Originale: The Independent

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11 maggio  2018

 

Inciampare nella guerra

di Patrick Cockburn

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Israele ha lanciato il suo più grosso attacco di sempre contro le forze iraniane in Siria. Questo è uno sviluppo serio, ma resoconti che parlano del Medio Oriente che è sull’orlo di una guerra totale, non riescono a comprendere i motivi e le intenzioni dei vari protagonisti.

Valutato dal punto di vista israeliano, è un momento eccellente per agire contro l’Iran in Siria, perché è improbabile che gli Iraniani reagiscano in modo serio.

Subito dopo il ritiro annunciato da Donald Trump degli Stati Uniti dall’accordo nucleare dell’Iran, gli Iraniani vogliono mostrare al resto del mondo, e particolarmente agli Europei, che loro sono gli affidabili e pacifici sostenitori del trattato del 2015.

Questa fase potrebbe non durare molto e non significa che gli Iraniani abbiano fiducia che gli Stati dell’UE mantengano vivo l’accordo Non vogliono, però, assicurarsi che l’UE e altri si limiteranno a collaborare a denti stretti con un nuova imposizione di sanzioni draconiane da parte degli Stati Uniti.

L’economia iraniana sarò comunque malamente colpita perché le banche e le società internazionali avranno paura di essere punite dal Tesoro degli Stati Uniti, ma l’Iran non sarà isolato politicamente ed economicamente come era prima del 2015.

Gli Israeliani non vogliono una guerra più vasta con l’Iran. Il Ministro israeliano della Difesa, Avigdor Lieberman, ha detto che: “Spero che abbiamo finito questo capitolo e che tutti abbiano capito il messaggio,” aggiungendo che Israele non intende  che  la situazione si inasprisca.

Cosa significativa, il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu stava tornando a casa da Mosca dove aveva incontrato il presidente Vladimir Putin, quando che l’aviazione militare israeliana stava lanciando gli attacchi dei quali i Russi erano stati informati in precedenza da Israele.

Evidentemente Netanyahu voleva rassicurare Putin che Israele agisce contro l’Iran e che non sta cercando di fare un tentativo tardivo di cambiare il risultato della guerra civile siriana, che finora sta per finire con una vittoria per l’alleato della Russia, il Presidente Bashar al-Assad.

Gli Iraniani non mostrano alcun segno di aspettarsi una guerra con gli Stati Uniti o Israele, almeno in un prossimo futuro, qualunque sia la retorica belligerante che arriva da Washington, Tel Aviv e Teheran.

Israele ha accusato il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (IRGC) di aver sparato 20 razzi contro posizioni militari israeliane sulle Alture del Golan venerdì notte, ma anche se c’è conferma di questo, equivarrebbe a una ritorsione da parte dell’Iran molto fiacca per precedenti attacchi israeliani.

I nemici dell’Iran non stanno cercando uno scontro militare, ha detto, giovedì,  il vice capo dell’IRGC  (Corpo delle guardie della rivoluzione islamica), Generale di Brigata   Hossein Salami, giovedì.

“Vogliono fare pressione sul nostro paese  per mezzo dell’isolamento economico,” ha detto, aggiungendo che gli Europei erano impossibilitati a salvare l’accordo in base al quale l’Iran aveva ridotto il  suo programma nucleare in cambio di una riduzione delle sanzioni.

Le bellicose minacce contro l’Iran da parte di Israele e dell’Arabia Saudita, potrebbero portare a un fraintendimento. I leader di entrambi i paesi potrebbero essere desiderosi che gli Stati Uniti abbiano uno scontro militare con l’Iran, ma preferirebbero applaudire Trump dalle linee laterali invece che essere loro stessi coinvolti in una guerra.

Israele ha una pessima esperienza di essersi impegnato in una guerra che non si poteva vincere, in Libano tra il 1982 e il 2000 e, fin dal 2015, l’Arabia Saudita ha sofferto un fallimento analogo in Yemen.

Un attacco militare americano contro l’Iran potrebbe, di fatto, avvenire, anche se non immediatamente, e, se succederà, potrebbe essere causato da un errore di comprensione fatto dagli Stati Uniti riguardo alle vere opzioni disponibili per questo.

L’opzione più piacevole per la Casa Bianca sarebbe il cambiamento di regime a Teheran: l’associazione di figure-guida nell’amministrazione, come il Consigliere della Sicurezza Nazionale, John Bolton, con gruppi dell’opposizione iraniana in esilio, come quello denominato Mojahedin-e-Khalq (Mojahedin del Popolo Iraniano) forse ha incoraggiato illusioni circa la possibilità che questo accada.

L’opposizione irachena nel 2003 ha incoraggiato con successo analoghe fantasie a Washington e a Londra circa la situazione politica dell’Iraq prima dell’invasione guidata dagli Stati Uniti.

Trump potrebbe essersi analogamente illuso circa le possibilità di sanzioni che spingono l’Iran a un nuovo accordo nucleare che di fatto sarebbe nei termini di resa prescritti dagli Stati Uniti.

Non c’è dubbio che le sanzioni ripristinate saranno devastanti per l’economia iraniana, ma in passato l’Iran è sopravvissuto a un assedio economico più gravoso, mentre questa volta gli Iraniani comuni è più probabile che daranno la colpa all’intransigenza degli Stati Uniti invece che a quella dei loro propri leader.

L’unica alternativa rimasta a Trump sarebbe l’azione militare, in particolare se l’Iran

riprende ad arricchire l’uranio come è probabile che faccia, dato che gli Stati Uniti hanno affondato il patto che li trattiene dal farlo.

Israele potrebbe prendere parte a una guerra di questo tipo, ma farlo  scarsamente nel suoi interessi. Attacchi aerei contro specifici impianti nucleari iraniani è un cosa, ma potrebbero accadere nel primo giorno di un lungo conflitto che sarebbe per lo più combattuto sul terreno.

L’Iran qui ha un vantaggio perché è già dalla parte dei vincitori nelle guerre in Siria e in Iraq.

In Libano, gli Israeliani, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno un buon esempio del pantano in cui entrerebbero  per non essere riusciti, malgrado sforzi risoluti fatti per 36 anni, a cambiare l’equilibrio di potere là, contro l’Iran e il suo alleato, Hezbollah.

E’ probabile che ci sia una ulteriore ragione nascosta per cui i leader in Israele e in Arabia Saudita potrebbero esitare un poco a coinvolgersi in uno scontro sempre più aspro  contro l’Iran che potrebbe portare a una guerra.

Sono lietissimi di avere un’amministrazione a Washington che è in sintonia con loro. Le loro affermazioni più propagandistiche vengono ripetute dal presidente.

Potrebbe, però, anche venir loro in mente che Trump, anche se per il momento è del tutto dalla loro parte, è volubile, inaffidabile e anche mentalmente instabile.

Oscilla  tra l’isolazionismo e l’intervento militare. Potrebbe facilmente provocare una crisi con l’Iran da cui gli Stati Uniti si staccano improvvisamente – una cosa così  è accaduta ai Curdi siriani all’inizio dell’anno – oppure un giorno potrebbero inciampare, insieme ai loro alleati a Tel Aviv e a Riyadh, in un guerra con l’Iran a causa di pura e semplice ignoranza ed errore di valutazione.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/stumbling-into-war-2

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