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28 marzo  2018

 

L’ultimo guerriero del ‘processo di pace’

di Ramzy Baroud

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Lo ’accordo del secolo’ è una farsa. Lo sospettavamo, naturalmente, ma, al suo ritorno da Washington, il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha rivelato più in dettaglio il motivo per cui il piano a lungo atteso dell’amministrazione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, non ha nessuna base nella realtà.

Netanyahu ha detto al suo Gabinetto che non ci sono “dettagli concreti” da riferire circa il piano di pace degli Stati Uniti. Si deve sospettare che il ‘piano’ era, fin dall’inizio, il disconoscimento degli Stati Uniti  del cosiddetto processo di pace e la caduta dell’azione dello ‘onesto mediatore di pace’.

Di fatto, così tanto è stato raggiunto, specialmente con la decisione degli Stati Uniti dello scorso dicembre di accettare l’annessione illegale da parte di Israele di Gerusalemme Est occupata e l’accordo di spostare l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme.

Da allora, Israele ha iniziato una chiara strategia per annettersi la Cisgiordania. I suoi massimi funzionari stanno sostenendo che la “soluzione con i due stati” non merita neanche una conversazione.

“Abbiamo chiuso con questo,” ha detto il Ministro dell’Istruzione, in recenti osservazioni fatte agli studenti a New York. “Hanno uno stato palestinese a Gaza.”

L’Autorità Palestinese (AP) di Mahmoud Abbas, è stata lasciata quindi in una posizione impraticabile. Sta attaccando a sinistra e a destra, come un animale ferito.

E’ difficile immaginare che, al momento, Abbas stia orbitando nell’ambito di una grandiosa strategia di qualsiasi genere. Affermazioni a casaccio, attacchi ai suoi rivali palestinesi, agli Israeliani e agli Americani – soprattutto per tradirlo – è tutto quello che sembra mantenere il suo nome nelle notizie.

“Possa Dio demolire la sua casa,” era una delle affermazioni attribuite al leader palestinese in reazione alla decisione di Trump riguardo a Gerusalemme.

Questo era accaduto il 14 gennaio. Pochi giorni fa, Abbas si era riferiva a David Friedman   ambasciatore degli Stati Uniti a  Israele, definendolo “figlio di puttana.”

Friedman è un   sostenitore degli insediamenti ebraici illegali, ma gli insulti non sono un segno promettente di una strategia palestinese costruttiva.

Abbas si sente circondato, ripudiato da Washington e vittima di un elaborato complotto  tra Stati Uniti e Israele che è costato ai Palestinesi tempo prezioso e molte terra, lasciando allo stesso tempo Abbas con nulla tranne un’imbarazzante eredità politica.

Abbas non è necessariamente arrabbiato perché  gli Stati Uniti hanno tradito il suo ruolo nel ‘processo di pace’. E’ arrabbiato perché, per anni, ha percepito se stesso come un membro nel campo dei ‘moderati’ in Medio Oriente. Ora, però, non è importante. Il governo degli Stati Uniti è  tristemente noto per tradire i suoi alleati.

Ora gli Stati Uniti, governati dalla amministrazione più favorevole a Israele da anni, non hanno nessun ruolo da assegnare ad Abbas. Hanno rinunciato a lui, così all’improvviso, e hanno continuato a immaginare una ‘soluzione’ in Palestina che serve soltanto gli interessi di Israele.

Un recente incontro,  presieduto dai massimi funzionari pro-Israele di Washington, compreso Jared Kushner, è stato soprannominato “sessione di raccolta di idee” sul modo in cui risolvere la crisi di Gaza. Nessun palestinese è stato coinvolto nella conferenza.

Dal momento che Abbas ha fatto dipendere tutte le sue speranze da Washington, è rimasto senza un piano B. Gli Europei non hanno né la volontà, né il desiderio o il peso politico di sostituire gli Stati Uniti. Hanno spesso fatto da lacché alla politica estera degli Stati Uniti, e non sarebbe facile, se mai possibile, che qualunque governo europeo sostituisca gli Stati Uniti come il nuovo ‘onesto mediatore di pace.’

