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14/11/2019

 

Gaza, calma apparente dopo la tregua fra Israele e Jihad islamica

 

In due giorni di combattimenti si sono registrate 34 vittime fra i palestinesi e 63 feriti in Israele. Il cessate il fuoco in vigore alle 5.30 del mattino; poco prima un missile ha centrato una abitazione nella Striscia uccidendo sei civili. Fondamentale il ruolo di mediazione dell’Egitto (e dell'Onu).  

 

Dopo due giorni di intensi combattimenti, e con la mediazione dell’Egitto, il gruppo estremista palestinese Jihad islamica e Israele hanno raggiunto nella notte un accordo per il cessate il fuoco a Gaza. La tregua è iniziata alle 5.30 del mattino e, secondo le prime testimonianze, nell’area si respira un clima di calma apparente. 

Nella notte, poco prima della tregua, un missile israeliano ha centrato un’abitazione nella Striscia uccidendo sei membri di una famiglia e ferendone almeno 12, tutti civili. Fonti mediche sottolineano che il bilancio complessivo è di 34 vittime fra i palestinesi, la maggior parte delle quali civili; sul fronte israeliano 63 persone sono state ricoverate per ferite o sintomi da stress. In due giorni centinaia di razzi sono partiti da Gaza, paralizzando di fatto la vita nel sud del Paese.

A innescare la tensione, l’uccisione di un comandante della Jihad islamica (assieme alla moglie) nel contesto di una operazione delle forze di sicurezza israeliane. Egli era sospettato di aver progettato e di continuare a progettare attacchi verso Israele. In seguito al cessate il fuoco, la situazione nell’area sembra essere tornata alla normalità salvo il lancio isolato di un razzo che non ha creato danni. 

L’inviato speciale Onu per il Medio oriente Nickolay Mladenov sottolinea che Egitto e Nazioni Unite hanno “lavorato duro per prevenire una ulteriore escalation” a Gaza e in tutta l’area che “avrebbe potuto sfociare in una guerra aperta”. In un messaggio affidato a twitter egli si rivolge alle parti interessate invitandole a “mostrare massima moderazione e fare ciascuno quanto gli compete per prevenire un bagno di sangue”. Un alto funzionario del Cairo rivendica il ruolo del Paese dei faraoni che sarebbe stato decisivo nel raggiungimento dell’accordo. 

Musab Al-Braim, portavoce della Jihad islamica, precisa che “il cessate il fuoco è iniziato sotto la sponsorizzazione egiziana, dopo che la forza Occupante (Israele) si è sottomessa alle condizioni imposte dalla Jihad islamica a nome delle fazioni della resistenza palestinese”. Fra queste la fine immediata delle uccisioni di miliziani e di aprire il fuoco contro i manifestanti alla frontiera di Gaza. 

Di contro, Israele afferma di voler osservare un semplice cessate il fuoco, a condizione che le fazioni palestinesi non riprendano gli attacchi. “Alla calma - sottolinea il ministro israeliano degli Esteri Israel Katz - risponderemo con la calma”, ma non vi sono ulteriori accordi in programma. 

 

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13/11/2019

 

Gaza, nuovi raid di Israele in risposta al lancio di razzi: morti due palestinesi

 

Prosegue l’escalation di violenze fra esercito israeliano e jihad islamica, dopo l’uccisione ieri di un comandante del gruppo. In due giorni si contano almeno 12 vittime nella Striscia. L’inviato speciale Onu al Cairo alla ricerca di una mediazione. La Corte di giustizia Ue impone l’indicazione di provenienza delle merci, specificando se sono prodotte nei territori occupati. 

 

Una serie di raid dell’aviazione israeliana nelle prime ore di oggi, in risposta a un nuovo lancio di razzi dalla Striscia, ha causato due nuove vittime a Gaza. È quanto riferiscono fonti del ministero della Sanità dell’enclave controllata dal movimento estremista palestinese Hamas, a poco più di 24 ore dall’inizio di una nuova ondata di violenze nell’area.

 

A innescare la tensione, l’uccisione di un comandante della Jihad islamica (assieme alla moglie) nella Striscia, durante un'operazione delle forze di sicurezza israeliane. Egli era sospettato di aver progettato e di continuare a progettare attacchi verso Israele.

Con le due vittime di oggi sale a 12 la conta dei morti fra i palestinesi.

Analisti ed esperti sottolineano che si tratta della peggiore ondata di violenze degli ultimi mesi nella zona. Tuttavia, al momento gli scontri coinvolgono l’esercito israeliano e i membri della Jihad islamica nella Striscia, mentre Hamas sembra restare fuori dai combattimenti. Una fonte diplomatica afferma che l’inviato speciale Onu per il Medio oriente si sta dirigendo al Cairo, in Egitto, per mediare un cessate il fuoco. 

 

Questa mattina l’aviazione israeliana ha colpito diverse postazioni della Jihad islamica a Gaza. Da ieri almeno 220 razzi sono partiti dalla Striscia verso il sud di Israele, senza causare vittime. Il 90% di questi sono stati intercettati dalla contraerea. L’allerta è scattata anche a Tel Aviv, principale centro economico e commerciale del Paese. Nelle cittadine di Netivot e Ashkelon, anche questa mattina gli abitanti si sono risvegliati al suono delle sirene di allarme. 

 

Nel frattempo la Corte di giustizia Ue in Lussemburgo ha emesso ieri una sentenza destina ad alimentare le polemiche. Secondo i giudici, infatti, un consumatore dell’Unione deve poter conoscere l’origine di un prodotto e sapere se proviene da uno dei territori occupati. Per le giurisdizioni europee l’ingresso di una merce sarà dunque condizionato all’indicazione sulle etichette di alimento proveniente da “insediamento israeliano” situato in uno dei “territori occupati dallo Stato di Israele”. 

 

Per la Corte, in mancanza di una simile indicazione il consumatore potrebbe essere ingannato e non esprimere in modo libero la propria scelta. Non basta dunque la dicitura “Made in Israel”, ma servirà una ulteriore specificazione. Immediata la reazione del governo israeliano, che parla di decisione ingiusta e discriminatoria. Per i giudici vale invece il diritto del consumatore alla scelta consapevole, al valore etico della merce e al rispetto del diritto internazionale. Israele teme che in questo modo i suoi prodotti verranno boicottati, come richiedono da tempo molte ong.

 

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