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07 mag 2018

 

Uccisi due giovani, Hamas tenta il dialogo

di Chiara Cruciati

 

Ieri due palestinesi sono stati colpiti dal fuoco israeliano, sale a 52 il numero delle vittime dal 30 marzo. Secondo Haaretz, il movimento islamista starebbe provando ad aprire un negoziato con Israele per allentare il duro blocco sulla Striscia

 

Roma, 7 maggio 2018, Nena News – 

 

Non si ferma la conta dei morti a Gaza: ieri due palestinesi sono stati uccisi lungo le linee di demarcazione tra la Striscia e Israele dai soldati di Tel Aviv. Il ministero della Salute palestinese ha identificato le due vittime: Abdel Rahman Qudeih di 23 anni e Mohammed Abu Rayda di 20. Altri due giovanissimi, come i tanti uccisi in queste settimane di Marcia del Ritorno. Dal 30 marzo a oggi sono 52 le vittime.

Secondo la versione dell’esercito israeliano, “tre sospetti hanno tentato di infiltrarsi in Israele dal sud della Striscia di Gaza e di danneggiare infrastrutture della sicurezza”. I soldati hanno aperto il fuoco. Sabato notte, invece, in azione era entrata l’aviazione israeliana che ha bombardato una struttura considerata di proprietà di Hamas: per Tel Aviv una risposta diretta, dice il portavoce militare, agli aquiloni fatti volare dai palestinesi durante le proteste che, sempre secondo le autorità israeliane, sono utilizzati per trasportare ordigni sebbene le fotografie e i video che arrivano dalla Striscia non mostrino bombe legate ai fili.

Non cambia dunque la narrazione israeliana delle manifestazioni in corso dalla Giornata della Terra e che gli organizzatori palestinesi intendono condurre fino al 15 maggio, 70esimo anniversario della Nakba palestinese e della fondazione dello Stato di Israele. Sebbene la Grande Marcia sia iniziativa popolare, organizzata da comitati della Striscia, con l’adesione dei partiti palestinesi, per Israele altro non si tratta che di una messa in scena di Hamas per compiere attacchi su suolo israeliano. Dal 30 marzo a oggi nessun attacco è stato condotto né si sono registrate vittime israeliane.

E nella Striscia la crisi umanitaria strutturale da dieci anni si aggrava a causa dell’elevato numero di feriti da proiettili durante i venerdì di protesta: sono oltre 7mila, molti dei quali colpiti da pallottole sparate dall’esercito israeliano, portando a un ulteriore collasso il già provato sistema sanitario gazawi. Una crisi che si aggiunge a quelle energetiche, idriche, di occupazione. Da cui, forse, i tentativi di Hamas di aprire canali di negoziato con Israele: a riportarlo oggi è il quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui il movimento islamista intende raggiungere un accordo con la forza assediante Gaza per allentare il blocco e migliorare le condizioni di vita della popolazione.

Alti funzionario dell’intelligence israeliana avrebbero presentato ai vertici del governo informazioni sui tentativi di dialogo di Hamas a cui, secondo Haaretz, al momento non ci sarebbe stata risposta. La mossa è spiegabile con la terribile situazione in cui versa Gaza, aggravata nel corso degli ultimi anni dal blocco egiziano – imposto dal presidente al-Sisi, anti-islamista impegnato in una dura campagna contro la Fratellanza Musulmana, di cui Hamas è parte –, dalle misure assunte dall’Autorità Nazionale Palestinese di Ramallah di sospensione dei pagamenti dell’elettricità a Israele e di taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici e infine dall’impossilità di portare avanti una reale ricostruzione dopo la devastazione dell’estate 2014, dell’operazione israeliana Margine Protettivo.

Tante le pressioni su Hamas che nelle scorse settimane avrebbe anche ragionato sulla possibilità di far interrompere la Grande Marcia del Ritorno su richiesta egiziana: secondo Haaretz, se il leader a Gaza, Yahya Sinwar, si sarebbe mostrato interessato all’iniziativa egiziana, il capo del movimento Haniyeh si sarebbe opposto.

Di certo non aiuta la posizione assunta da molti regimi arabi, ormai diretti verso la piena normalizzazione dei rapporti con Israele. Dall’Egitto all’Arabia Saudita: indicative le ultime dichiarazioni del principe ereditario Mohammed bin Salman, fautore del cosiddetto “accordo del secolo” propugnato dal presidente Usa Trump e che, sebbene vuoto di dettagli, è costruito intorno all’idea di un’intesa tra Tel Aviv e paesi arabi, con i palestinesi messi all’angolo.

Indicativa anche la partecipazione al contestato Giro d’Italia numero 101, partito venerdì da Gerusalemme, dei team di Bahrein e Emirati Arabi. La reazione palestinese è arrivata a stretto giro: il Comitato Olimpico palestinese ha condannato la presenza delle squadre bahreinita e emiratina, definendola “una disgrazia” e bollando i ciclisti come “sleali” per aver garantito “un servizio gratuito all’occupazione israeliana”. Nena News

 

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