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11/6/2019

 

L’OMS occulta la responsabilità di Israele per le uccisioni a Gaza

di Maureen Clare Murphy

Traduzione di Cristiana Cavagna

 

Nell’arco di un anno tra la popolazione di Gaza, che ammonta a due milioni di persone, ci sono stati circa 7000 feriti da arma da fuoco.

Molti dei feriti hanno subito danni estesi ed in alcuni casi irreversibili alle ossa, alle strutture vascolari e ai tessuti molli.

Centinaia di loro dovranno subire amputazioni se non potranno accedere a cure specialistiche complesse per le loro disastrose ferite.

Tre operatori sanitari sono stati uccisi e oltre 700 feriti.

Sono state rinviate migliaia di operazioni non urgenti in quanto il sistema sanitario, già in crisi, ha affrontato successive ondate di vittime che necessitavano di interventi d’emergenza.

I casi di violenza di genere esaminati dagli operatori del servizio sono raddoppiati in quanto le famiglie hanno avuto difficoltà a fronteggiare ulteriori pressioni economiche e traumi.

Questi allarmanti fatti emergono dall’esame dei dati sui traumi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) relativamente alle proteste della Grande Marcia del Ritorno a Gaza, iniziata nel marzo 2018.

Occultati.

I dati forniti dall’OMS sono una lettura sconvolgente. Ma il rapporto nasconde il fatto che questa violenza che spezza e traumatizza i corpi è frutto di una deliberata politica israeliana.

Qualunque cura efficace deve fare una diagnosi corretta delle cause e non solo dei sintomi.

Nell’anno che è seguito all’inizio della Grande Marcia del Ritorno, a Gaza sono stati feriti più di 28.000 palestinesi e uccisi 277, compresi 52 minori, la maggior parte dei quali assassinati durante le manifestazioni di massa disarmate lungo il confine est e nord di Gaza.

Nonostante il carattere civile delle proteste, come affermato da un’equipe di ricercatori delle Nazioni Unite, l’OMS afferma che le uccisioni e i ferimenti sono avvenuti “a causa di scontri con le forze di sicurezza israeliane.”

Si tratta di una grossolana mistificazione dell’uso israeliano della forza contro manifestanti pacifici e disarmati, ufficialmente sancito da ordini di sparare per uccidere o menomare civili, persino se sono minorenni, che non costituiscono alcuna plausibile minaccia.

L’uccisione di circa 60 palestinesi durante le manifestazioni del 14 maggio 2018 è stata un massacro.

Secondo la commissione di inchiesta dell’ONU, quel giorno durante le proteste di Gaza City le forze israeliane di occupazione hanno sparato quasi a una persona al minuto tra le 9,30 e le 17,30.

Alcuni manifestanti hanno cercato di superare la barriera di confine, o hanno tirato pietre o rimandato indietro in direzione dei soldati candelotti di gas lanciati da Israele. Ma questi non erano scontri tra due gruppi armati, come suggerirebbe l’uso del termine “scontri” da parte dell’OMS.

I medici che quel giorno hanno curato i feriti hanno detto, come sintetizzato nel rapporto della commissione ONU, che “le ferite assomigliano a quelle che di solito si possono riscontrare durante una guerra.”

I medici dell’ospedale hanno detto ai ricercatori che alle loro strutture arrivavano “ferite terribili una dopo l’altra”, i pazienti presentavano grandi ferite esposte agli arti inferiori, “la loro pelle ed i tessuti sottostanti….spappolati dalla potenza del proiettile.”

Nel loro rapporto i ricercatori dell’ONU dichiarano che nei mesi delle proteste circa 1.600 persone “sono state ferite da proiettili o frammenti di metallo di rimbalzo, colpi e proiettili frammentati e colpi passati da un corpo all’altro – il che dimostra chiaramente il pericolo di sparare proiettili veri ad alta velocità in mezzo ad una folla di manifestanti.”

L’incredibile numero di vittime non è “il risultato di scontri con le forze di sicurezza israeliane”, è l’uso illegale di forza letale contro persone indifese da parte di un potere occupante che mira alla completa capitolazione della popolazione sotto il suo controllo.

“Sono state commesse gravi violazioni dei diritti umani, che potrebbero configurare crimini contro l’umanità”, affermano i ricercatori dell’ONU.

12 anni di assedio.

Il rapporto dell’OMS specifica che le proteste hanno luogo nel contesto di un assedio di 12 anni contro Gaza, però non afferma esplicitamente che l’assedio è imposto da Israele.

L’OMS afferma che il sistema sanitario di Gaza “disponeva già di risorse insufficienti e versava cronicamente in difficoltà”. Durante il primo mese delle proteste della Grande Marcia del Ritorno la metà del totale di farmaci a Gaza aveva raggiunto il livello zero di scorte – meno di un mese di rifornimento.

Un duro stallo tra la dirigenza politica palestinese, con la conseguenza che il personale degli ospedali governativi riceveva solo una parte del salario dovuto, ha inoltre “ridotto la capacità delle istituzioni locali a Gaza di fornire servizi essenziali.”

“Nel solo 2018 hanno lasciato Gaza 84 medici”, afferma l’OMS.

E nonostante tutto questo, come riferito nel rapporto, migliaia di medici volontari a Gaza hanno mantenuto attivo il sistema sanitario ed hanno salvato vite.

Grazie alla presenza di volontari di comunità esperti, solo due pazienti su 6.000 che sono stati feriti agli arti da proiettili ad alta velocità durante le proteste sono morti dissanguati.

Secondo l’OMS, un protocollo di percorso per i traumi, dal primo soccorso nel luogo del ferimento all’ospedale e al trattamento postoperatorio e riabilitativo, ha salvato centinaia di vite.

Tre medici che salvavano vite, due dei quali volontari, sono stati uccisi durante le proteste.

Eppure la responsabilità di Israele per la loro morte è occultata nel rapporto dell’OMS.

L’OMS afferma che “vi è stata un’ondata di incidenti violenti che ha coinvolto il settore sanitario” durante l’anno di proteste, con 446 incidenti a Gaza nel 2018, rispetto ai 24 segnalati nell’anno precedente.

Oltre agli operatori sanitari uccisi, 730 sono stati feriti e più di 100 ambulanze ed altri veicoli sanitari sono stati danneggiati.

Ma il rapporto non identifica il responsabile: Israele.

Lo si confronti con le conclusioni inequivocabili dei ricercatori dell’ONU, che dichiarano:

“Sulla base di numerose interviste alle vittime e ai testimoni e della conferma di riprese video in molte situazioni, la Commissione ha riscontrato ragionevoli motivi per ritenere che i cecchini israeliani abbiano colpito deliberatamente operatori sanitari, nonostante vedessero che erano chiaramente contraddistinti come tali.”

Come le uccisioni e i ferimenti di manifestanti, l’uccisione e la menomazione di operatori sanitari sono la conseguenza diretta di ordini di aprire il fuoco da parte di Israele – non le “conseguenze di scontri.”

Maureen Clare Murphy è capo redattrice di Electronic Intifada e vive a Chicago.

 

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