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2 maggio 2018

 

I Gandhi di Gaza

di Ramzy Baroud

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Altri tre palestinesi sono stati uccisi e 611 feriti venerdì scorso, quando decine di migliaia di Gazani hanno continuato le loro proteste, in gran parte non violente, al confine tra Gaza e Israele.

 

Tuttavia, mentre il bilancio delle vittime continua ad aumentare – quasi 45 morti e oltre 5.500 feriti – continua anche il silenzio assordante.  La cosa significativa è che molti di coloro che per lungo tempo hanno castigato i palestinesi per avere usato la resistenza armata contro l’occupazione israeliana non si riescono trovare da nessuna parte, mentre i bambini, i giornalisti, le donne e gli uomini sono tutti presi di mira dai cecchini israeliani che costellano il confine di Gaza.

 

I funzionari israeliani sono ostinati. Le persone come il Ministro della Difesa, Avigdor Lieberman percepiscono la guerra contro i dimostranti disarmati come una guerra ai terroristi. Lieberman crede che “non ci sono innocenti a Gaza.” Mentre la mentalità israeliana non ci sorprende in alcun modo, è incoraggiata dalla mancanza di azione significativa, o dal silenzio internazionale assoluto davanti alle atrocità che accadono al confine.

 

La Corte Penale Internazionale (ICC – International Criminal Court), a parte le frequenti affermazioni avvelenate da un ambiguo gergo legale, finora è stata alquanto inutile. Il suo Procuratore capo, la giurista Fatou Bensouda, in una recente dichiarazione, ha denigrato le uccisioni di Israele, ma ha anche distorto i fatti nel suo tentativo di usare un ‘linguaggio imparziale’, per la delizia dei media israeliani.

 

“La violenza contro i civili – in una situazione come quella che prevale Gaza – potrebbe costituire un reato in base allo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale…come anche l’uso della presenza civile allo scopo di proteggere le attività militari,” ha detto.

Incoraggiato dalla dichiarazione della Bensouda, Israele sta sfruttando la possibilità di deflettere dai suo crimini. Il 25 aprile, un Centro legale israeliano. Shurat Hadin, sta cercando di denunciare tre leader di Hamas alla ICC, accusando Hamas di usare i bambini come scudi umani durante le proteste al confine.

 

E’ tragico il fatto che molte persone trovano ancora difficile afferrare l’idea che i Palestinesi sono in grado di mobilitarsi, di opporsi e di prendere decisioni indipendenti dalle fazioni palestinesi.

 

In effetti, durante la faida tra Hamas e Fatah, durata dieci anni e le varie guerre distruttive, i Gazani sono stati estromessi, spesso considerati come vittime indifese di guerra e di settarietà e privi di qualsiasi capacità umana.

 

Lo Shurat Hadin, come la Bensouda, alimentano quel discorso disumanizzante.

Insistendo nel dire che i palestinesi non sono in grado di operare fuori dai confini delle fazioni politiche, pochi sentono il senso di responsabilità politica o morale di andare in aiuto dei palestinesi.

 

Questo ricorda la lezione non richiesta del Presidente Barack Obama ai palestinesi durante il discorso tenuto al Cairo, al mondo musulmano, nel 2009:

“I palestinesi devono abbandonare la violenza,” ha detto. “La resistenza per mezzo della violenza e le uccisioni, è sbagliata e non trionfa.”

Ha poi offerto la sua discutibile versione della storia, di come tutte le nazioni, comprese ‘le persone di colore in America’, le nazioni del Sudafrica, dell’Asia sudorientale, dell’Europa dell’Est e l’Indonesia hanno combattuto e ottenuto la loro libertà soltanto con mezzi pacifici.

 

Questo approccio umiliante, di paragonare i presunti fallimenti dei palestinesi ai successi di altri è sempre destinato a sottolineare che i palestinesi sono diversi, esseri umani minori che sono incapaci di essere come il resto dell’umanità. E’ da notare che questo è proprio l’essenza della narrazione sionista riguardo ai palestinesi.

 

Proprio quell’idea è spesso presentata nella domanda: “Dove è il Gandhi palestinese?” La domanda, spesso fatta dai cosiddetti liberali e progressisti, non è affatto una domanda, ma un giudizio anche fazioso.

