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30 giugno 2018

 

Rifugiati siriani a Gaza: così l'incubo passa da una guerra all'altra

di Paolo Celi

 

Sono scappati dalle bombe. Le hanno trovate anche nella Striscia. Senza la possibilità di fuggire di nuovo. Le storie di Aisha, Abdo, Ahmed, Eimad a L43: «Viviamo intrappolati e due volte senza uno Stato».

 

Quando Aisha fuggì dal suo Paese sperava di trovare la pace in esilio. Invece si è trasferita da una guerra a un’altra. «Quello che ho vissuto a Gaza non l'avevo mai visto in Siria». Esita per un momento, poi tira su la manica del suo abaya blu per mostrare due grandi cicatrici sul polso: «Due volte. Ho provato a uccidermi due volte».

 

FAZZOLETTO DI TERRA SIGILLATO. Centinaia di siriani sono fuggiti dal loro Paese devastato dalla guerra per approdare in una nuova zona di conflitto: la Striscia di Gaza. Ora molti di loro vorrebbero lasciare quel nuovo inferno, ma sono bloccati in un fazzoletto di terra che, da più di 10 anni, Israele ed Egitto hanno praticamente sigillato.

 

REDUCI DA DIVERSE GUERRE. La Striscia, però, non accoglie solo rifugiati siriani. In seguito alle rivolte e alle guerre che hanno devastato i loro Paesi centinaia di famiglie in fuga dalla Libia, dalla Siria, dallo Yemen e dall'Iraq hanno cercato rifugio a Gaza.

In maggioranza sono discendenti di profughi palestinesi. Hanno scelto Gaza per antichi legami familiari oppure per fiducia nei leader politici che si erano impegnati ad aiutarli. Nella Striscia hanno trovato la stessa povertà, la stessa paura e le stesse bombe da cui stavano fuggendo.

 

ATTRAVERSO I TUNNEL CLANDESTINI. Abdo, Il marito di Aisha, contava sul sostegno dei suoi parenti a Gaza per aiutarlo a ricostruire la vita della sua famiglia. Così, con i loro tre figli, sono fuggiti da Yarmouk (il campo profughi palestinese alla periferia di Damasco raso al suolo in sei anni di guerra) nel 2013 e sono andati prima al Cairo e poi a Gaza, attraverso uno dei molti tunnel clandestini che collegano i due territori.

 

ABITAZIONI COMPLETAMENTE DISTRUTTE. Esattamente un anno dopo, nell'estate del 2014, è scoppiata una guerra tra Israele e Hamas. Abdo e la sua famiglia si sono rifugiati in una scuola con dozzine di altri civili terrorizzati. Alla fine dei combattimenti sono tornati verso la loro nuova casa trovando solo un mucchio di rovine fumanti.

Racconta Aisha: «Non in Siria, ma a Gaza abbiamo perso tutto. Con la casa sono andate distrutte tutte le nostre cose e in fumo i nostri pochi risparmi. Inoltre quasi tutti i tunnel che collegavano la Striscia all’Egitto erano stati distrutti. Non avevamo più nulla e non potevamo muoverci dalla Striscia».

 

TERRA CON RECORD DI DISOCCUPAZIONE. Come quasi 2 milioni di palestinesi ora sono costretti a vivere in una prigione a cielo aperto, ermeticamente isolata dal resto del mondo. Intrappolati in un territorio con uno dei tassi di disoccupazione più alti del mondo, dove le guerre si succedono una dopo l’altra e la violenza è quotidiana. In questa realtà i rifugiati sono i più poveri tra i poveri. Quasi nessuno è riuscito a trovare lavoro, in molti rischiano ogni mese di essere sfrattati per morosità.

 

CULTURA FORTEMENTE PATRIARCALE. Particolarmente difficile appare la situazione delle donne rifugiate, che hanno difficoltà ad adattarsi alla cultura patriarcale locale e denunciano disuguaglianze ancora maggiori rispetto al loro Paese d'origine, secondo un rapporto del Consiglio norvegese per i rifugiati.

Una famiglia in un campo profughi a Gaza. (Getty)

 

Ahmed Sheikh, direttore di un'organizzazione locale per la difesa dei diritti dei rifugiati e, anche lui, fuggito dalla Siria, spiega: «Se non fosse così difficile uscire da Gaza andremmo tutti via, io per primo. Vogliamo solo un lavoro e una scuola per i nostri figli, ma qui non possiamo trovare nulla di tutto ciò. Solo che non possiamo uscire».

 

L'UNHCR AL LAVORO PER LE FAMIGLIE. L'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), in collaborazione con le Organizzazioni non governative internazionali attive nell'enclave, lavora da anni per reinsediare queste famiglie all'estero.

 

REINSEDIAMENTI TROPPO COMPLICATI. Finora solo un pugno di siriani ha ottenuto asilo in Europa. Il reinsediamento è un processo reso particolarmente difficile dal numero di attori coinvolti. Per essere accolti in un Paese occidentale questi rifugiati devono soddisfare non solo i criteri dell'Unhcr, ma devono anche ottenere il gradimento del Paese che li ospiterà, e questo è forse l’ostacolo maggiore.

Inoltre ogni caso deve passare al vaglio di Hamas, dell'Autorità palestinese e di quelle israeliane. Alcuni operatori umanitari hanno sollevato preoccupazioni circa il dover comunicare alle autorità israeliane i dati relativi a persone entrate clandestinamente a Gaza.

 

IN FUGA NEL 2011, SULLE ORME DEL NONNO. Eimad, un giovane padre di 25 anni che ha lasciato la Siria per Gaza nel 2011, dopo che suo nonno era fuggito dalla Palestina in Siria durante la Nakba nel 1948, dice: «Sento di non appartenere più a nulla. Sarò un estraneo ovunque andrò».

 

CON LA FAMIGLIA IN UNA ROULOTTE. Anche se sogna di lasciare Gaza, dopo aver vissuto due guerre in due Paesi diversi, ammette di non avere l'energia per fuggire di nuovo, specialmente dopo la nascita del figlio in esilio. «Ora devo essere forte per il mio bambino», afferma Eimad, che con la famiglia vive in una roulotte, «devo insegnargli cosa vuol dire essere due volte senza uno Stato».


 

Yarmouk, la zona a Sud di Damasco simbolo di disumanità

 

Il campo di Yarmouk fu aperto nel 1957. Le tende, ben presto sostituite da strutture permanenti, ospitavano le famiglie palestinesi costrette a lasciare le loro case in seguito alla creazione di Israele. Nell'area vivevano, però, anche centinaia di migliaia di siriani.

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