La popolarità di Abbas – e quella della sua Autorità – tra i Palestinesi, è trascurabile. Infatti, il 70% dei Palestinesi vogliono che si dimetta immediatamente. Questo è risultato di un sondaggio condotto lo scorso dicembre. Tuttavia, a 83 anni e in cattive condizioni di salute, Abbas si sta tenendo ancora stretta la sua ‘poltrona’.

Potrebbe sembrare che, in questo periodo di incertezza politica e di isolamento, sarebbe vantaggioso per Abbas per aprire un dialogo con altre fazioni palestinesi.  Tuttavia è vero il contrario. Abbas accusa il suo principale rivale, Hamas, di un tentativo di assassinio che prende di mira il Primo Ministro della AU, Rami Hamdallah.

Dopo un promettente accordo, firmato al Cairo tra Fatah – il partito di Abbas, e Hamas, tutte le speranze sono state infrante ancora una volta. In una conferenza congiunta con il Presidente bulgaro, Ruman Radey, Abbas ha proclamato che “La Striscia di Gaza è stata sottratta da Hamas.

Devono immediatamente cedere ogni cosa ,  prima  di tutto la sicurezza, al governo di consenso nazionale  palestinese,” ha detto.

Comunque, a quale ‘governo di consenso nazionale’ si sta riferendo Abbas? Non ci sono state elezioni nazionali da quando Hamas ha ottenuto la maggioranza parlamentare nel 2006. Lo stesso Abbas governa in base a un mandato scaduto. Il 9 gennaio 2009, Abbas ha perduto la sua legittimità democratica.

Stranamente, è il conflitto tra lui ed Hamas che ora permette alle di imporsi a tutti i Palestinesi che restano disillusi, praticamente senza una guida e da solo di fronte al più forte impatto dell’Occupazione e dell’apartheid.

Invece di riaggiustare le relazioni con i Palestinesi, Abbas continua con il suo monologo, incoraggiato dai suoi “facilitatori” nell’AP, che sono ugualmente responsabili dallo scompiglio gettato dai governi degli Stati Uniti e di Israele.

La leadership palestinese (sia nell’AP che nell’OLP) continua, tuttavia, nei suoi disperati tentativi di resuscitare il ‘processo di pace’, come guerrieri solitari in una illusione politica che è stata abbandonata perfino dai suoi stessi padroni.

Infatti per Abbas e l’AP, partecipare al progetto guidato dagli Stati Uniti era l’ultimo ponte che desideravano non bruciare. La decisione di Trump di trasferire l’ambasciata del suo paese segnalava che, in realtà, l’ultimo ponte stava andando a fuoco, ma Abbas deve ancora convincersi di questa ovvia realtà.

Dal punto di vista americano e israeliano, il ‘processo di pace’ potrebbe essere considerato un successo. Ha permesso agli Stati Uniti di definire l’agenda politica in Medio Oriente e a Israele di dare forma alla realtà fisica dei Territori occupati in qualsiasi modo trovasse adatto.

La leadership palestinese è emersa come la maggior perdente. Prima si è seduta al ‘tavolo dei negoziati’ per parlare di confini, rifugiati, acqua, territori e di Gerusalemme, soltanto per essere lasciata senza niente alla fine.

Ha perduto sia credibilità che legittimità. Lo spazio in cui le era permesso negoziare, si è esaurito anno dopo anno.

Ora i Palestinesi devono riflettere su questa attuale dura realtà ma anche sulla speranza di un nuovo inizio dichiarato sull’unità, sulla  nuova articolazione delle priorità nazionali e su una nuova strategia.

 


Ramzy Baroud è un giornalista, scrittore e direttore di Palestine Chronicle. Il suo libro più recente  è: ‘The Last Earth: A Palestinian Story’ (Pluto Press, London). Baroud ha un dottorato in Studi Palestinesi dell’Università di Exeter ed è Studioso  Non Residente presso il Centro Orfalea per gli Studi Globali e Internazionali all’Università della California, sede di Santa Barbara.  Visitate il suo sito web: www.ramzybaroud.net.


 

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-last-peace-process-warrior

Originale: non indicato

 

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