 

Prendendo in esame quella domanda subito dopo la guerra più recente di Israele contro Gaza, nel 2014, [il cronista televisivo] Jeff Stein ha scritto sulla rivista  Newsweek: “La risposta è stata soffiata via nel fumo e nelle macerie di Gaza, dove l’idea di protesta non violenta sembra pittoresca come Peter, Paul and Mary.* I palestinesi che hanno predicato la non violenza e che hanno guidato proteste pacifiche, boicottaggi, sit-in di massa e simili, son per lo più morti, in carcere, emarginati o in esilio.”

 

Tuttavia, sorprendentemente, quella domanda sta venendo riportata in vita, malgrado le numerose difficoltà, la rabbia insondabile e il dolore ossessivo.

 

Diecine di migliaia di dimostranti che innalzano le bandiere palestinesi continuano a fare le loro imponenti proteste al  confine con Gaza. Malgrado il grande bilancio di vittime e le migliaia di  mutilate, tornano ogni giorno con lo stesso impegno nella lotta popolare che parla di unità collettiva, al di là della settarietà e della politica.

 

Ma perché continuano ad essere in gran parte ignorati?

Perché Obama non posta dei tweet in segno di solidarietà con i Palestinesi? Perché Hillary Clinton non sale sul palco per parlare della incessante violenza israeliana?

E’ politicamente comodo criticare abitualmente i Palestinesi e totalmente scomodo rendere loro onore, anche quando dimostrano tale coraggio, bravura e impegno per un cambiamento pacifico.

 

Le persone simili alla famosa scrittrice J.K. Rowling, hanno avuto molto da dire per criticare il movimento palestinese pacifico di boicottaggio che mira a ritenere Israele responsabile dell’occupazione militare e delle violazioni dei diritti umani. Si è però ammutolita quando i cecchini israeliani hanno ucciso i bambini a Gaza, ed hanno esultato allo stesso tempo, ogni volta che un bambino cade ucciso.

 

Il cantante Bono, degli U2 ha dedicato una canzone al defunto Presidente Shimon Perez, accusato di numerosi crimini, ma la sua voce sembra sia diventata rauca quando il ragazzo di Gaza, Mohammed Ibrahim Ayoub, è stato ucciso da un cecchino israeliano mentre protestava pacificamente al confine.

 

In tutto questo, tuttavia, c’è una lezione. I palestinesi non dovrebbero avere aspettative rispetto a coloro che li hanno costantemente delusi. Castigare i palestinesi perché hanno non sono riusciti in questo o in quello, è una vecchia abitudine, intesa semplicemente a  ritenere i Palestinesi responsabili delle loro proprie sofferenze, e ad assolvere  Israele da qualsiasi misfatto. Neanche il ‘genocidio  progressivo’  di Israele a Gaza  cambierà quel paradigma.

 

I palestinesi devono, invece continuare a contare su loro stessi, a restare focalizzati sulla formulazione di una strategia appropriata che nel lungo termine servirà ai loro interessi; il tipo di strategia che trascende la settarietà e offre ai palestinesi un vero piano d’azione per la libertà fortemente desiderata.

 

La resistenza popolare a Gaza è soltanto l’inizio: deve servire come fondamento per una nuova visione che ci assicurerà che il sangue di Mohammed Ibrahim Ayoub non

è stato versato invano.

 

Jeff Stein con queste parole: “blowing in the smoke”: “soffiata via dal fumo”, ha parafrasato il titolo della  canzone di Bob Dylan “Blowing in the wind”, cantata anche dal trio Peter, Paul and Mary.

 

 


Ramzy Baroud è un giornalista, scrittore e direttore di Palestine Chronicle. Il suo libro più recente è: ‘The Last Earth: A Palestinian Story’ (Pluto Press, London). Baroud ha un dottorato in Studi Palestinesi dell’Università di Exeter ed è Studioso  Non Residente presso il Centro Orfalea per gli Studi Globali e Internazionali all’Università della California, sede di Santa Barbara.  Visitate il suo sito web: www.ramzybaroud.net.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/gazan-gandhis

Originale: non indicato

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