Fonte: https://972mag.com

https://comedonchisciotte.org

4 febbraio 2018

 

Tra il revisionismo polacco dell’Olocausto e la negazione israeliana della Nakba

di Haneen Zoabi

Traduzione di HMG

 

Le risposte che arrivano da Israele alla nuova legge polacca, che proibisce di discutere i crimini di guerra commessi dal popolo polacco durante l’Olocausto, non sono nient’altro che una cosa paradossale. Mentre l’establishment israeliano, destra e sinistra, nega l’identità, la storia e la catastrofe del popolo palestinese, rimprovera coloro che negano la propria responsabilità per il destino degli ebrei durante l’Olocausto.

 

L’Olocausto, un genocidio mostruoso, ben pianificato, fu possibile non solo per l’attuazione orridamente meticolosa dei nazisti, ma anche per quelli che si sono messi da parte quando questo stava accadendo. I tedeschi avevano complici volontari, tra cui molti polacchi, che parteciparono attivamente alle persecuzioni ed agli omicidi. I libri di storia parlano della “caccia agli ebrei”, che portò all’uccisione di centinaia di migliaia di questi, sia direttamente che indirettamente, durante la seconda guerra mondiale.

 

Il presidente della Polonia – non lo stato polacco – del partito di destra Diritto e Giustizia, nega il coinvolgimento dei cittadini polacchi nell’assassinio degli ebrei durante l’Olocausto, e sta tentando di promuovere una “nuova strategia nella politica storica”. La nuova legge, che criminalizza qualsiasi ricercatore che osi pubblicare la verità, è un tentativo di revisionismo storico. Non c’è dubbio che i nazisti, che progettarono la soluzione finale, furono quelli che portarono a termine i crimini, ma molti polacchi collaborarono volentieri con loro.

 

Fino a che punto quei polacchi erano diversi dalle altre nazioni europee? Cosa si poteva davvero fare di fronte alla ben oliata macchina nazista? Solo pochi si presero il rischio di offrire protezione agli ebrei. Quante persone fornirono davvero loro riparo, cibo o aiuto in quegli anni? La maggior parte si fece da parte ed ignorò quel che stava accadendo, forse per impotenza o mancanza di volontà di aiutare. Eppure, c’è ancora una gran differenza tra il “non aiutare” e l’unirsi attivamente ai cacciatori. Ecco perché la legge polacca è problematica: è un tentativo di criminalizzare chi racconta la verità e di riscrivere la storia. Il clamore, quindi, è interamente giustificato.

 

Uno stato che non vuole ammettere la realtà

In che modo questa legge è diversa dalla legge Nakba, che nega fondi statali ad istituzioni culturali ed educative che commemorano gli orrori che colpirono i palestinesi nel 1948? Non è anch’essa un tentativo di riscrivere la storia? Di nascondere e negare parti di essa? È vero che la legge Nakba non criminalizza – ancora – gli individui. Nella propria essenza, però, cerca di mettere a tacere, proprio come fa quella polacca, e permette l’effettiva negazione della catastrofe palestinese.

 

Al contrario della Polonia, che ha emanato questa vergognosa legge per volere del proprio presidente di destra, lo stato sionista è stato interamente creato per negare la mia identità ed il mio legame con la mia patria. Un esempio di questa negazione è la separazione artificiale tra “arabi israeliani” e palestinesi. “I parlamentari arabi devono prendersi cura degli ‘arabi israeliani’, non dei palestinesi”, ci viene detto più e più volte. È un termine di addomesticamento – di diniego – ed io, secondo loro,  dovrei identificarmici, adottando questa separazione.

 

Non c’è dubbio che la legge polacca sia sbagliata. Ma non è meno sbagliata della legge Nakba. Eppure quella polacca non nega l’Olocausto, mentre quella israeliana nega la Nakba. Quella polacca nega che parte del popolo polacco fosse responsabile per l’Olocausto – distingue cioè tra crimine e criminali. Questi ultimi sono “gli altri”, i cattivi, i nazisti. I polacchi erano “ok”, erano vittime del Terzo Reich, proprio come gli ebrei.

 

La legge Nakba, d’altra parte, nega la storia stessa, poiché secondo essa la Nakba non avrebbe mai avuto luogo. Ci sarebbero invece stati villaggi palestinesi i cui residenti rifiutarono il piano di spartizione e “volontariamente” se ne andarono, “con la prospettiva di tornarci dopo pochi giorni”. Non ci furono espulsioni, omicidi o case demolite. Gli eventi a Deir Yassin sono stati un’eccezione – se mai siano accaduti.

 

La legge Nakba è il risultato naturale di un processo iniziato molto tempo fa. La strumentalizzazione dell’Olocausto da parte dello stato, inoltre, non è meglio della negazione dello stesso. L’Olocausto si è trasformato in un’arma politica da scagliare contro chiunque osi criticare lo stato. Le accuse di antisemitismo sono diventate un modo per difendere Israele, che afferma di rappresentare l’ebraismo mondiale.

 

Noi, i nativi palestinesi di questa terra, incolpiamo la società israeliana, nella sua interezza, per la sua indifferenza e cecità storica. Lo accusiamo di negare la nostra esistenza, la nostra identità ed i crimini compiuti dallo stato fino ad oggi – da ambo le parti della Linea Verde.

Come palestinese, sento un’affinità con le vittime dell’Olocausto. Sono arrabbiato con tutti quelli che continuano ad uccidere e rimanere in silenzio, quelli che costringono gli altri a rimanere in silenzio.

 

Israele espelle, denuncia e perseguita non solo i palestinesi, ma chiunque si identifichi con loro: attivisti per i diritti umani, parlamentari, sostenitori del BDS. Israele ha bisogno di un mondo assediato dalla paura – uno che vede ciò che sta accadendo e si giri dall’altra parte. Proprio come la Polonia.

 


Link: https://972mag.com/between-polands-holocaust-revisionism-and-israels-nakba-denial/132744/

28.01.2018

 

 

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