel 2010 il traghetto turco Mavi Marmara,  facente parte della FFC e in navigazione per Gaza con aiuti umanitari, fu teatro di una sparatoria in cui decine di attivisti turchi morirono e numerosi  furono feriti dalla raffiche di commando israeliani.

La FFC chiede che la Norvegia e la Svezia si battano subito anche a livello parlamentare per denunciare questo crimine e per non lasciare nuovamente impunito lo Stato d’Israele. Ma l’obbiettivo più importante, affermano gli attivisti, è “che arrivino i soccorsi medici a destinazione quanto prima possibile.”

Ad oggi dall’Italia arrivano segnali di solidarietà da presidi di attivisti, come a Napoli e a Palermo che avevano accolto la Freedom Flotilla, e dal Consolato di Napoli, Torino, Bologna, Firenze e Pisa gli attivisti di BDS chiedono di imporre l’embargo militare contro Israele.

Le ultime infomazioni in nostro possesso dicono che gli attivisti della al Adwa sono stati espulsi da Israele. Tra questi per adesso Youssef Sammour, rimpatriato il 29, Lucìa Mazarrasa ritornata a Barajas il 1 Agosto,  il sindacalista australiano Michael Treen atterrato a Hong Kong, poi il macchinista Arne Birger,  il cuoco Jørgen Pedersen e il capitano dell’imbarcazione Herman Reksten, tornati a casa, in Norvegia, la dottoressa Swee Ang atterrata a Londra, e due svedesi, il marinaio Charlie Andreasson e l’attivista e cantante Divina Levrini, che ha anche avuto modo di raccontare parte dell’esperienza di prigionia sul suo profilo facebook. Levrini riferisce che quando si sono avvicinati a Gaza sono stati attaccati da un centinaio di soldati israeliani che hanno ferito con violenza uomini e donne a bordo e che una volta trasferiti ad Ashdod sono stati derisi dai militari, derubati delle proprie cose, dei cellulari, passaporti, soldi, accendini, computer e dei farmaci. “Sono stata privata delle mie medicine per molto tempo. I soldati hanno addirittura sputato nel nostro cibo, ma questo non ha importanza, adesso proseguo uno sciopero della fame fino a che tutti gli altri della Flotilla non faranno ritorno a casa  al sicuro”.

Altri partecipanti, tra cui due giornalisti per Al Jazeera, sono ancora in prigione. Uno dei due, Chris Graham, australiano, ha commentato che “le cose brutte accadono quando le persone restano in silenzio, come dimostra la storia. Ma succedono cose orribili quando i media vengono preventivamente silenziati se provano a scrutare le azioni di uno stato”.

Martedì John Turnbull, al comando della “Freedom”, ha annunciato attraverso un video messaggio che la sua imbarcazione sarebbe giunta  raggiungere il Port0 di Gaza tra le giornate dell’ 1 e 2 Agosto. La notizia è stata registrata a circa 50 miglia nautiche di distanza da Gaza, dunque poco più distante dalla posizione di attacco navale contro Al Awda. Fino ad ora non si hanno nuove notizie. Nena News

 

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