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10 apr 2019

 

Pareggio Bibi-Gantz, Netanyahu verso il governo

di Chiara Cruciati

 

Likud e Blu e Bianco chiudono a 35 seggi l’uno, ma il primo ministro uscente ha dalla sua l’appoggio delle liste di destra. Entrano alla Knesset, nonostante il boicottaggio, la bassa affluenza e le telecamere “spia” del Likud, le due liste arabe. L’ultradestra entra alla Knesset, crescono gli ultraortodossi. Scompare la sinistra: i laburisti fermi a sei seggi, mai così male

 

AGGIORNAMENTI

ore 14.15 – Oggi e domani conteggio dei voti dei soldati, determinanti

Lo spoglio dei voti “in busta” – che comprendono quelli dei militari, dei diplomatici e dello staff istituzionale all’estero, dei malati negli ospedali sarà svolto tra oggi e domani. Un “bottino” di otto seggi per 300mila voti che potrebbe rivelarsi determinante.

ore 14 – Rivlin: consultazioni la prossima settimana

Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha fatto sapere che le consultazioni per la formazione di una coalizione di governo si svolgeranno a partire dalla prossima settimana.

ore 11.10 – L’ultradestra chiede già due ministeri

Rami Peretz, leader della lista Unione della destra, di cui fa parte anche Potere ebraico di dichiarata ispirazione kahanista, ha già chiesto due ministeri, la giustizia e l’educazione, in cambio dell’appoggio al governo Netanyahu.

 

Roma, 10 aprile 2019, Nena News – 

 

Lo hanno dato per morto tante volte, da ultimo lo scorso marzo quando il procuratore Avishai Mandelblit lo ha incriminato per corruzione. Quel giorno Benjamin Netanyahu aveva risposto: “Resterò premier per molti anni a venire”. Così sarà, o almeno così sembra essere: le attese elezioni anticipate israeliane si sono chiuse con un pari che danno al leader del Likud la probabile guida del nuovo esecutivo israeliano.

Testa a testa per tutta la notte tra Netanyahu e il suo principale sfidante, il generale ed ex capo di stato maggiore Benny Gantz a capo della lista Blu e Bianco. Al momento, con il 96% delle schede scrutinate, alle due liste sono attribuiti 35 seggi a testa. Ieri sera, mentre gli exit poll in uscita davano risultati contraddittori, sia Gantz che Netanyahu avevano rivendicato la vittoria: “E’ una notte di vittoria colossale – diceva ieri il premier al quartier generale del Likud – Il blocco della destra continuerà a guidare Israele per i prossimi quattro anni”.

Ma questa mattina i risultati pressoché definitivi trasformano il risultato: alla destra andrebbero 65 seggi su 120, grazie alle liste minori che hanno già dichiarato l’appoggio al Likud. I partiti ultraortodossi Shas e United Torah Judaism avrebbero ottenuto otto seggi a testa, Yisrael Beiteinu dell’ex ministro della Difesa Lieberman e l’Unione della destra (Casa ebraica, Tkuma e Potere ebraico) cinque l’uno e Kulanu del ministro delle Finanze Moshe Kahlon quattro seggi. Dall’altra parte, il Labour ottiene il risultato peggiore della sua storia, pressoché scomparso dopo aver guidato Israele per decenni dopo la fondazione nel 1948: sei seggi. Tiene Meretz, la sinistra sionista, con quattro seggi. 

“Sono molto commosso dal fatto che la nazione di Israele ancora una volta si è fidata di me per il quinto mandato – ha detto questa mattina Netanyahu – e con ancora maggiore fiducia”. Fiducia che finora non ha del tutto incassato dal nemico-amico Lieberman, il falco di ultradestra che fino a novembre era ministro del governo Netanyahu per poi farlo cadere accusando il premier di scarsa durezza contro Gaza. Stamattina, consapevole del potere che quei seggi gli danno, non ha ancora sciolto la riserva, se governo o opposizione.

Chi non entra in parlamento è Nuova Destra (Hayamin Hehadash), il partito di Naftali Bennett, ministro dell’Educazione e Ayelet Shaked, ministra della Giustizia. Non ha superato la soglia di sbarramento del 3,25%, così come il destrorso Zehut di Moshe Feiglin. A sorpresa, in qualche modo, entrano entrambe le liste palestinesi, Hadash-Taal, la lista di sinistra araba, e Raam-Balad, islamisti e laici, con sei seggi il primo e quattro il secondo, fino all’ultimo date a rischio a causa prima della scissione della Lista Araba Unita – che nel 201 ottenne ben 13 seggi – e poi dalla bassissima affluenza palestinese.

Poco più del 46% dei palestinesi cittadini d’Israele si sono recati alle urne (contro il 63% di quattro anni fa) per una serie di ragioni: per il boicottaggio politico, che da decenni caratterizza la comunità, per la disillusione e la convinzione di restare cittadini di serie B, ma anche per lo scandalo esploso ieri durante il voto.

Migliaia di telecamere nascoste sono state introdotte nei seggi arabi da sostenitori del Likud. Telecamere “spia” per osservare e registrare volti, parole e voti palestinesi che subito Hadash ha denunciato. La polizia si è rivolta subito al Comitato elettorale, ma le autorità israeliane non hanno affatto preso sul serio, sebbene si tratti di una chiara violazione del segreto dell’urna.

Ora la palla passa al presidente israeliano, Reuven Rivlin, che dovrà consultare i leader delle varie liste e individuare quello in grado di formare un governo di coalizione. Molto probabilmente, il redivivo Netanyahu che così guadagnerà il record di sempre: il premier più longevo della storia di Israele, superando anche il “padre della patria” David Ben-Gurion. Una realtà che potrebbe condurre a un ulteriore inasprimento delle politiche di destra del Likud, ormai radicate nel paese.

Chiaro è il rafforzamento delle liste ultraortodosse. La destra ha tenuta, ma quella più radicale – a eccezione dell’Unione della destra – non sfonda, finendo per cedere i propri consensi proprio al Likud: alla vigilia il premier temeva che quei partitini, razzisti e di ultradestra, potessero erodere la sua percentuale, ma alla fine – forse per il timore di una vittoria di Gantz – l’elettorato di destra ha ridato fiducia a Netanyahu. Eclatante la sconfitta della sinistra, scomparsa dai radar: il partito laburista in particolare non aveva mai ottenuto un risultato tanto risicato, addirittura sotto i partiti ultraortodossi.

Nel mirino del Likud, ora, potrebbero esserci i Territori Occupati: con il via libera del paese e la benedizione statunitense, Netanyahu potrebbe davvero procedere con le minacce pre-elettorali,una forma di annessione ufficiale della Cisgiordania, delle sue terre ma non dei suoi cittadini. Ufficiosa l’annessione lo è già, ma stavolta dalla sua parte Tel Aviv ha una Casa Bianca particolarmente favorevole a “chiudere” la questione palestinese calpestando i diritti del popolo palestinese. Nena News

 

 

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